— Corna, corna, corna, bum! bum!

Florent e Violaine si tengono vicini, faccia a faccia, testa bassa, al «bum» si urtano. Ricominciano di nuovo, ridendo a cuore aperto.
Violaine cambia gioco: «Ti tengo, mi tieni per la barba, il primo che riderà sarà colpito». Si tengono per il mento, si guardano. Florent non riesce a trattenere il riso: aspetta solo di poter colpire la sorella! La mamma interviene. Prende Florent a cavalcioni sulle ginocchia:

— Mi vuoi bene?
— Sì!
— Resta, resta nella mia barca!
— No!
— Giù, giù nell’acqua!

E Florent cade a terra, ridendo beato. Ha capito bene il gioco che gli piace molto, così come tutte le varianti di «a cavallo», quando si salta sempre più in fretta per ritrovarsi a terra alla fine della corsa.
Così come con tutti i giochi di «barca sull’acqua», con tutti i dondolii e sempre la caduta finale.
Malgrado i suoi dodici anni, Florent va matto per questi giochi di solito riservati ai bimbi piccoli. Bambino Down, di natura molto passiva, non «sa» giocare da solo.
Al contrario, è sempre pronto a entrare in relazione attraverso canzoni, storielle, cantilene, giochi con le mani o con il viso che sempre si chiudono con un «chiri-chiri», solletichii del mignolo sul palmo o carezzine al mento dopo aver passato in rassegna tutto il viso: «Occhio bello, suo fratello, orecchia bella, sua sorella, e il campanon che fa din don, din don!».
Tutto è pretesto per una canzone a seconda dei diversi momenti della giornata. Se piove: «Piove, piove, è festa per la rana…». Se siamo a passeggio: «Aprite le porte, che passa, che passa…». Quando mangia: «Bocca a me, bocca a te, ham!». Quando si addormenta: «Dormi dormi, bel bambin!»
Impossibile raccontare le mille piccole storie, le cantilene o canzoncine; ma certamente è affascinato di più dai giochi con le dita. Con questi si impara a cantare, a sapere che si fa parte di un tutto, a conoscere i nomi dei familiari, a mettere in scena i personaggi: «Il pollice dice: ho fame, l’indice dice: non c’è pane; il medio dice: come faremo? l’anulare dice: ruberemo! il mignolino dice: nel cassettino, ce ne è un pezzettino, datelo a me che sono il più piccino.»

— Toc, toc, pollice sei là? (pollice nascosto nel pugno, l’altro pugno vi batte sopra)
— Sss! dormo, (indice sulle labbra)
— Ecco, esco! (fare uscire il pollice)

È bene ripetere spesso le stesse filastrocche, e ripeterle molte volte. Con la sorellina e con gli amici, Florent gioca bene a «Uno, due, tre, mano destra! «Uno, due tre, mano sinistra!…»
Oltre alla relazione con l’altro, gli piace molto battere le mani dell’altro, seguendo le regole del gioco: prima mani opposte, poi mani insieme, poi mano destra contro la sinistra, ecc.
Così, a volte, attorno a Florent si crea un’atmosfera complice: un gioco ne tira un altro. Dal pollice nascosto, si passa all’oggetto nascosto, poi si gioca a nascondino, e per finire si sceglie un lupo che va a rintanarsi, ma che dialoga con noi:

— Lupo, ci sei?
— Sì!
— Che cosa fai?
— Mi infilo le mutande!
— E ora, che fai!
— (e continuano le domande)
— E ora?
— E…Esco!

Paura e suspense… il lupo esce dalla tana e si precipita correndo e urlando. Poi arriva la mamma con un enorme scatolone che spinge verso Florent. «Ecco, un regalo per te!» Florent, molto interessato, apre lo scatolone e ci trova la sorella che recita la parte di una bambola che dorme e che pian piano si sveglia e si mette a giocare a «Bau, bau,…settete!». Poi si rovescia la scatola sopra la testa di Florent che deve camminare senza vedere. Ora la scatola viene sistemata sulla testa: è difficile per Florent camminare così, senza farla cadere! Questa è una buona ragione per tutti per provare a camminare con un oggetto sulla testa. L’ideale è un sacchetto di tela pieno di riso o di altri legumi.

