È un manuale scritto anzitutto per i genitori. È anche una proposta di stretta collaborazione tra genitori e operatori. È infine un libro che non presenta guarigioni miracolose, ma ha lo scopo di migliorare la vita di tutta la famiglia.
Nei vari capitoli l’autore, invece di parlare di teorie ricercate ed astratte riflette sulla realtà difficile vissuta dalle famiglie con figli autistici: comportamenti ripetitivi, comunicazione, gioco e tempo libero, aggressività, igiene, pasti, sonno. Ogni capitolo, dopo una breve presentazione della difficoltà trattata, propone alcuni raccontini che descrivono l’esperienza di genitori che sono riusciti, con mezzi semplici e concreti, a superare alcuni ostacoli frequenti nella vita quotidiana.
Eccone alcuni esempi:
Quando l’aggressività nei confronti degli altri deriva dalla frustrazione:
“Mia figlia Card di 5 anni era spesso frustrata e picchiava e colpiva altre persone tra cui compagni e insegnanti. A casa riuscivamo a capire ciò che desiderava ma non altrettanto le persone al di fuori del contesto familiare. Così ho persuaso il personale scolastico a smettere di pensare che Card fosse deliberatamente cattiva e a sforzarsi di aiutarla ad apprendere la lingua dei segni perché fosse messa in grado di comunicare agli altri in modo più adeguato ciò che desiderava o voleva. Card ha appreso 300 segni in sei mesi e il suo livello di frustrazione e di aggressività è diminuito notevolmente”.
Una proposta per bloccare l’abitudine a colpirsi la testa
“Mio figlio Michel, di sette anni, che si colpisce la testa, è inserito in una scuola pubblica. A scuola vi sono tre intervalli di ricreazione al giorno, di venti minuti. Questi intervalli non erano affatto strutturati, e i bambini venivano lasciati da soli. Mio figlio trascorreva il tempo sventolando le mani e percuotendosi la testa. Non soltanto questo non lo aiutava a renderlo più normale, ma faceva pensare agli altri compagni, che lo vedevano agire così, che fosse un bambino bizzarro, da cui era preferibile allontanarsi. Noi abbiamo insistito che la scuola provvedesse a organizzare attività strutturate per lui durante i periodi di ricreazione. Così ha smesso di colpirsi, manifestando un comportamento più normale – ’.
Un’altra proposta riguardo al comportamento di pizzicare:
“Mia figlia Eunice di quattordici anni, quando è agitata, vuole pizzicare le persone. La sua insegnante le ha procurato un sacco di fagioli da pizzicare. Adesso lei dirige il suo comportamento verso questo sacco e non verso le persone”.
Si doveva pur fare qualcosa per indurre Martin a smettere di sputare in faccia alle persone!
“Si doveva fare qualcosa per indurre Martin a smettere di sputare in faccia alle persone. Noi abbiamo lavorato insieme al suo insegnante per raggiungere tale obiettivo, ma ogni tentativo intrapreso non ha funzionato finché non abbiamo deciso concordemente che ogni volta che lui sputava noi tutti dovevamo schizzargli dell’acqua in faccia. L’insegnante faceva la stessa cosa a scuola. Una volta che Martin ha scoperto cosa si prova, ha smesso di sputare”.
Lo sforzo di una mamma per trattenere il bambino al tavolo da pranzo:
“Sally, di cinque anni, se ne andava sempre. Non voleva star ferma senza far nulla per lungo tempo. A pranzo era abituata a prendersi un boccone e a scappar via, tornando per un altro boccone, ecc. Sgridarla era spiacevole per l’intera famiglia. Ho cominciato facendo grandi gesti alla fine dei nostri pranzi dicendo: Abbiamo finito!’ e mettendo il piatto nel lavandino. Facevo la stessa cosa con gli altri appena si alzavano: Dicevo: ‘Oh, avete finito!’. Poi ho cominciato a fare la stessa cosa col piatto di Sally appena si alzava, anche se era pieno. Sembrò inorridita e molto infelice, ma questo ha funzionato”.
Come aiutare a capire le regole:
“Mio figlio Dick era solito andare in crisi tutte le volte in cui fermavamo l’auto a uno stop. Gli piaceva guardare fuori dal finestrino mentre l’automobile si muoveva e guardare tutto ciò che passava nel suo campo visivo. Lo abbiamo portato fuori a piedi e gli abbiamo mostrato cos’era uno stop e che cosa significava. Ha imparato a guardare ai segnali di stop, ad aspettare e quindi ad attraversare la strada. Ora è in grado di viaggiare con noi in automobile e di aspettare pazientemente quando ci fermiamo a un segnale di stop”.
La metodologia descritta dal libro, oltre che sul buon senso e sull esperienza dei genitori, si basa sul metodo TEACH.
Nell’edizione italiana c’è tra gli altri un testo molto simpatico scritto da uno psicologo responsabile delle persone autistiche in una ASL di Milano. Il testo è intitolato: “Migliorare la qualità della vita”: è già un buon programma.
– Eric Schopler, 1999
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.65, 1999
Sommario
Articoli
Ombre e Luci, oggi. Ha ancora senso? di Redazione
Lettera ai genitori di bambini speciali della mamma di Dafne
Intorno alla nascita T. Cabras e N. Schulthes
La preghiera con Maria Teresa di P. A. Roberti
I nostri grandi amici: S. Giuseppe da Copertino, il frate volante
La mamma e il teologo di M. Bartesaghi
Una nuova Casa Famiglia: OIKOS di N. Schulthes
Rubriche
Dialogo aperto
Vita Fede e Luce
Libri
Vivere con l’autismo, Eric Schopler
Un fratello da nascondere, E. Laird
Più forti dell'odio, Comunità di Bose