È stato un vero piacere conoscere una casa famiglia che è nata anche grazie a un articolo di Ombre e Luci di tanti anni fa, ma soprattutto grazie ad un gruppo di amici «speciali» e la volontà di Luigi Vittorio Berliri. La decisione era stata presa molti anni fa, le difficoltà furono tante e sono ancora presenti, ma con tenacia e pazienza questo piccolo gruppo di amici è riuscito qualche mese fa a inaugurare Casablu.
La sorpresa è stata piacevolissima: Casablu non è una casa a sé stante, lontana da un centro abitato, ma si trova in una bella zona del quartiere Nuovo Salario a Roma, in un elegante condominio.
Si tratta di due appartamenti collegati da una scala interna: case di due «famiglie» autonome, ma con la possibilità di avere contatti fra loro. Uno degli appartamenti dà su un bel giardino di proprietà. Il presidente dell’associazione, Luigi Vittorio Berliri, vive con la sua famiglia in un appartamento adiacente. La casa è arredata in maniera semplice, ma con molto gusto e voglia di creare «casa». Dappertutto si sente la voglia di fare le cose per bene e con amore, senza lusso. E non solo la sistemazione della casa è accogliente, qui ci sono cinque ospiti disabili che mi accolgono con calore e che dimostrano tutto l’orgoglio che provano per la loro nuova abitazione: Maria Grazia oggi finalmente contenta di aver trovato il posto che fa per lei, Antonio che ha deciso di non frequentare più il centro diurno ma di seguire la vita quotidiana della comunità e Roberta che di gioia di vivere ne ha da vendere…
Dopo avere incontrato gli operatori e i ragazzi abbiamo fatto una chiacchierata con Luigi Vittorio Berliri per soddisfare alcune nostre curiosità.
Come è nata CASABLU?
CASABLU è un progetto di «Spes contra spem», una cooperativa sociale fondata nel 1992 per impulso di Mons. Salvatore Boccaccio, allora vescovo di zona. Cercavamo di capire quali potevano essere i bisogni di questo quartiere e ipotizzammo delle risposte da dare come cristiani. Decidemmo di creare una cooperativa di laici che si impegnasse politicamente nel quartiere, al servizio della città. Ci occupammo di quattro progetti: anziani soli, terzo mondo, disagio giovanile, handicap. Per quanto riguarda quest’ultimo creammo un giornalino inter-parrocchiale e promuovemmo due incontri che portarono alla creazione di una Consulta circoscrizionale. A Roma fu la prima Consulta di questo genere con poteri consultivi per tutto ciò che riguarda l’handicap. Io avevo lavorato tanti anni come volontario nelle case famiglia. Lo avevo fatto volentieri, ma sentivo che non sempre le persone che vi lavoravano venivano valorizzate e che si poteva fare di più. Tra noi amici, soci di «Spes contra spem», a un certo punto ci chiedemmo: «È possibile creare una casa famiglia?» Fu allora che mi venne in mente di andare a cercare quell’articolo di «Ombre e Luci» (Come progettare una comunità e Comunità alloggio per persone con handicap intellettivo).
Decidemmo di metterci a lavorare: ci fu una lunga ricerca della casa adatta e disponibile: il fatto che siamo in un grande condominio ci ha procurato delle difficoltà con qualche condomino (altri invece sono disponibilissimi e ci aiutano). La legge invece prevede la creazione di case di questo genere pretendendo alcuni fattori obbligatori come per esempio la presenza di un giardino, di bagni adatti per disabili, ecc. Seguì la ristrutturazione per renderla agibile per persone disabili. Finalmente accogliemmo i primi cinque ospiti e per Natale ne aspettiamo altri. Il Comune ci dà 210.000 lire al giorno per ognuno di loro. L’attività viene svolta sotto il controllo dell’Azienda Sanitaria Locale. La scelta degli operatori è di Casablu. Abbiamo incominciato a cercare il personale prima ancora di cercare la casa. Ho fatto decine di colloqui scegliendo fra gli inserzionisti che si proponevano per questo lavoro. Assumiamo solo persone qualificate e soprattutto chi ha molti anni di esperienza di case famiglie o di assistenza domiciliare. Chiediamo un certo tipo di sensibilità, di capacità di empatia, di relazione: chiediamo qualcosa in più del fatto di saper fare una buona assistenza. I soldi, anche se sembrano tanti, non ci bastano per arrivare alla fine del mese. Per questo un operatore si trova a volte anche a dare una mano per passare lo straccio nei bagni.
