È molto difficile parlare in modo esauriente di questo libro dal tema così complesso, un libro così denso di insegnamento e di pensiero. Non si può che invitare caldamente a leggerlo tutti coloro che soffrono o che si sentono chiamati ad essere vicini a chi soffre.
E l’opera più recente di Padre Henri Bissonnier docente di psicopatologia e di psicopedagogia all’Università di Lovanio e presso l’Istituto Cattolico di Parigi, uno dei pionieri della catechesi per gli handicappati. E un uomo che ha conosciuto da vicino la sofferenza sia per averla vissuta personalmente sia per aver dedicato a chi soffre la sua vita intera.
In questo libro egli ne afferma e ne analizza il significato e il valore, fatti reali, ma difficili ad essere compresi e accettati. Egli dedica la prima parte del volume alle connessioni tra «vissuto patologico e vita spirituale» e distingue la sofferenza, che è il vissuto derivante dalla coscienza di un male fisico, psichico o sociale, dal dolore che da quel male deriva. Mentre il dolore deve essere combattuto con tutti i mezzi terapeutici possibili, la sofferenza è una prova dove ognuno viene messo a confronto con la propria capacità di trasformare in un bene ciò che obiettivamente è un male. Nella seconda parte del libro, intitolata «Psicopatologia e vita spirituale» Padre Bissonnier si chiede: «Dopo avere detto ciò che è stato scritto riguardo al vissuto di sofferenza in genere, come potremmo, senza trattare il problema della coscienza, porci valide domande sul se e sul come tale vissuto possa venir sperimentato dai malati e cerebrolesi?».
Di qui l’esame delle psicopatologie più diverse e la domanda se sia possibile in tali casi una vita spirituale e di perfezione che in alcune persone arrivi alla santità. La risposta è affermativa e non possiamo che rimandare il lettore a quelle pagine tanto illuminate ed esaurienti. Sono pagine dove a volte sentiamo l’autore quasi titubante a parlare di un mistero così grande come quello del dolore e delle sue ripercussioni sulla persona. Ma egli non si arresta: sa che le sue parole sono attese e debbono rendere chiaro — e fedele — il comportamento di ognuno di noi di fronte alle nostre sofferenze e alle sofferenze dei nostri fratelli. La fedeltà consiste nel mantenere incessantemente lo sguardo su ciò che è più profondo nella persona umana, il soffio dello Spirito nella sua realtà di creatura di Dio, nella sua unicità e nel suo destino.
– Natalia Livi, 1992
Natalia Livi, è stata una delle storiche collaboratrici di Ombre e Luci. Ha contribuito alla rivista dal 1991 al 2004.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.39, 1992
Sommario
Articoli
Lasciateli venire a me di M. Bertolini
Perché nessuno sia dimenticato di Henri Bissonier
La prima comunione di Flaminia ci ha fatto crescere di A. Aluffi De Rita
Maria, la mia figlioccia di Anna
Essere padrino ha cambiato la mia vita di Carole
Temevo di non essere accettata come catechista di G. Valmarin
Come rendere viva la Messa di P. N. Simard
Testi e sussidi per la Catechesi alle persone disabili di Redazione
Anche io sono diventata suora di Susanna
La cresima di Marco
Si è aperta una finestra nella nostra vita di P. e M. Coralli
Davvero lo spirito del Signore è su Marco di S. Boccaccio
Rubriche
Dialogo aperto
Vita Fede e Luce
Libri
E la vita esploderà, AA. VV.
Psicopatologia e vita spirituale, H. Bissonier
Persone handicappate mentali. Quale Catechesi?, AA. VV