L’integrazione nel lavoro è difficile. Richiede incentivo, pazienza, attenzione, di solito scarse negli enti pubblici «obbligati» ad assumere disabili: perciò i rapporti di lavoro che ne vengono sono ben poco dignitosi: un salario «regalato» in cambio di qualche saltuaria insignificante faccenda senza nessun tentativo di sviluppo e di impiegare le capacità della persona disabile. Perciò ci si sente emozionati quando si trova qualche esperienza di «vero» lavoro integrato, come questa, trovata per caso, a Roma.
Passeggiando per il centro, infreddoliti e affamati, l’altra sera ci siamo rifugiati in un locale dal nome curioso vicino a piazza Santa Maria in Trastevere; l’interno, piccolo ma accogliente, non sembrava diverso da quello di molti altri pub della zona, ma l’atmosfera familiare che abbiamo notato appena entrati ci ha colpito. Mentre mangiavamo abbiamo scambiato due chiacchiere con Giuseppe, uno dei gestori del pub, che ci ha spiegato come è nato il locale: l’esigenza di risolvere il problema dei ragazzi con handicap ha spinto il parroco e alcuni membri della comunità di sant Egidio a sviluppare questo tipo di progetto. Dopo qualche comprensibile difficoltà iniziale, il risultato di quattro anni di lavoro (da parte di tutti), si è rivelato più che positivo; tanto che — come ci dice Giuseppe — già pensano a come ingrandire il locale.
I quattro ragazzi che lavorano nel locale sono tutti disabili psichici e ognuno di loro svolge una mansione particolare: Luciano è addetto alla spesa; ha gradualmente imparato a farsi dare il resto «giusto»; Natalia e Flavia (con l’aiuto di un’amica volontaria), preparano gli ingredienti per i piatti del menù. Flavia è diventata preziosa collaboratrice nel pulire accuratamente la rughetta. Insieme controllano lo stato della dispensa, stando attente all’impiego dei prodotti di riserva e a quelli da acquistare. Maurizio, che è in possesso delle chiavi del locale, a turno, è il primo ad arrivare ed è a lui che spetta il compito di preparare la sala prima dell’arrivo dei clienti.
Esistono turni di lavoro (dalle 18.00 alle 20.00 o dalle 20.30 alle 22.30 tutti i giorni della settimana tranne uno di vacanza) ma i nostri quattro amici sempre più gratificati dalle attività svolte, non solo arrivano puntuali, ma tendono sempre ad arrivare molto prima dell’orario di lavoro.
È ovvio che Giuseppe con i suoi quattro collaboratori non potrebbe da solo fare fronte alle esigenze di un’attività come questa; è infatti aiutato da numerosi volontari della comunità di sant’Egidio, che, a turno, nel locale sostengono il rapporto con la clientela.
L’impressione che abbiamo avuto conoscendo Maurizio, Flavia, Natalia e Luciano è sicuramente di grande soddisfazione: traspare dai loro volti e dalle timide parole che ci hanno rilasciato, che sono contenti dell’esperienza che stanno vivendo da quattro anni; evidenziando così che la formula trovata dalla comunità di sant’Egidio è più che buona ed imitabile;
soprattutto in questo momento in cui il loro inserimento lavorativo sembra quanto mai utopico. Qui non fanno finta di lavorare, qui sono retribuiti secondo il lavoro che fanno e che fanno bene…
Se vi capita di passare da quelle parti provate ad assaggiare la polenta con salsicce o i ceci alla greca; a noi sono sembrati veramente … greci…!!!!! (Il locale si chiama Pane amore e fantasia, in Via della Paglia, a Roma).
Emanuele e Stefano, 1996
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.33, 1996
Sommario
Editoriale
Ai genitori e agli amici di M. Bertolini
Articoli
Lo sconforto emotivo esige comprensione di Redazione
C’è un problema col tuo bambino? di Redazione
Pane, amore e fantasia di Emanuele e Stefano
Comunità alloggio per persone con handicap intellettivo di Redazione
Comunità famiglio di Endine di Redazione
I fornelli di Marta e Matteo di Suzanne Vidon
Rubriche
Dialogo aperto
Vita Fede e Luce
Libri
Il mio nome è trappola – La favola di Anna, M. Passet
Oltre l’handicap – Esperienze e proposte a contatto con bambini autistici, C. D'Angelo
Cambiare il cuore, C.M. Martini, A. Elkann