Circa trent anni fa, al nostro centro catechistico di Parigi, organizzammo una riunione di studio sulla catechesi per i bambini che oggi sono chiamati «autistici». A questo incontro ebbi l’audacia di invitare, oltre ai catechisti «di base», uno dei più celebri psichiatri infantili dell’epoca. Sapevo che era anche un fervente cristiano. Al suo arrivo l’illustre professore ci dichiarò con fare «dottorale»: «Bisogna distinguere con molta cura i bambini che presentano sintomi psicotici e quelli che sono veramente autistici. I primi possono avere beneficio da un po’ di educazione religiosa. Per i secondi, ciò è impossibile».
Aggiunse: «Mi occupo in questo momento di un ragazzo che fa parte appunto di quelli per cui non c’è niente da fare in materia di risveglio religioso». E ci descrisse «il caso» in questione.
Quando ebbe finito, una catechista prese timidamente la parola: «Scusi, professore, ma credo di conoscere questo ragazzo…» Diede qualche dettaglio che permise di identificare perfettamente il bambino e aggiunse: «Sono due anni che lo seguo nella catechesi ed ecco cosa abbiamo fatto insieme». Seguì la storia appassionante di questo cammino religioso. Il «grande capo» ascoltava con estrema attenzione… Quando il racconto finì la mia ammirazione per lui diventò ancora più grande, perché si rivolse a me ed esclamò: «Ma questa riunione è interessantissima! Quando ce ne saranno altre la prego di invitarmi di nuovo!»
Un mondo nascosto
Nella sua umiltà di vero scienziato il grande maestro riconosceva di avere scoperto in quel momento ciò che l’esperienza aveva rivelato a noi tutti impegnati nella catechesi dei giovani autistici; e cioè che essi possono ricevere — in particolare in campo religioso — molto di più di ciò che appare. Quando il velo si solleva anche per un solo istante, là dove sembrava non accadere niente, si intravede un mondo interiore di cui non si sospettava l’esistenza.
A volte è soltanto una parola o un atteggiamento, ma quante cose dicono a chi, come noi, rifiuta di emettere giudizi a priori ed è aperto a tutto ciò che può accadere nel mistero!
Ne è una prova, fra tante altre, ciò che Birger Sellin (1) un giorno ci insegnò e ci fece conoscere del suo mondo interiore, della sua «anima prigioniera», con gran stupore di chi lo conosceva. Nel libro che scrisse trovammo almeno una ventina di riferimenti religiosi. Erano paragrafi brevi, a volte ridotti a poche parole.
Quanto avremmo desiderato di saperne di più! Certe parole esprimevano un dolore, una inquietudine che ci chiedeva una risposta e ci diceva che per Birger la dimensione religiosa era importante e che nelle profondità di se stesso egli si interrogava sulla sua relazione con Dio.
Non rinunciare
Certo non è cosa da poco fare la catechesi ad un giovane autistico. Spesso si potrà avere l’impressione che non succeda niente. Dopo più di quarantacinque anni di tentativi di parlare dell’esistenza di un Dio d’Amore a dei giovani autistici avremmo potuto avere la tentazione di rinunciarvi… Questo non è mai accaduto e, se a volte siamo stati costretti a soprassedere per qualche tempo, l’abbiamo fatto con l’intenzione di riprendere al più presto i nostri tentativi… Per esempio quando un giovane autistico non riusciva a star fermo o disturbava troppo il gruppo con le sue grida o quando con le sue aggressioni metteva in pericolo le persone che lo circondavano. In questi casi abbiamo avviato una catechesi individuale, oppure, se necessario, abbiamo aumentato la nostra équipe per affrontare meglio le difficoltà ed essere in grado di prenderci cura di ognuno. Ma non abbiamo mai pensato che ogni sforzo fosse inutile o inopportuno. Quanta gioia abbiamo provato nel constatare che questi giovani autistici sentivano, anche se quasi di nascosto, che tutto questo li riguardava e li rendeva felici! Mi limiterò a riportarne un piccolo esempio.
