Due anni fa su una strada di campagna, mia sorella e mio cognato hanno avuto un grave incidente. Un camion che veniva dalla parte opposta ha slittato sulla crosta di ghiaccio e li ha gettati sul fosso laterale. Lo choc è stato di grande violenza. Paul ha subito la frattura di una caviglia e molteplici contusioni mentre Maria è entrata in coma. Mia sorella è stata trasferita, in una unità di cura intensiva a duecento chilometri dal posto dell’incidente, con un trauma cranico frontale e una emorragia alla parte sinistra del cervello. Per molti giorni siamo stati terribilmente preoccupati: la sua vita è stata veramente in pericolo.
Provvedimenti più urgenti
Noi, famigliari di Paul e Marie dovevamo far fronte a molte urgenze. Ciascuno, per parte sua, si dava da fare, in ordine sparso, ignorando ciò che facevano gli altri. Alcune questioni dovevano essere risolte rapidamente:
- Come dire a quattro bambini: «Papà e mamma hanno avuto un incidente grave» e in particolare come spiegare lo stato critico della loro mamma? I pareri di nonni, zie e zii erano discordi.
- Come organizzare la vita quotidiana di Virginia (13 anni). Marco (10 anni), Luca (8 anni) e Sophie (1 anno)?
- Quale è realmente lo stato di Maria? è curata bene? Sono stati commessi degli errori? chi contattare per saperne di più?
- Come assistere mio cognato immobilizzato, per un tempo indeterminato. in una località diversa da quella di sua moglie?
Considerando la gravità dello choc mio cognato non ha voluto che i bambini fossero divisi tra i cugini pronti ad ospitarli. Una amica nubile, disoccupata. si è quindi insediata nella casa e ne ha preso la direzione. A turno la nonna paterna, i miei genitori, l’altra mia sorella, uno zio e alcuni buoni amici sono venuti in aiuto. Alcuni assistevano Paul, altri accoglievano i bambini per i fine settimana o li accompagnavano alle attività del mercoledì e del sabato. Altri li accompagnavano con il papà convalescente a vedere la mamma uscita dal coma dopo sei interminabili settimane. Un registratore permetteva la comunicazione tra mamma e figli fra una visita e l’altra. Le infermiere e aiutanti in gamba descrivevano ai bambini i momenti della giornata della loro mamma e loro, a turno, raccontavano la loro giornata, «oggi ho avuto 8/10 in calcolo», «tu sai mamma quanto vogliamo che ritorni a casa», «oggi pomeriggio andiamo a teatro con Mamy»,…
Marie ci dirà, in seguito: «Sono stata molto aiutata dalle visite confortanti, ma mai troppo stancanti dei famigliari e degli amici».
Dall’ospedale alla casa
Quando Marie uscì dal coma il neurologo prevedeva una scarsa evoluzione dell’emiplagia di cui ci aveva comunicato solo allora l’esistenza. Invece Marie ricominciò a parlare e sembrava avere ritrovato la memoria, soprattutto degli avvenimenti più recenti, poiché mi domandò notizie di una sua amica operata poco prima del suo incidente. Malgrado il loro pessimismo i medici trasferirono Marie in una unità di rieducazione funzionale. All’ospedale Marie era fiduciosa, perché sapeva che i suoi figli erano ben protetti e che suo marito non era lasciato solo. Noi eravamo meravigliati di vederla preoccupata per la loro salute o per il lavoro di uno o dell’altro. Nello stesso tempo era molto esigente e ci chiedeva grossi favori.
Mia sorella trascorse il suo primo fine settimana a casa solo dopo anno.
Che gioia! Poco dopo vi ritornò definitivamente. Questo fu possibile solo attraverso una serie di provvedimenti. La sedia a rotelle di Maria era troppo larga per l’ascensore e fu necessario installare un elevatore e allargare tutte le porte dell’appartamento.
Contrariamente alle previsioni degli specialisti Marie ha recuperato molto. Ora fa qualche passo ma ha sempre bisogno della sedia a rotelle. Attualmente sembra riprendere il suo ruolo di madre di famiglia, ma continua ad avere alti e bassi e si affatica molto.
