Questo libro raccoglie una selezione di dodici autobiografie di persone «handicappate» e «disabili», scelte inizialmente da un dossier di 131 scritti, poi ampliatosi ad oltre 250.
Erika Schuchardt, l’autrice del libro, è insegnante di Pedagogia all’Università di Hannover e da molti anni si dedica all’integrazione sociale degli «svantaggiati» in molteplici attività educative, didattiche (ricerca teoretica universitaria) ed ecclesiali.
In questi scritti biografici, le persone che sono state colpite dagli handicap più noti (fisici, psichici, mentali), ma anche da cancro, sclerosi multipla e da altre condizioni critiche, raccontano le proprie sconvolgenti esperienze liberamente, senza reticenze. (In alcuni casi sono i genitori a raccontare della scoperta di un handicap nel proprio figlio e delle crisi e dei molteplici tentativi di superamento di una situazione esistenziale così diversa dal razionale e ordinato «modus vivendi» dei «sani» e degli «abili»).
La maggioranza degli autori è costituita da donne, forse perché è il sesso femminile a sentire maggiormente il peso di una condizione critica, dell’isolamento e quindi il bisogno di cercare sollievo.

Questo libro si rivolge sia a chi vive in prima persona il proprio handicap o quello di qualcuno dei propri cari, sia anche ai «non disabili» perché trovino più giustificazioni a non saper adottare maggiore sensibilità e disponibilità di fronte a situazioni di dolore e angoscia esistenziale, che così frequentemente si presentano davanti ai loro occhi nei rapporti di lavoro, nella vita quotidiana.
E anche vero, come risulta da tutte queste biografie, che il primo passo verso l’integrazione spetta all’handicappato stesso come soggetto, ma l’ideale sarebbe che i primi passi fossero compiuti insieme contemporaneamente sia da parte dei «sani» che degli «svantaggiati» per raggiungere un mutuo incontro, l’inizio di un dialogo.
Erika Schuchardt, nell’introduzione alle biografie, delinea i problemi fondamentali di fronte ai quali si trovano i portatori di handicap o i loro familiari.

Il primo problema è il confronto psico-sociale dell’esistenza dell’handicappato nella vita quotidiana.
E fondamentale l’accettazione delle dure limitazioni che hanno cambiato il proprio Io e, in alcuni casi, lo sforzo interiore di riuscire a vivere con distacco dalle limitazioni stesse.
Il secondo problema è la silenziosa emarginazione dei « disabili » — da parte delle persone del loro ambiente — sul lavoro, nell’impiego del tempo libero, tra vicini di casa, in pubblico.

La nostra società, con i suoi metri di valutazione basati sul profitto, sul successo, su canoni estetici convenzionali e superficiali, tende ad erigere un muro nei confronti degli «svantaggiati» e ad emarginarli sempre più. I medici stessi, che dovrebbero essere maestri che permettono ad una vita stravolta di trovare la via per una rinascita, spesso si limitano ad essere dei «consolatori», che cercano di annacquare la dura verità, invece che esserne compartecipi assertori. II terzo problema è il non desistere, nonostante gli insuccessi e la quasi totale mancanza di « compagni di viaggio», dalla ricerca d’un modello di esistenza rinnovato e dall’accettazione ed elaborazione della propria crisi.
Il confronto con le innumerevoli difficoltà quotidiane e la ricerca, prima confusa e caotica, poi più costruttiva ed interiorizzata, di un significato alla propria esistenza, liberano forze che durano per tutta la vita.
A molti di questi autori è riuscito costruire un valore nuovo al proprio esistere, dedicandosi ad altre persone «disabili» ed anche assumendosi per loro gravose responsabilità.

Le dodici biografie sono altrettante preziose testimonianze di persone « svantaggiate » — o di loro parenti —, che, per elaborare e convivere con la propria crisi, hanno affrontato vicende molto diverse tra loro, questo sia per la differente estrazione sociale che per il differente grado di istruzione individuale.
Comunque tutte queste storie sono orientate verso una mutata concezione di vita, dalla biografia di Iosef Forster, giovane operaio, che, ammalatosi di sclerosi multipla, deve percorrere una lunga strada prima di poter guardare in faccia la dura verità, incontrando nei medici dei « consolatori » o degli « occultatori » della sua vera malattia; alla vicenda di Birgit Poli, una ragazza spastica, che descrive il comportamento contraddittorio delle persone del suo ambiente; al racconto di Dagmar von Mutius, libraia sessantatreenne, che paiono come comunicazioni da «stanze senza specchi», dove la malattia e l’anima sono qualcosa di « diverso », così come « diverso » immaginiamo sia il Dio in cui crediamo.

Pietro Ciampi, 1992

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.39, 1992

Sommario

Editoriale

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La pazzia e l'amore, Gertrud Schwing
L’ascolto che guarisce, AA.VV.
Giobbe, perché? - Dialogo di una madre , Janine Chanteur
Quando la crisi insegna a vivere, Erika Schuchardt

Quando la crisi insegna a vivere – Esperienza positiva del dolore ultima modifica: 1992-06-06T10:00:07+00:00 da Redazione

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