Il mio piede sinistro, (‘My left foot), 1989, Irlanda, J. Sheridan – Christy a causa di una paralisi cerebrale non può muovere altro che il piede sinistro trascinando il resto del corpo inerte. Non riesce a parlare ma ha un’intelligenza vivace e la voglia di imparare e di aiutare gli altri. Con il piede sinistro scrive, disegna, manifestando il suo estro artistico: una delusione d’amore lo porterà, dopo un periodo di desolazione, a ritornare a credere in sè stesso e a dare il meglio di sè.
È il film più reale e sofferto sull’handicap. E tratto dalla biografia di Christ Brown, artista irlandese contemporaneo. Daniel Day Lewis (premio Oscar nel 1989 come miglior attore protagonista) offre un’interpretazione superba.
Il punto in comune tra me e il protagonista è sicuramente la lotta quotidiana per migliorare tramite terapie mediche e fisiche. Forse ancora più delle terapie ci accomuna, ed è importante, la volontà di eseguirle. Nel film questa volontà è rafforzata solo dalla madre del protagonista mentre nel mio caso c’è anche la fiducia del padre.
Nel film il rapporto che il protagonista ha con il padre è difficile. A volte anch’io mi ci devo scontrare: per mio padre infatti il tempo libero è vuoto, solo lo studio è importante. Credo che siano convinzioni un po’ di tutta la sua generazione che ha visto nello studio l’unico mezzo per migliorare la propria condizione. Oggi la situazione è diversa: i giovani stanno bene a casa dei genitori e di conseguenza anche lo stimolo a migliorare è carente, se non del tutto assente.
II film dimostra che anche instaurare un rapporto con gli altri basato sulla fiducia non è semplice. Sono d’accordo: conquistare l’attenzione degli altri è difficile, almeno fino a che non sei percepito come soggetto attivo della comunicazione (capace di comunicare), il più delle volte ne resti escluso. Basta non essere capace di comunicare a parole o in forma scritta per diventare estranei a tutte le conversazioni: è una delle tante barriere che per ignoranza difficilmente si vuole superare. Quindi, anche crearsi nuovi affetti diventa un’impresa: i giovani spesso hanno altri pensieri e aiutare il prossimo non è un elemento importante della loro vita. Fortunatamente non è così per tutti i giovani e io stesso mi meraviglio quando i miei amici mi invitano a uscire; non solo, mi fa comunque piacere che mi hanno pensato.
– Simone Mazzillo, 1997
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.59, 1997
Sommario
Editoriale
La loro vita nei film di M. Bertolini
Articoli
«Figli di un dio minore»
«L’ottavo giorno»
«Rain man»
«Il mio piede sinistro»
Catalogo ragionato di film dedicati al tema della disabilità
Il compleanno di Chiara
Premio «Paolo VI» a Jean Vanier
La nostra casa di M. Bartesaghi
Libri
Venite e vedete – Un ritiro con Jean Vanier
E dopo parliamo d’amore