Cristina Campanini – educatrice
Al Centro Solidarietà quasi nessun bambino è in grado di parlare e il canale che ci unisce direttamente a loro è il corpo, vissuto attraverso il suo silenzioso ma profondo linguaggio. La gioia di vivere, il benessere, le soddisfazioni, così come l’ansia e il disagio, vengono espressi mediante l’espressione del volto e degli occhi, tramite il rilassamento o la tensione muscolare.
L’importanza del corpo
Per il bambino gravissimo il corpo rappresenta il principale mezzo di relazione umana e di apprendimento: costituisce la possibilità privilegiata di comunicazione, conoscenza e apertura verso la realtà e gli altri. L’immobilità fisica cui spesso è costretto esclude qualsiasi opportunità di conoscenza attraverso il movimento autonomo, esperienza questa fondamentale per promuovere uno sviluppo percettivo piu ricco e per creare una più chiara e uniforme immagine di sé.
Il rapporto con Veducatore
Il rapporto che si instaura con l’adulto è quindi di assoluta dipendenza, fondato sulla soddisfazione dei suoi bisogni primari (fame, sete, igiene e cura del corpo) e tale da sostenere e gratificare emotivamente ogni esperienza educativa quotidiana. Guidato e coinvolto fisicamente dall’educatore, anche il bambino più compromesso può vivere la sua corporeità, le sue possibilità motorie esplorando se stesso e lo spazio che lo contiene. La relazione che viene a crearsi assume pertanto il significato di dialogo tonico e corporeo.
Il raggiungimento di uno stato fusionale con lo spazio, con il ritmo motorio, respiratorio e vocale dell’altro (ascolto della voce e delle sue tonalità) permette al bambino di percepire globalmente la propria identità psicofisica e di vivere il proprio mondo emozionale in una dimensione autenticamente comunicativa.
Valore del “gruppo”
In questa prospettiva tutto ciò che viene vissuto durante la giornata diventa occasione per conoscersi, per capirsi, per sentirsi bene insieme agli altri.
Nel gruppo ciascuno può ritrovare riferimenti familiare e rassicuranti, riconoscere i compagni e le persone con cui condividere momenti di piacere e gratificazione per aprirsi ed esprimersi poi con fiducia secondo le proprie individuali potenzialità. Stare insieme vuol dire anche sentire di non essere soli, ma di fare parte e di appartenere a qualcosa di emotivamente coinvolgente e motivante che aiuta a crescere.
Non è perciò così importante il cosa o il quanto si faccia, bensì la modalità con cui ogni esperienza, anche la più semplice e quotidiana, viene proposta e condivisa. Se esiste vera relazione, ogni esperienza, ogni attività può acquisire valore e diventare educativa, poiché vissuta in una situazione affettiva di accettazione, di rispetto e di partecipazione.
Nella nostra giornata ogni momento ha dunque valore: l’accoglienza, il pranzo, l’igiene personale, il riposo non rappresentano occasioni scontate ma opportunità ricche di significato affettivo, sensoriale e relazionale che scandiscono quotidianamente il tempo scolastico. Acquistano così importanza le azioni più semplici e i vissuti più consueti che consolidano in ognuno un certo senso di sicurezza e tranquillità.
Nel corso degli anni ogni ragazzo fa un cammino. Costruisce una sua storia personale nella quale gradualmente impara ad abbandonare certe sue insicurezze ed a maturare maggior serenità e fiducia in sé e negli altri. Nella sua fragilità consegue importanti risultati, raggiunge una certa autonomia affettiva che lo sostiene e lo aiuta in ogni occasione, ad affrontare le diverse esperienze relazionali ed esistenziali.
Clementina Lupi – terapista
Oggi ci si chiede: «quale funzione ha il terapista della riabilitazione al Centro Solidarietà?»
Se si parte dal concetto che il bisogno primario del bambino disabile é il benessere fisico, si può affermare che la fisioterapia è indispensabile.
Essa va eseguita sempre, con costanza, con occhio attento che sa cogliere le minime varianti posturali, le modalità d’espressione e di comunicazione. Il ragazzo grave, anche se adulto come età, può sempre tendere al peggioramento delle condizioni fisiche e motorie: maggiore spasticità, ipertonia, rigidità, che possono impedire a chi lo gestisce di accudirlo quando deve lavarsi, mangiare, vestirsi ecc.
La riabilitazione in questi ragazzi è intesa come mobilizzazione globale e settoriale di tutti i distretti articolari.
Il bambino più grave generalmente non sa compiere il minimo movimento intenzionale; i suoi unici movimenti sono legati a riflessi arcaici e, se lasciato a se stesso, può solo peggiorare andando incontro a disturbi gravi: lussazione di anca, scoliosi evolutive gravissime, retrazioni tendinee con contratture muscolari, rigidità e blocchi articolari ecc. Attraverso il trattamento riabilitativo è possibile «rompere» questo stato di cose che potrebbe, col tempo, divenire drammatico.
Il ragazzo trattato con la fisio-kinesiterapia appropriata è più rilasciato, mantiene meglio Tallineamento posturale trovando giovamento dallo stesso, è favorito sotto gli aspetti circolatorio, respiratorio, gastroenterico, relazionale soprattutto. Lo star meglio fisicamente permette infatti maggiori aperture nei confronti dell’ambiente per esprimere messaggi e dare segnali che possano essere interpretati come di benessere o di disagio…
Sta a noi educatori saper osservare, cogliere i bisogni e i desideri del bambino cerebropatico per poterci rapportare a lui in modo significativo.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.80
Sommario
Editoriale
«Ci è stato dato un figlio» di M.Bertolini
Solo un trattino di E. Gucciardo
Articoli
QUESTI FIGLI CHE NON PARLANO
Lettera da una mamma del Molise
Ma come fa una mamma?! di Dany
Che cosa «fare» con loro? - La Casa del Sole e il Centro di Solidarietà di C. Campanini - C. Lupi
Amici. Sempre. di Cristina
Incontri di Nanni
Natale nel mio cuore di Camille Proffit
Favola: La scopa incantata - Una fiaba di Natale di N. Livi
Casa famiglia "La Tenda"
La fola de Nadae - La favola di Natale... in dialetto veneto di G.Zaninello
Libri
Lettere di Natale alla madre, R.M. Rilke