Ciò che resta difficile
Durante i giorni del ricovero in ospedale i contatti con l’equipe medica non sono stati sempre facili. Pur avendo una rieducazione fisica notevole, Marie non è stata seguita nella rieducazione delle sue funzioni «superiori». Non ha avuto alcun sostegno ortofonico, ergo-terapeutico e psicologico. Oggi Marie, Paul e i loro figli ne subiscono ancora le conseguenze.
Al suo ritorno a casa Marie dovette scoprire un nuovo modo di essere in relazione con suo marito: come contare su di lui senza chiedergli di avere un ruolo di aiuto-volontario? I suoi bambini crescono senza di lei. Si sono ritrovati una mamma diversa nel fisico, nei modi di essere. È diventata esigente, abulica, bulimica. Loro non sono lì per rieducarla né per farle osservare «che non ha più il diritto di avere tre parti della torta».
Marie è ancora molto dipendente ed è difficile farle capire che deve riprendere in mano la sua vita. Dei progressi in questo senso sono ancora possibili o dobbiamo accettare che lei non sarà più come prima?
L’infermiera viene mattina e sera per la toilette, sedute di fisioterapia a domicilio avvengono quattro volte a settimana; l’aiuto familiare è a tempo pieno.
Questa dipendenza, quasi continua ma necessaria, costituisce una situazione difficile da vivere per la famiglia. Le persone che le sono più vicine vorrebbero fare del loro meglio e non sanno come fare senza immischiarsi nella vita quotidiana, senza disturbarne il ritmo. Anche Paolo è esausto. Dice di aver bisogno di sua madre, dei suoceri ma si stanca presto della loro presenza. I bambini ne hanno abbastanza di avere qualcuno a dirigerli che non è la loro mamma. Sophie ha gravi problemi di comportamento. Luca, che aveva iniziato bene, si trova tra gli ultimi della sua classe, Marco, per la matematica, si rifiuta di farsi aiutare dalla mamma che, invece, ha conservato, in questo campo, tutte le sue capacità. Virginia rientra sempre tardi alla sera perché sostiene di dover lavorare con le compagne di classe. I nonni, gli zii, le zie, devono impegnarsi con tutto il loro affetto per restare al loro posto.
In questo quadro un po’ oscuro delle piccole luci aiutano a conservare la speranza. Dal giorno dell’incidente fino ad oggi un grande rete di preghiere si è messa in atto. Amici, comunità parrocchiali e monastiche ricordano tutte questa famiglia così provata. È di grande conforto, quasi incredibile, vedere che Marie continua a fare progressi mentre non se ne attendevano più. E vero che noi non conosciamo le sfide intime che Paul e Marie si sono dati e che li aiutano a superare le tappe. E vero che il cuore di ognuno di noi è diverso dopo questo dramma. Sappiamo più facilmente ridimensionare contrattempi e contrarietà…E malgrado tutto ciò che stride, tutto ciò che sconvolge in questo dramma, si è instaurata una vera comunione d’amore.
(O. et L. 125)
– Françoise, 1999
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.67, 1999
Sommario
Editoriale
C’è qualcosa di nuovo di M. Bertolini
Se papà o mamma è disabile
Perché mio papà non può giocare con me? di Monica
Per aiutarlo di R. Massi
Un pò alla volta intervista di Huberta Pott
Hanno avuto un grave incidente
Papà è cieco di M. Caterina
Altri articoli
I nostri grandi amici: Charles del Focauld Disegni: M. Pichard - Testo: R. Olphe - Galliard (0. et L. 122)
Verso la maturità di J. Vanier
Laboratorio “La Stelletta” di T. Cabras
Libri
Una persona vera, Gunilla Garland
Vivere con u nfiglio down, D.e G. Carbonetti
L'abbraccio benedicente H.J.M. Nouwen
Messaggi - Tutte le abilità della comunicazione, AA.VV.