Sere fa, ero in pizzeria con il gruppo di FL del quale faccio parte da molti anni.
Li guardavo, questi nostri «ragazzi» non più ragazzi; sei di loro hanno più di quarantanni, gli altri, più di trenta.
Alcuni di loro non hanno più i genitori, la maggior parte vive con la sola mamma, rimasta vedova, anziana, acciaccata dai malanni dell’età, stanca.
Si sono seduti ai tavoli con appetito da adolescenti, sui volti la gioia che mai vien loro meno all’idea di stare insieme di fronte ad una bruschettà e ad una pizza.
Li guardavo e rivedevo Carlo in calzoni corti, andare —fu uno dei primi — alla scuola del mio quartiere e ripensavo a Gianni, tutto vestito di blu, a 12 anni, accanto al suo papà, in chiesa, all’indomani della sua prima comunione.
Questo gruppo si è creato attorno a loro, i primi «colleghi» di mia figlia.
Li guardavo contendersi la coca e i supplì, fra i loro pochi amici rimasti; questi, stanchi, dopo una giornata di lavoro o di studio, erano lì, fedeli nella loro provata amicizia.
Ora che sono adulti, li sento ancor più vicini di prima; il loro modo di comportarsi, per certi versi ancora infantile, mi fa provare per loro una tenerezza che prima non conoscevo. Ho voglia di interpellarli, di farli parlare della loro vita, di come passano le giornate, delle loro difficoltà. Mi sembra che ne abbiano diritto.
Così la pizzeria si è trasformata in una tavola di famiglia. Ognuno ha preso la parola: Nella, era arrabbiata perché la direttrice del centro che frequenta da pochi mesi, l’ha messa alla porta. «M’ha baccajato! (mi ha sgridata) perché non volevo lavorò!». Un coro di risate ha accompagnato la sua uscita. Conosciamo Nella e le sue veementi rimostranze e gli epiteti che le accompagnano. Speriamo sia solo sospesa temporaneamente, pensavo tra me, quando lei aggiunge: «Mo’ litigo con mamma tutto il giorno!». Carlo, lavora al bar del circolo di polizia. Ha tenuto a farci sapere
che ora non solo fa le pulizie, ma serve al bar, dove sa preparare il caffè, il cappuccino, il tè… Applausi dei convitati. E lui triste aggiunge: «Però mamma è all’ospedale…».
Viviana, vive nella casa famiglia II Carro; da poco è nata la prima figlia dei responsabili della casa. E tutti a chederle: «Corri ’è Maria, è carina? Ma tu ci stai con lei?» «E bona, è caruccia, qualche volta strilla, ma poco…».
Avevamo finito di gustare le pizze e vedevo che gli occhi di tutti chiedevano un dessert, non previsto dal preventivo-spesa. In onore di Maria, abbiamo chiesto gelato per tutti. Mentre le bocche degustavano tartufi e sorbetti, la conversazione è stata ripresa da Daniele, il più giovane fra noi, che sta terminando la scuola alberghiera. «Ho fatto lo stage (perfettamente pronunciato all’inglese) all’hotel Parco dei Principi. Un sonoro «oh!» di ammirazione degli astanti. «E che cosa ti hanno fatto fare?». «Ho preparato il prezzemolo!» «Con la macchinetta!» dico io malignamente. «No! con il coltello sul tagliere!».
Stefania toglie la parola a Daniele che si dilungava nel descriverci i suoi passi veloci verso un futuro da uomo che guadagnerà molti soldi e si potrà così sposare. «Io, io, faccio tante cose: vado a scuola, poi piscina, stile… come si dice mamma?» «Niente suggerimenti, trovalo da sola il nome dello stile». «Stile, stile, così si fa!» Si è alzata in piedi e nel mezzo della saletta, agita le braccia…» «Stile libero!» «No, no! si chiama… dorsale!» Altro applauso.
Via via, tutti raccontano i loro impegni, i loro passatempi, le notizie recenti, qualche dolore, accompagnato da un «piantareilo», qualche gioia diversa dalle solite.
Si è fatto tardi, bisogna lasciare la pizzeria e ritornare nelle proprie case. Fuori pioviggina. Ognuno sceglie l’amico o l’amica che con la macchina lo riporti a domicilio. Salutandoli vedo che la serata insieme li ha come ricreati: visi sorridenti si augurano la buona notte, con un’aria da persone grandi, che hanno potuto dire la loro, sentendosi ascoltati e incoraggiati.
Questo per loro, come per noi, è così importante.
– Mariangela Bettolini, 1996
Nata a Treviso nel 1933, insegnante e mamma di tre figli tra cui Maria Francesca, Chicca, con una grave disabilità.
È stata fra le promotrici di Fede e Luce in Italia. Ha fondato e diretto Ombre e Luci dal 1983 fino al 2014.
Tutti gli articoli di Mariangela
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.54, 1996
Sommario
Editoriale
In pizzeria di M. Bertolini
Articoli
I miei trenta anni all’Arca di J. Vanier
Alcuni termini per capire meglio l’handicap
Lascia che vada a vivere fuori casa di A. Richardson
Formazione morale e disabili
Anche loro hanno una propria storia di M. Couant
Itaca: laboratorio di attività artisticadi N. Livi
Un teatro diverso di S. Fadel
Rubriche
Dialogo aperto
Vita Fede e Luce
Libri
Terapia della realtà – Una sfida: la pedagogia della Condivisione, G. Paolo Ramonda
Lettere sul dolore – Uno sguardo sul mistero della sofferenza, E.Mounier
Attività didattiche per bambini-autistici-scuola, E. Schopler, M. Lasing, L. Waters