Come passate le giornate?
Qui si fa esattamente quello che si fa in una famiglia. C’è chi rimane a casa, chi va a fare una passeggiata o l’ippoterapia, chi frequenta i gruppi parrocchiali e i centri diurni. Cerchiamo di fare in modo che ognuno di loro possa scegliere e autodeterminarsi. Cè una grossa collaborazione a livello di persone. Ci teniamo anche molto ad essere una struttura laica: non discriminiamo nessuno in base al suo credo e non imponiamo il nostro a chi entra in Casablu.
Facciamo costante riferimento al medico di zona, allo psichiatra, al neurologo e via dicendo. Abbiamo un educatore per ogni piano della casa, un’assistente sociale per tutti, un operatore ogni due persone disabili, una cuoca e sette obiettori di coscienza che lavorano a turno. Ci sono numerosi volontari, che non possono sostituire i professionisti, ma che ci danno una ricchezza enorme nella presenza e nell’amicizia. L’assistente sociale e gli educatori si occupano del contatto con le famiglie, con i centri esterni, le parrocchie, la ASL e il Comune. In pratica lavoriamo in equipe lei, l’educatore ed io a seconda delle cose che ci sono da fare.
Quale è stato l’iter seguito da questi disabili per ottenere l’accoglienza?
È il Comune che sceglie gli ospiti di Casablu. La domanda di accoglienza deve essere fatta, con raccomandata con ricevuta di ritorno, al Comune di Roma – V Dipartimento – Unità Operativa Area della solidarietà – Servizio Handicap – Via Merulana, 123 – 00185 Roma. Parallelamente deve essere fatta all’assistente sociale della ASL di zona. Il Comune mette la domanda in lista di attesa e chiede alla ASL una relazione dettagliata sulle condizioni del richiedente e sulla tipologia di struttura più adeguata alle sue condizioni. Si forma così una graduatoria in base alla quale il Comune darà la sua approvazione.
Come trovate i fondi, gli aiuti?
Dal punto di vista dell’orgoglio e della dignità personale io penso che una struttura come questa dovrebbe essere a carico totale dello Stato e non della beneficenza dei singoli. Ma se tante persone non ci avessero aiutato non ce l’avremmo mai fatta! L’aiuto che ci è arrivato fino ad ora è enorme. Ma abbiamo deciso che per pagare gli stipendi non avremmo usato i soldi delle donazioni. Questa casa è progettata per dodici persone, ma oggi ce ne abbiamo solo cinque e la situazione non è facile fino al punto che molti di noi si sono volontariamente ridotti gli stipendi.
Quali fattori importanti hanno permesso la nascita e la crescita di CasaBlu?
- un progetto politico: un comune che ha deciso di fare 30 case famiglia, una per ogni circoscrizione;
- un piccolo gruppo di persone, volontari e soci di una cooperativa, che si mette a lavorare, con caparbietà ed impegno, a questo progetto;
- un gruppo grossissimo (cinquecento persone) di amici e conoscenti che, anche livello economico, ha reso possibile il progetto perché ha creduto in esso e in noi.
- una forte situazione di bisogno fra le persone del territorio.
- Non ultimo, anzi il primo, lo Spirito Santo, che ha fuso tutti questi fattori e ha reso possibile la nascita di Casa Blu.
Questi cinque punti sono tutti importanti. Ognuno di essi da solo, non va da nessuna parte.
Io dico sempre a tutti: «Venite a vedere!»
– Huberta Pott e Natalia Livi, 2000
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.72
Sommario
Editoriale
Un Natale speciale di M. Bertolini
Medici e disabilità
Medici o stregoni? di C. F. Klieman
Perché non ci capiamo? di Adriana Duci
Nati due volte di Giuseppe Pontiggia
Blessings di Mary Craig
Altri articoli
Nessuno escluso: il natale del laboratorio l'Alveare di Penna Blu
Oggi, la famiglia...?! di André Roberti
Casa Blu di Huberta Pott e Natalia Livi
Nessuna Pietà di Vito Giannulo
La tragedia di Giovanni e Chiara di Caterina Bórdon
Tutto è possibile di Chiara