Roberta, 28 anni, secondo il suo certificato di invalidità è limitata da «modesta oligofrenia in soggetto con polidismorfismo», conseguenza di una lesione cerebrale «di modico grado», che le ha portato un «deficit delle prestazioni intellettive» e un «incoordinamento motorio». Inoltre ha una malformazione renale che col tempo le ha causato un diabete insipido.
Roberta nacque di 6 mesi e 10 giorni, prematura e immatura: pesava un chilo. Passò i primi quattro mesi in incubatrice. Portata a casa, aveva attacchi di febbre di cui non si capiva la causa (sarebbe poi stata individuata nell’azotemia alta, conseguenza della malformazione renale). A 10 mesi un forte attacco di convulsioni. Portata in ospedale, fu addormentata col cloralio idrato in sala operatoria. In conseguenza manifestò un regresso: poteva stare solo supina.
Roberta è stata aiutata nel crescere da molte figure professionali, quasi tutte femminili.
Appena tornata a casa fu assistita da una puericultrice nel tempo in cui la madre, che doveva lavorare, era fuori casa. La giovane usciva dalla scuola per puericultrici di asilo dell’OMNI — Opera Nazionale Maternità e Infanzia — oggi abolita. Questa puericultrice restò sette anni e mezzo, finché si sposò. Per Roberta fu una vicemadre.
Il pediatra prof. Bucci la indirizzò al neuro-psichiatra infantile prof. Bollea. Questi l’affidò in seguito alla sua assistente prof.ssa Marinella Rosano, dal carattere difficile ma molto competente: con lei si sarebbe stabilito un vero rapporto di amicizia. Ella ha seguito Roberta con dei piani successivi di trattamento — basati sul metodo Dooman — che la madre, Enrica, provvedeva a eseguire in casa, servendosi di ragazze che facevano l’ultimo anno di fisioterapia e cercavano i primi lavoretti. Queste fisioterapiste erano segnalate dalla stessa prof.ssa Rosano.
Dunque Roberta ha fatto molta terapia fisica. Dopo la prima puericultrice in casa, Roberta ne ebbe una seconda rivelatasi inadatta e quindi una terza con diploma di maestra d’asilo. Infine, da molti anni, ha una signora senza particolare preparazione con la quale si è stabilito un rapporto di fiducia e di affetto.
Fuori casa, Roberta fu prima inserita nel piccolo asilo di una scuola «Montessori». Ne trasse giovamento soprattutto sotto il profilo della socializzazione. Quando si trattò di passare alla scuola elementare, fu respinta «perché la struttura non era adatta ad accoglierla». Dopo varie ricerche in scuole pubbliche e private per trovare quella adatta, fu accolta da un piccolo gruppo (chiamato Nucleo Volontario per l’Integrazione del Bambino) guidato da Antonietta Boscherini. A questo gruppo Roberta deve quel che sa di lettura e scrittura: la sua maestra era una appassionata autodidatta. Il gruppo faceva scuola solo a bambini con difficoltà.
Roberta passò a una scuola speciale, che si rivelò assolutamente inadatta, vi restò pochissimo; quindi passò a una costosa scuola privata normale, «Scuola Attiva», che l’accolse senza problemi e le fu utilissima quanto a socializzazione, assai meno per l’apprendimento. Vi rimase fino alla terza media. Intanto, sul piano fisico, oltre alle visite periodiche dalla prof.ssa Rosano, Roberta faceva (volentieri) molta ginnastica generale in palestra insieme ad altri normali, con qualche minuto in più dedicato ad alcuni esercizi di ginnastica correttiva.
Finita la scuola, la madre si impegnò a mettere in piedi un tirocinio di lavoro in un asilo nido presso casa. In questo fu di grande aiuto l’assistente sociosanitaria della USL-Roma 2, Paola Romagna, di gran capacità professionale: la persona giusta in un servizio insufficiente.
Bisogna dire che dietro questa successione di esperienze educative e di interventi generalmente positivi, c’è stato un grande lavoro di ricerca e di appoggio della madre dotata di notevole personalità e cultura.
Oggi Roberta esce due volte la settimana con Anna Maria Blasetti, giovane psicoioga, che le è amica ed è umanamente preziosa e capace.
Il tirocinio nell’asilo nido, durato quasi sei anni, si è poi trasformato in lavoro che dura ormai da due anni e che Roberta fa molto volentieri.
E stato importantissimo il rapporto con Fede e Luce, specie con la sua amica Carola Granati. Carola, lasciato il suo lavoretto accompagnava Roberta nel primo anno di tirocinio all’asilo nido per insegnare al personale a non aver paura di lei.
Oggi, dice la prof.ssa Rosano, Roberta è la ragazza da guardare nei momenti di sconforto, per ricordare quanto si può ottenere lavorando insieme, malgrado le limitazioni imposte dall’handicap.
– Sergio Sciascia, 1992
Sergio Sciascia, nasce a Torino nel 1937 ma si trasferisce a Roma con la famiglia pochi anni dopo. Fin da piccolo manifesta una spiccata passione per lo scrivere e per il capire le cose che lo circondano, e di questi due aspetti farà il mestiere di una vita. Una collega, amica della primissima Fede e Luce romana, mette in contatto Sergio con Mariangela Bertolini e con l’idea di trasformare il ciclostilato “Insieme”che legava le poche comunità italiane di Fede e Luce in qualcosa di più. Era l’autunno del 1981. Nasceva Ombre e Luci e Sergio accettava di esserne il direttore responsabile.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.39, 1992
Sommario
Editoriale
Oltre la famiglia: gli specialisti, gli amici di M. Bertolini
Articoli
Lelia di N.Schulthes
Giacomo di M.T. Mazzarotto
Roberta di S. Sciascia
Viviana di C. Frassineti
Come essere amici
Le schede: gli specialisti
Chi aiuta la famiglia: gli specialisti
Rubriche
Libri
La pazzia e l'amore, Gertrud Schwing
L’ascolto che guarisce, AA.VV.
Giobbe, perché? - Dialogo di una madre , Janine Chanteur
Quando la crisi insegna a vivere, Erika Schuchardt