Non posso dimenticare quel nonno che mi chiedeva di riceverlo con urgenza per parlarmi della nipotina di 17 anni disabile mentale. “Stefania sta bene – mi diceva – ma sua madre si sta esaurendo. Si crea un mucchio di problemi. Come possiamo aiutarla?” Mi accorsi subito, ascoltando quest’uomo venuto a Parigi tra due treni solo per parlarmi, che in realtà era lui che non sopportava più di farsi le domande che, da 17 anni, restavano senza risposta. Era necessario e urgente che potesse parlarne trovando comprensione.
Il coraggio di parlare
È vero, i nonni soffrono quasi più di tutti gli altri. Aspettano con grande speranza il bambino che deve nascere per condividere con loro la sua nuova forza vitale. È lui che assicurerà la continuità trasmettendo il patrimonio familiare quando i nonni non ci saranno più.
Il sogno però si interrompe bruscamente. Vedono i loro figli disperati, turbati, in rivolta e si sentono, da parte loro, impotenti ed inutili. Non hanno nemmeno il coraggio di parlare ai loro figli, di affrontare i problemi con loro, di offrire aiuto. Temono di essere indiscreti, di ravvivare la ferita parlandone, di complicare la vita della coppia.
Alcuni aspettano di essere chiamati: e se questo non accade, si ripiegano su loro stessi pieni di angoscia e, a volte, anche di rancore. Altri, nella loro disperazione, si convincono che ogni tentativo di aiuto è inutile. Hanno l’impressione di diventare, essi stessi, un peso troppo grave da portare per i loro figli che non hanno bisogno di altri problemi. Alcuni, feriti troppo profondamente da qualcosa che dovrebbe succedere solo agli altri, si affrettano a consigliare di sistemare in istituto il bambino “che altrimenti rischia di compromettere l’equilibrio della coppia, la professione dei genitori, l’avvenire dei fratellini ”. Qualcuno lascia capire che in fondo, rinunciare al bambino potrebbe essere una buona soluzione: una famiglia adottiva, scegliendolo, potrebbe accoglierlo e amarlo meglio.
Nella maggioranza dei casi però i nonni sono meravigliosi per delicatezza e capacità, per la tenerezza e il coraggio, per la disponibilità all’accoglienza. Sanno essere presenti quando è necessario, ma sanno anche, quando è il caso, non vedere e non sentire, sanno dire la parola giusta quando è giusto dirla, ma sempre con dolcezza e senza giudicare.
Molti vengono al consultorio, tengono i bambini sulle ginocchia e li distraggono perché i genitori possano parlare senza preoccuparsi di loro. Ma questo compito non impedisce loro di ascoltare ed io indovino nei loro occhi gli interrogativi che non osano esporre.
Ciò che può ricevere
Per noi medici è il momento giusto per rispondere ai loro quesiti, per dare informazioni corrette, per tentare dolcemente di correggere le idee che sono sbagliate.
Mi ricordo, ad esempio, di un nonno: “Avete un bel dire voi dottori, potete chiamarli come volete ma. alla fine, questi bambini sono una disgrazia”.
Questi atteggiamenti estremi nei nonni possono nascere o da un’ansia di intervenire per proteggere o da una presa di distanza dettata dalla timidezza e dal timore. È questo il momento di suggerire ai nonni titoli di libri o riviste che possono aiutarli e- che i genitori non hanno il tempo di leggere, purché non ostentino troppo, in futuro, le loro conoscenze nei confronti dei figli. È diverso quello che ognuno può portare.
Si possono incoraggiare i nonni a ospitare i nipotini se se ne sentono capaci, proponendolo con delicatezza ai genitori e organizzandosi per poterli accogliere nel modo migliore.
I genitori devono poter contare sui nonni, sulla loro conoscenza della vita e del dolore, sulla loro capacità di offrire il cuore a un nipotino che non li dimenticherà.
Milena, che ho visto qualche tempo fa. ride ancora delle storie che le raccontava il nonno. Ora ha trent’anni ed è lei che ogni giorno sbriga le commissioni per i suoi nonni ormai molto anziani! Milena soffrirà molto quando i suoi nonni moriranno: come per molti altri, questa sarà la sua prima esperienza della morte e bisogna prepararla a questa separazione… Se devo giudicare sulla base delle confidenze ricevute, loro non sono più handicappati di noi di fronte al mistero della morte.
Non è facile avere un fratello o una sorella disabili. Molti ragazzi non hanno il coraggio di parlarne con i propri genitori per diverse ragioni. Alcuni sono gelosi e se ne vergognano… È molto più facile parlare di tutto questo, da solì, durante una passeggiata con il nonno o durante una buona merenda con la nonna.
Conosco bene la sofferenza e, a volte, anche lo sconforto di molti nonni; ma conosco bene anche la loro pazienza e la loro tenerezza. Hanno già tanto amato e tanto sofferto che troveranno, giorno dopo giorno, la forza della parola o del gesto che permette di riprendere il cammino.
– Marie Odile Réthoré, 1997 – tratto da Ombres et Lumières n° 116)
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.60, 1996
Sommario
Editoriale
Dai nonni una tenerezza in più di M. Bertolini
Articoli
I suoi nonni di M.T. Mazzarotto
Non voleva bene a Sofia di una mamma
I nonni possono fare molto di M. O. Réthoré
Dedicato ai bambini: Carlo di Pennablu
L’aiuto spirituale dei nonni di H. Bissonier
Non dopo di noi, ma prima di N.Schulthes
La madre di famiglia