«Sai Mariangela, è tre volte che mi sogno il papa che fa una carezza a Francesca».
Francesca ha dieci anni, è quasi immobile sulla carrozzina. Abita con la mamma, il papà e il fratellino in un piccolo paese del Sud.
«Vorrei tanto, ma non oso sperarlo, che Francesca potesse incontrare il papa…».
Così, un mercoledì, la famigliola alle quattro di mattina, si è messa in viaggio, direzione Roma, appuntamento portone di bronzo. Lì cerano i biglietti pronti con i quattro nominativi. Un giovane di Roma aveva provveduto con sollecitudine a che il sogno si trasformasse in realtà.
«Guarda che noi, dopo il papa, veniamo a conoscervi. Abbiamo il telefonino portatile, così ci indicherete la strada da S. Pietro a via Bessarione».
Conosco la mamma di Francesca, Immacolata, da diversi anni, ma ci siamo parlate sempre solo per telefono: per informazioni, consigli, aiuti di vario genere. Dalla voce mi ero fatta un’idea: mamma combattiva, coraggiosa, piena di voglia di fare tutto il possibile per la vita della sua bambina. Un giorno, ricordo, era particolarmente triste, piangeva perché Francesca era caduta, si era fratturata un braccio… Non sapevo come consolarla. Non so più le parole che dissi, ma so che in quel momento nel mio cuore si era fatto uno spazio speciale per lei e per la sua famiglia, anche se non le avevo mai visti se non in fotografia.
Mercoledì scorso, quindi, alle 13, ora in cui di solito la nostra équipe di redazione è già a casa, finalmente il cellulare del Sud si fa vivo: «Siamo qui, davanti al fioraio. Non troviamo via Bessarione!».
Corriamo fuori, andiamo loro incontro. Accoglienza, saluti, festa, emozione, racconto dell’incontro con il papa, tutto in gran fretta perché loro devono subito ripartire, il viaggio è lunghissimo. «Mio marito domani deve lavorare».
Vediamo intanto che Immacolata scarica dalla macchina grossi pacchi, uno per ognuna di noi e uno per il giovane che ha procurato l’udienza.
«Queste sono le pagnottelle di S. Giuseppe; le abbiamo fatte ieri e questa notte non abbiamo dormito per farle cuocere nel forno a legna. Sono una tradizione del nostro paese. Si fanno a nome di una persona cara, si offrono in onore di S. Giuseppe in ringraziamento di un dono ricevuto. Queste ve le offre Francesca. Ne abbiamo portate anche un cesto al papa, con i fiocchi bianchi e gialli, chissà se potrà assaggiarne una… La persona che riceve una «panetta», per prima cosa la bacia e in cambio dice: — Che S. Giuseppe ti protegga e ti benedica!».
Prendiamo nelle mani il dono di Francesca, l’abbracciamo insieme alla sua simpatica mamma e auguriamo loro tutto il bene di cui hanno bisogno.
Rivolgiamo uno sguardo al cupolone che quasi sovrasta la nostra redazione: chissà se il papa starà baciando una pagnottella e manderà il suo augurio e il suo ringraziamento alla piccola Francesca?
Pensiamo di sì.
– Mariangela Bettolini, 1999
Nata a Treviso nel 1933, insegnante e mamma di tre figli tra cui Maria Francesca, Chicca, con una grave disabilità.
È stata fra le promotrici di Fede e Luce in Italia. Ha fondato e diretto Ombre e Luci dal 1983 fino al 2014.
Tutti gli articoli di Mariangela
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.66, 1999
Sommario
Le pagnottelle di S. Giuseppe di M. Bertolini
In casa nostra la cucina è chiusa a chiave di M.Cannavò
La Sindrome di Prader-Willi
La preghiera con Maria Teresa di P. A. Roberti
Dedicato ai bambini: Francesco
Quando mangiare è un problema Intervista con M.O. Rhétoré
A tavolaaa! di T. Cabras
Rubriche
Dialogo aperto
Vita Fede e Luce
Libri
Io sono una donna, A. Münch
È Francesca e basta, M. Portolani, L.V. Berliri
Sempre io - Christopher Reeve, C. Reeve
Con Clara siamo in sei, P.Härtling