Per capire un po’ meglio il disagio della persona depressa, come starle vicino, e anche per offrire, speriamo, un piccolo aiuto a chi di questo male sta soffrendo, riportiamo Vesperienza di una nostra amica.
Una delle impressioni più dolorose, ma che si sta trasformando in qualcosa di ricco e utile, della mia malattia, è quella di non potermi fidare di me stessa. Fai un programma e poi ti trovi a non poterlo realizzare perchè stai male…
A poco a poco sto mettendo in conto che non posso sapere come starò un’ora dopo, non parliamo poi del giorno dopo, e sto imparando che ne ho già abbastanza da vivere quanto posso e come posso il momento presente, che sta rivelando una ricchezza e una pienezza quale prima, tutta proiettata a preoccuparmi del futuro, non riuscivo a cogliere.
Non sempre la ricchezza e la pienezza è di gioia, spesso è anche di dolore, ma comunque questa gioia e questo dolore li sento parte della realtà e della vita: qualcosa da affrontare e a cui non sfuggire come ho fatto per tanto tempo.
È un po’ come se la mia vita, prima appiattita su un piano grigio, stesse riacquistando momento per momento forma e colore. E i programmi, il domani, il futuro? A poco a poco dal peso del dovere stanno passando alla libertà del sogno: qualcosa che per essere realizzato ha bisogno di diventare possibile per me, per come sto io in quel momento. E così paradossalmente quello che sembrava non potermi fidare di me stessa diventa tutto il contrario: non una me stessa che tenta inutilmente di essere perfetta e onnipotente, ma una me stessa che comincia a fare i conti con la sua realtà di debolezza, di malattia e di limite, ma anche con delle concrete possibilità di bene. Ogni cosa, ogni gesto, per quanto apparentemente piccoli e poco importanti, possono acquistare valore e «gusto» se sono possibili.
La rigidezza e il dogmatismo stanno lasciando lentamente spazio ad atteggiamenti più morbidi, in cui il riferimento non sono il dogma e la perfezione, ma la realtà e il possibile. A poco a poco questa situazione di malattia mi sta portando a scegliere, a vedere delle priorità.
Dalla sofferenza al cammino
Anche la sofferenza, prima travolgente e cosmica («Fermate il mondo: voglio scendere!») assume a poco a poco dei contorni più precisi: è legata a determinate situazioni: si può capire, se ne può parlare. Così, in un certo senso, fa meno paura, perchè più concreta e definita. A poco a poco in un mondo diviso e lacerato da continue contrapposizioni si fa strada una possibilità di ricomposizione; la sensazione di balzi in avanti e di rovinose cadute all’indietro finisce e lentamente viene sostituita daU’immagine chiara di una strada in salita. È una strada in cui è molto faticoso procedere, ma non c’è più questa sensazione così brtta di andare indietro o di voragini che si aprono improvvise davanti ai piedi. È un cammino, in cui sempre più riconosco il «mio» cammino diverso da quello di ogni altro e pure comune a tutti gli uomini.
Ogni momento, se vissuto con calma, ha un suo significato
Ogni cosa, ogni gesto, ogni momento, per quanto apparentemente piccolo e insignificante, assume senso e spazio e contribuisce per la sua parte a ridare colore e spessore alla vita: a poco a poco la fantasia riprende a vivere, mentre la fretta diventa una trappola in cui non cadere. Ogni cosa, ogni momento ha il suo significato e vissuto fino in fondo, diventa vivo e importante come parte di un mosaico in cui ogni tessera ha un suo spazio.
Dio è diventato sempre di più un Dio di vita, di misericordia e di amore sempre presente e vicino a tenermi per mano o, nei momenti di maggiore difficoltà, a prendermi in braccio.
Riscoperta di un rapporto vivo e autentico con gli altri.
E mentre lentamente ritrovo me stessa (quanto bisogno di silenzio e di solitudine, quasi ad essere sicura che proprio di me stessa si tratti!) riscopro la bellezza del rapporto con gli altri, in cui niente è scontato, ma c’è la ricchezza sempre nuova di una vita identica a quella che sento in me e nello stesso tempo così diversa in ognuno. Mentre cioè il mio mondo lentamente diventa un po’ più ricco, i suoi contorni diventano più definiti e 10 divento un po’ più sicura, chi mi è intorno o chi incontro non mi travolge o mi svuota come avveniva prima. A poco a poco si pone come «altro» e non più come parte di me; come altro con cui è così bello poter dialogare. Poter dare qualcosa di veramente mio, anche se molto piccolo, mi riempie di gioia anche più del ricevere, quasi che sia la conferma gioiosa del mio essere.
Io — prima così complimentosa — sento sempre più la ricchezza e il bisogno di rapporti semplici e autentici, mentre sempre meno sopporto ogni formalità.
Segnalateci
Case-famiglia, centri di accoglienza, scuole e iniziative varie — a favore delle persone disabili — che vi hanno colpito in modo favorevole. Saremo lieti di parlarne.
Il dono continuo della vita.
E mentre molto lentamente imparo a vivere la vita e le sue opportunità come dono continuo (ma quanta fatica a riconoscere dei momenti dolorosi come dono e opportunità!) cresce in me la riconoscenza per chi mi guida e mi è vicino in questo cammino. Mentre cioè aumenta la fiducia in me stessa, aumenta anche la fiducia e la gratitudine per chi mi aiuta e mi segue e che sento in qualche modo come garante della vita che è in me e che poco a poco riprende vigore.
Bisogno di calma per far penetrare la ricchezza di ogni momento
Quante volte ho ripetuto «lentamente» e «poco a poco»! Eppure convivono in me due sensazioni contrastanti: da una parte quella di un lungo cammino fatto in un tempo relativamente breve (dopo tanti e tanti anni di psicoterapia in cui mi sembrava che così poco si muovesse, negli ultimi tempi quanto è cambiato della mia vita!), dall’altra questo bisogno di calma, di dare spazio a ogni sensazione, a ogni momento, a ogni cosa per poterne assaporare il gusto, per poterlo sentire fino in fondo come qualcosa di mio, con la verità e l’autenticità di ogni momento di vita che è prezioso e non può essere sprecato.
Monica, 2002
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.79 - Il passo sicuro della speranza
Sommario
Editoriale
Abitare la speranza di M. Bertolini
Articoli
Ora la mia vita sta riprendendo forma e colore di Monica
Piccoli in carcere di Brunella
La mia vita come una gioiosa battaglia di A. Jollien
E poi? Cosa sarà di loro? Un amico di F.L.
La casa di Dario di C. Fornari
Il parco dei frutti dimenticati di E. De Rino
Semaforo rosso di P. André Roberti
Per portare frutto
Nuove tecnologie e disabilità
Rubriche
Libri
Onora il padre e la madre, M. Quilici
Cogliere u fiore e consegnarlo alla luce, M.T. Mosconi e E. C. Straluino
Dio mi ama così come sono, M.H. Mathieu