Nel giugno 1864 Padre Jean-Joseph Lataste predicò, in un ritiro di quattro giorni, alle detenute del carcere della città dove era nato, Cadillac sur-Garonne, in Francia. Era la prima volta che ciò avveniva in quel carcere dove quasi quattrocento donne vivevano nelle condizioni più avvilenti.
Padre Lataste era un domenicano, da poco più di un anno aveva ricevuto gli ordini e la figura di Maria Maddalena era stata la sua ispiratrice fin dagli tempo del noviziato. Quando si trovò davanti alle detenute egli le chiamò sorelle e disse loro che Dio le amava come amava tutti gli altri figli, e che dal momento in cui si sarebbero riconciliate con Lui esse sarebbero state innocenti.
Disse: «Dio non ci chiede che cosa siamo stati ma guarda ciò che siamo» e aggiunse che se invece di subire la violenza del carcere, esse la «sceglievano» per amore del Signore, trasformando in un bene, il male che avevano fatto e che avevano ricevuto nella loro vita, avrebbero potuto essere più preziose delle claustrali. La risposta delle detenute fu totale, appassionata, colma di gioia. Alla fine del ritiro ci fu una notte di adorazione del Santissimo. «Non riuscii a convincerle ad andare riposare, scrisse in una lettera Padre Lataste, fin quando, trascorsa la metà della notte, furono sostituite dalle altre duecento che avevano atteso con impazienza il loro turno. Molte, l’indomani, mi confessarono che non avevano potuto dormire per la felicità». Da quel momento Padre Lataste ebbe un solo pensiero, quello di creare delle comunità dove queste donne, cui in quell’epoca veniva rifiutata l’autorizzazione ad entrare in un ordine religioso, potessero offrire totalmente la loro vita al Signore. Egli pensò a un ordine contemplativo, quello femminile di S. Domenico, e ad una comunità, quella delle domenicane di Betania, dove convivessero suore provenienti da ambienti normali e suore che avessero sofferto delle emarginazioni più diverse, il carcere, la droga, la prostituzione, l’alcolismo. Tutte avrebbero messo da parte il passato: non se ne sarebbe parlato mai più. Non lo si sarebbe neppure conosciuto tra consorelle. E se una ferita lontana fosse tornata a sanguinare soltanto la Priora lo avrebbe saputo.
Tutte si sarebbero dedicate unicamente ad imparare ad amare, a porre il Vangelo delle Beatitudini al centro della loro vita. «Non si riparte da zero, si dice a Betania, ma si può ripartire come nuovi». La prima fondazione nacque così nel 1866, con difficoltà enormi per quella che, dati i tempi, fu considerata un’audacia senza pari. Da quei giorni le comunità si sono moltiplicate, la loro ricerca spirituale si è diffusa.
Oggi alcune suore escono per andare nelle carceri, fra gli emarginati, e quando ritornano mettono tra le mani delle consorelle tutte le sventure, le sofferenze, le ingiustizie che hanno incontrato nel loro cammino, per deporle tutte insieme davanti al Signore e tutte insieme partecipare all’opera. E una spiritualità tutta nuova, fatta di azione e di contemplazione, una spiritualità che, da quei conventi silenziosi, giunge fino a noi come stimolo, canto, incoraggiamento.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.44, 1993
Sommario
Editoriale
Segni di speranza di M. Bertolini
Speciale: Segni di speranza
Florent nella scuola italiana di M. C. Chivot
Costruire la capacità di sperare (in un ospedale psichiatrico) di N. Livi
Due piccole isole di luce di N. Schulthes
La fede si vive: così si impara di S. Sciascia
Dare loro una vita normale di A. Beretta
Imparando a vivere bene con Jimmy - 2° partedi M. S. Tomaro
Rubriche
Dialogo aperto
Vita Fede e Luce
Proviamo un'altra volta: Sesso e affetto
Libri
È nato un bambino Down
Appuntamento con maria maddalena, E. Marie