Un’adolescente che «non parla»
Giovanna ha quattordici anni. Nella scuola speciale dove vive è considerata un’autistica tipica. Ce l’avevano descritta specificando che non parlava, non guardava le persone in faccia e disturbava il gruppo con il suo vagare qua e là e il suo canticchiare senza parole, armonioso, ma alla lunga fastidioso… Siamo stati un po’ incerti se accettarla nel nostro gruppo di catechesi perché dicevano che era invadente e non dava segni di essere in grado di beneficiare di una formazione religiosa. Alla fine l’abbiamo ammessa e lei ha dimostrato di essere molto meno difficile di ciò che temevamo. Bisognava soltanto adattarsi al suo comportamento (ogni tanto ci accaparrava e ogni tanto ci rifiutava) e fare attenzione, quando non era «appesa» a qualcuno, che non scappasse. Ma aveva l’aria di essere così felice quando era con noi che un altro problema che si presentò fu quello di convincerla gentilmente ad andarsene dopo le riunioni. Una mattina avevamo scelto come tema dell incontro: «Gesù ci rivela l’amore di Dio, nostro Padre». Una catechista ci fece ascoltare il canto «Padre, sono tuo figlio…» poi incominciarono le varie attività… Al momento di uscire quale fu la mia sorpresa quando, mentre accompagnavo Giovanna all’ingresso, sentii che stava cantando, quasi sottovoce ma distintamente, non soltanto con la melodia ma con le parole, l’inno con il quale avevamo iniziato la riunione: «Padre, sono tuo figlio! Ho mille prove del tuo amore…» Uscii più convinto che mai che anche i giovani autistici hanno molto da insegnarci sui misteri di Dio.
– Henri Bissonier, 1996
O. et L. n. 113
(1) Persona autistica che dopo diciassette anni di mutismo patologico, grazie all’approccio della «comunicazione facilitata», ha rivelato la ricchezza della sua interiorità. Birger Sellin: «Prigioniero di me stesso» Edizioni Boringhieri, 1995.
Il Padre Henri Bissonier è senza dubbio un’autorità nel campo della catechesi delle persone con handicap mentale.
Ha scritto molti libri e articoli, ha insegnato in numerose università, ha fondato e diretto Movimenti nazionali e internazionali di persone con handicap.
Ma non ha fatto solo teoria: provato, fin da bambino, nella malattia, a diciannove anni scopre, nei grandi sanatori delle Alpi, l'esclusione sociale e la desolazione spirituale del mondo dei malati.
Fin dalla sua ordinazione nel 1935, impegna tutta la sua vita di sacerdote in una lotta quotidiana per la difesa dei diritti delle persone con handicap, per il riconoscimento della loro dignità, per il loro inserimento nella vita sociale e nella comunità cristiana.
È stato il pioniere in Francia della catechesi delle persone handicappate entrando con tutta la forza della sua speranza e la sensibilità del suo cuore nel mondo triste e chiuso di un ospedale pubblico dove «vivevano» delle giovani e delle ragazze handicappate mentali.
Questo articolo è tratto da
Sommario
Editoriale
Sono molti ad aspettare di M. Bertolini
Dossier: il mistero della persona autistica
Ma Costanza danza col vento di F. Trionfi
Che capisce? E noi? di A.M. Vexian
A 37 anni Cati progredisce di Denise Herbaudiere
Autismo e psicosi infantile negli articoli di Ombre e Luci di Redazione
Catechesi anche per le persone autistiche di H. Bissonier
Quale metodo scegliere di J. Labrousse
Ho guadagnato un anno al «Carro» di F. Ascenzi
Dopo di noi
Dopo di noi - Sono molti ad aspettare
Rubriche
Lbri
Prigioniero di me stesso - Viaggio dentro l'autismo, Birger Sellin
Un bambino speciale in famiglia, D. Kimpton
Vestita di nuvole, M. S. Bellini