Gentili Signori,
il soggiorno di quindici giorni di vostro figlio nella nostra comunità è terminato ed è con gioia che vi mando questa lettera.
Vi confesso che gli vogliamo molto bene. Con il suo fascino tutto speciale ha saputo conquistare il cuore di tutti. Forse per quel suo sorriso disarmante anche quando ha fatto una sciocchezza?… o per la sua gioia in particolari occasioni?… per la sua estrema semplicità?… Non lo so. Ma siamo stati incantati dalle sue qualità di cuore. Da un altro punto di vista, se consideriamo
il suo lavoro e il suo rendimento, i risultati puri e semplici sono mediocri. O meglio, se consideriamo le sue possibilità, il lavoro di Renato è del tutto soddisfacente, ma le sue possibilità sono molto limitate. Il suo handicap non gli permetterà mai di fare un lavoro come gli altri.
So che questo vi farà soffrire. Voi avete — avevate — una speranza così grande di vederlo «integrarsi nella società», essere «come tutti gli altri » come è accaduto ai suoi fratelli e alle sue sorelle.
Ma non credo che questo sia possibile. Nel nostro laboratorio di sacchi di carta si è dimostrato abbastanza abile, ma il suo rendimento non potrà mai raggiungere ciò che normalmente si richiede in una fabbrica o in un laboratorio di tipo commerciale.
In compenso, il suo buon umore e la sua allegria hanno arricchito tutti. Dopo la prima settimana passata in questo laboratorio, ha fatto pratica in quello del mosaico. Anche lì è stato molto lento (tanto più che questo è un genere di artigianato che richiede un lungo tirocinio) ma ha dimostrato uno straordinario senso dei colori e delle armonie, molto al di sopra della maggioranza degli studenti che conosco. Sì, credo proprio che Renato troverà il suo posto fra noi e che potrà svilupparsi in tutte le dimensioni della sua persona con il suo ritmo specifico.
Non possiamo certamente prevedere l’avvenire in tutti i dettagli. Ma visto che avete chiesto la mia opinione, vi dirò che probabilmente vostro figlio dovrà restare sempre in un ambiente protetto.
In fondo però l’importante per voi, per noi qui, e soprattutto per il vostro Renato, è che sia felice e pieno di vita. Non chiudiamoci in un preconcetto come «la necessità assoluta che sia integrato, autonomo, capace di esercitare un mestiere come tutti gli altri. » L’importante non è questo. L’importante è un’altra cosa: la sua felicità personale. In questa comunità è contento come se fosse a casa vostra; nel nostro ambiente protetto il lavoro che fa, secondo il suo ritmo, lo rende felice. E evidente che da parte nostra faremo tutto il possibile per aiutarlo a raggiungere l’autonomia di cui è capace (sono certo che in questo campo può fare ancora molti progressi) e ad arrivare, a suo modo, ad una vita quasi professionale.
La vocazione di Renato è quella di essere felice e di esprimersi; ma in maniera diversa dai suoi fratelli e dalle sue sorelle. Loro sono efficienti e «capaci». Sul piano della ragione e del rendimento Renato è certamente inferiore a loro, ma lo è anche per quanto riguarda il cuore? Non oso dire niente sui suoi fratelli e sorelle perché non li conosco, ma posso assicurarvi che egli ha maggiori qualità di cuore di molte persone considerate «normali». La sua delicatezza, la sua generosità (i suoi pacchetti di sigarette si vuotano con stupefacente rapidità per regali ai suoi compagni), la sua gioia nell’amicizia, la sua semplicità, la sua purezza, sono raggi di sole non solo per i compagni ma per gli educatori e gli assistenti. Sento veramente il bisogno di congratularmi con voi. L’avete educato in modo meraviglioso. Se lo si giudica sul rendimento e sul lavoro sarà sempre inferiore (anche se per miracolo si arrivasse ad «integrarlo») ma se lo si considera secondo i valori profondi del cuore, è molto al di sopra della media delle persone. Evidentemente questa è la sua vocazione sulla terra: essere quell’elemento di pace che con la dolcezza, la delicatezza, la semplicità, attira le persone e crea un’atmosfera di unità.
Vi assicuro che potete essere orgogliosi di lui.
Non consideratelo in funzione dei valori esaltati dalla società o su quello che dice la gente, ma osservatelo per se stesso e in rapporto a Dio e ai valori eterni dell’amore.
Sì, Renato ha un suo particolare destino. E una persona nel pieno significato della parola. Per tutti noi e soprattutto per Dio, è una persona unica e di grande importanza. Dobbiamo perciò «ascoltare» il suo essere, riconoscere i suoi bisogni profondi e aiutarlo ad assecondarli offrendogli l’ambiente di vita che è necessario a questo scopo. Né voi né noi dobbiamo cercare di formarlo o di forgiarlo secondo un piano preconcetto, imitando, e male, l’uomo detto «>normale». Bisogna che il vostro Renato VIVA. La VITA è una cosa personale e soprattutto interiore.
Quando avremo un posto disponibile nel nostro Centro, lo prenderemo. Sapete pero’ come è lunga la lista di attesa. Abbiate fiducia malgrado tutto! In ogni caso, se entro un anno non potremo accoglierlo in modo definitivo, cercheremo di ospitarlo per un altro soggiorno di due settimane.
I miei più cordiali saluti.
– Jean Vanier (O e L, n. 3), 1993
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.43, 1993
Sommario
Editoriale
Si fa sera di Mariangela Bertolini
Se la notte è agitata
Prima di andare a letto intervista a M.Réthoré
Se dorme male di D. Laplane
Di notte bagna... di P. Lemoine
Io grido verso te
Altri Articoli
Imparando a vivere bene con Jimmy di M.S. Tomaro
Viviamo da soli intervista a Romolo e Remo
Quando i genitori si rimboccano le maniche di Antonio e Milena
Ce l'abbiamo fatta di Milena
Rubriche
Dialogo aperto
Vita Fede e Luce
Proviamo un'altra volta
Libri
Cammino di preghiera, M. Quoist
Esploderà la vita, AA.VV.
La cinquataseiesima colonna, M.Gillini e M.Tonni
La forza del debole, E. Robertson