Sono una mamma di quattro figli «sani». Mi sono sempre occupata di loro con tutto il cuore. Ora sono adulti e ognuno cammina con impegno per la sua strada. Sento però che non voglio smettere di «lavorare» e che, per quanto posso, voglio continuare a costruire. Sento che per me la strada consiste nel porre una pietra giorno dopo giorno, là dove il Signore me lo propone. Per questo sono arrivata all’ufficio di redazione di «Ombre e Luci»: è stata una Sua proposta e l’ho accettata con gioia. Ora il mio pensiero va con gratitudine costante verso tutte le persone che me l’hanno resa possibile.
Avevo fra i miei amici e parenti alcuni ragazzi portatori di handicap. Volevo loro bene e loro ne volevano a me. Sentivo che proprio per questo e per la consapevolezza delle mie stesse limitazioni io appartenevo a quel mondo e che era lì che volevo stare. Del resto ora è chiaro dentro di me che il mondo dell’handicap non è un mondo a parte, ma il mondo stesso in cui viviamo, il mondo di tutti gli esseri umani spesso così affannati, così incerti, così fragili dietro la loro violenza e prepotenza, il nostro mondo in poche parole, dove alcuni hanno piu bisogno di essere aiutati e proprio per questo devono essere aiutati.
Cercai di parlare con persone impegnate in questo lavoro, ma non ci riuscii.
Un giorno vidi «Ombre e Luci» in casa di un’amica e me ne portai a casa alcune copie. Telefonai a Mariangela ed ora sono collaboratrice del giornale. Se potessi, lavorerei lì giorno e notte. Ogni attività, ogni indirizzo, ogni possibile lettore sembrano parlarmi e dirmi storie di ssfferenza, di coraggio, di solidarietà, di comunione.
La rivista cammina: la posta la inoltra verso luoghi vicini e lontani, a persone conosciute e sconosciute. Nel nostro ufficio arrivano lettere, telefonate, visite. E come una grande famiglia. Abbiamo tanti motivi di gratitudine! Collaboratori pieni di disponibilità e di generosità, persone che si abbonano con somme molto superiori al odovuto e che ci danno la possibilità di mandare la rivista a chi non è in grado di pagare, comunità di «Fede e Luce» che si assumono l’incarico non sempre facile di inviarci gli elenchi di vecchi e nuovi abbonati e di raccogliere le somme per gli abbonamenti. E poi incoraggiamenti, consigli. Di tutto questo abbiamo bisogno, e ci sentiamo profondamente grati quando lo riceviamo. Ma il nostro lavoro a volte ci sembra una goccia in un mare di necessità, di richiami, di appelli. Noi pensiamo però che ogni goccia abbia il suo valore e ci sentiamo uniti a tutti quelli che «camminano» con le nostre stesse speranze. Il nostro lavoro allora si trasforma in preghiera.
Così, con tutte le mie limitazioni, ora mi sento piu forte, di una forza strana e misteriosa.
Abbiamo il bene di avere con noi ad aiutarci due giovani lievemente handicappati. Sono loro che, come dice Mariangela, ci richiamano costantemente al perché del nostro impegno. Sono loro che mi aiutano a «camminare» con i miei limiti, come io aiuto loro a «camminare» con i loro. Sono loro che mi danno l’esempio di come sforzarmi e crescere e amare con semplicità e verità.
Ci sentiamo benedetti perché siamo veramente tutti fratelli e sorelle e perché le leggi del mondo, a volte così dure, qui non valgono più. Malgrado tutte le nostre limitazioni e i nostri sbagli, ci sentiamo pieni di speranza.
– N. L., 1993
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.41, 1993
Sommario
10 anni di Ombre e Luci: Una grande famiglia
Più che una rivista, una grande famiglia di M. Bertolini
Eravamo soli e... siamo rinati di R. Czerwinski
Un mondo che cambia di G. De Vita
Proibito amarlo di Monica L.
Francesca e Sabrina
E ci aiutiamo a camminare di N. L.
Mio fratello nel suo guscio di Filippo R.
Laboratori
Storie di lavoro e di amicizia di M.T. Mazzarotto
Un laboratorio chiamato l'Alveare di M.T. Mazzarotto
Rubriche
Dialogo aperto
Vita Fede e Luce
Indice degli articoli di 40 numeri di Ombre e Luci
Libri
L’handicappato mentale adulto, V. Mariani
Il bambino magico, A. e F. Brauner