Pronti a entrare in relazione attraverso canzoni, storielle, giochi con le mani

Giocare con il corpo

Qui ce spazio per ogni tipo di gioco:

  • giochi di equilibrio: camminare su pezzi (di carta o di cartone) distanziati, seguire una linea retta sul pavimento…
  • giochi di percorsi: passare sotto la tavola, salire sulla sedia, fare il giro della scrivania, uscire da una porta, rientrare dall’altra, saltare lo sgabello, passare nel tunnel (se il bambino è d’accordo. Per Florent il tunnel in uno scatolone o in un grosso tubo di plastica è fastidioso, bisogna dargli la mano, incoraggiarlo…)
  • gioco delle sedie musicali , con la musica: se si è in tanti.
  • giochi dell’immagine corporea: prendere le misure, paragonarsi, farsi piccoli piccoli, poi alti, alti…
  • giochi delle «silhouettes»: ci si allunga su un cartone mentre un altro contorna il corpo con un pennarello, poi si taglia la silhouette; gioco dello specchio; ci si sorride, ci si fanno delle smorfie, ci si tocca…
  • gioco con il soffio: carte leggere, bolle di sapone, piume, ecc.
  • strumenti musicali , pallina da ping-pong in un bicchiere
  • giochi dell’odorato, del gusto, del tatto
  • giochi del tris: bottoni, grani, pastine, legumi…
  • giochi di precisione: colpire i birilli con la palla, mirare in una scatola di cartone,© in un secchio piazzato lontano ecc.
  • gioco della cavallina, della carriola (tenuti per le gambe, camminare con le mani, ecc
  • gioco del travestimento (cappelli, scarpe troppo grandi, vestiti da donna (di una volta) per i maschi e viceversa, ecc)
Sono fondamentali i giochi con il corpo… è il fascino di rivivere quella complicità che si forma nel gioco

Alcuni di questi giochi si possono fare anche all’aperto. Ma, quando è fuori, Florent tende ancor più naturalmente a sedersi per fare lo spettatore. Malgrado ciò, approfittiamo dei suoi gusti per farlo muovere un pò.

— Tennis – quando lancia bene una palla o la sa riprendere con la racchetta, applaudiamo.
— ping-pong: idem come sopra.
— pallone : riesce a prenderlo spesso, ma ancora non sa rilanciarlo bene; tende a mandarlo a casaccio.

Ci sono poi delle cose che a Florent non piacciono; queste gli vengono proposte a piccole dosi per farlo progredire: bicicletta, pattini a rotelle, scivolo, salire sugli alberi, anche molto in basso…
Per contro, sull’altalena è sempre d’accordo per sedersi…e aspettare di essere spinto.

Giocare vuol dire diventare attivo

Tutto questo per dimostrare che si può riuscire a interessare un ragazzino molto passivo, che non giocherebbe mai da solo. Spontaneamente, prende il telecomando per vedere la tele, una cassetta per ascoltare la musica. Guarda molto i libri, le riviste, i fumetti. Quindi non possiamo dire che non faccia nulla.
Ma, normalmente, un bambino gioca spontaneamente, gioca con tutto e dappertutto. Per questo è davvero molto sconcertante per una mamma scoprire che il proprio bimbo non gioca da solo, e quando si sa l’importanza del gioco nello sviluppo del bambino, questa mamma si sente presto in colpa davanti a un figlio così passivo. Perché, se i bambini, normalmente, crescono da soli, lui bisogna «farlo» crescere. Ce bisogno allora di più tempo, più energia, più immaginazione, più forza, più disponibilità…non è così facile tutti i giorni!
Per questo il mettere insieme fratelli e sorelle, cugini e cugine, amici (che hanno un certo distacco), può offrire un dinamismo indispensabile.
Altra considerazione molto importante: non è il tempo passato ogni giorno quello che conta, ma la qualità della relazione. Giocare, forse anche solo per dieci minuti con Florent, vuol dire per lui diventare attivo per quei dieci minuti.
È soprattutto provocare in lui il desiderio. Desiderio di rivivere quella complicità che ce nel gioco: che gioia quando è lui che vi viene incontro e vi prende per il mento chiedendo: «ti tengo, ti tengo per la barbetta!» e scoppia a ridere prima di cominciare.

Marie-Claude Chivot

Cantare è giocare. Giocare è comunicare ultima modifica: 1994-06-18T14:28:54+00:00 da Redazione

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