Ad Arcene, un paese della bassa bergamasca, abitiamo in una piccola porzione di casa chiamata «Stallo della Madonnina» che ci è stata messa a disposizione dal Comune due anni fa, all’inizio della nostra avventura. Una casa come tutte le altre, un arredo semplice, un clima familiare. In due camere, mini cucina, mini bagno e (per fortuna) un grande soggiorno viviamo con Angela, Manuel, Samuele e Valentina.
Angela, sempre con i codini, è la nostra madre fondatrice. Ha quattro anni e mezzo; non cammina (ma ci spinge ad andare lontano) non parla (ma con il suo silenzio dice tante cose sagge), apparentemente sembra non capire (ma capisce che le vogliamo bene e sorride.)
È la prima bambina che abbiamo accolto in comunità ed è colei che ci invita a guardare lontano, a prevedere le soluzioni per il suo futuro.
Manuel ha compiuto da poco i due anni. E un ciccione simpatico che abbiamo dovuto mettere a dieta. Se ne sta seduto in poltrona o sdraiato sul divano; ci guarda, ci ascolta immobile (non sa e non può fare altro). Manuel non ha mai avuto una vera casa perché è quasi sempre stato in ospedale. È arrivato in comunità che aveva sei mesi e, subito, ci ha messo alla prova. Per ogni nonnulla entrava in coma. I dentini, un raffreddore, un po’ di febbre? Spegneva l’interruttore e nessuno riusciva a spiegare perchè. È colui che ci ha fatto capire che quando la vita è misteriosamente così bisogna puntare a valorizzare al massimo la qualità perché non si è certi della quantità. Manuel ci insegna a fare bene tutte le piccole cose di ogni giorno; ci insegna ad essere attenti che le pappe siano buone, che la casa sia calda, che la luce non sia troppo forte, che i toni di voce siano giusti e la musica piacevole. Ma man mano che cresce ci sembra diventare un po’ più forte. Reagisce meglio ai malanni, riconosce le voci, inizia a sorridere.
Saumuele è la nostra «perfetta letizia» ma anche la nostra «peste». Pesa cinque chili, ha un anno e ha appena messo il primo dente. Quando è arrivato in comunità aveva tre mesi, era quasi «trasparente» e si alimentava con il sondino. Oggi, dopo tutto quello che ha passato, è un inno alla vita. È il bambino che più ci ha fatto crescere sia umanamente sia spiritualmente, chiedendoci di partecipare alle sue tragedie con semplicità. con serenità con fede profonda, insegnandoci a leggere gli eventi al di là delle apparenze.
Valentina è la nostra «pendolare». Va e viene da casa alla comunità, secondo le esigenze della famiglia. Ha cinque mesi ma urla come una soprano di cinquant anni, soprattutto di notte. Per lei stiamo cercando la soluzione ideale, che non la allontani dalla famiglia ma che nello stesso tempo sia di sollievo e di aiuto a mamma, papà e fratellini.
Questi bambini segnati per sempre da un grave handicap mentale, sono il cuore della nostra comunità. Con loro condividiamo la vita di ogni giorno fatta di pappe e di lavoro, di pannolini e di riunioni, di medicine e di passeggiate, di piccoli passi e di grandi progetti, di fedeltà e di tenerezza.
Noi «grandi» siamo in quattro: Flora, Luisa, Manuela e Luca. Alcuni di noi vivono in comunità perché l’hanno scelta come loro casa. Altri (anche per motivi di…spazio) vengono durante il giorno per accudire i bambini. Quando riusciremo a stipulare le convenzioni con gli enti pubblici avremo uno stipendio; per ora siamo «volontari».
Sappiamo di poter contare su una rete di amici che ci danno una mano. Ognuno di loro dà quello che ha: tempo, amicizia, servizi, doni.
E soprattutto sentiamo di avere dietro le spalle un buon consiglio di amministrazione, aperto al dialogo, disponibile ad accettare che la nostra sia una strada piena di curve e di incroci, attento a cogliere i segni del cielo che ci indicano la direzione.
Ecco, questa è oggi la TAU, la nostra casa, la nostra famiglia, la nostra piccola comunità
Ultime notizie dalla TAU
I bambini stanno…benino. Abbiamo comperato una casetta (con il mutuo) e ci prepariamo a ristrutturarla in due fasi: quel tanto che basta per abitarla, subito, poi la alzeremo di un piano, così ci stiamo tutti.
Vi lascio immaginare l’incubo dei debiti. Il Tribunale di Milano ci manda un’altro bambino e così saranno cinque. Cioè sei se contiamo anche Omar che dovrebbe venire solo durante il giorno. In compenso non aumentano gli assistenti: Flora e Luca si sposano a fine agosto e lei continuerà a venire da noi durante il giorno, aspettiamo gli obiettori e speriamo anche in qualche ragazza dell’Anno del Volontariato. E se tutto andrà bene, con la nuova casa dovremmo riuscire ad entrare in convenzione con la Regione così potremo pagare gli stipendi a due infermiere e due educatori.
Ma non ci sentiamo soli. Le sorelle del Monastero di Concenedo ci hanno «adottati» nella preghiera, e ci accompagnano quotidianamente con il loro affetto e il loro incoraggiamento. Così la nostra povertà diventa ricchezza.
– Manuela Bartesaghi, 1997
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.59, 1997
Sommario
Editoriale
La loro vita nei film di M. Bertolini
Articoli
«Figli di un dio minore»
«L’ottavo giorno»
«Rain man»
«Il mio piede sinistro»
Catalogo ragionato di film dedicati al tema della disabilità
Il compleanno di Chiara
Premio «Paolo VI» a Jean Vanier
La nostra casa di M. Bartesaghi
Libri
Venite e vedete – Un ritiro con Jean Vanier
E dopo parliamo d’amore
Un anno in cifre: 1996
Mi piacerebbe lavorare con voi sono un ASA