Franco è un ragazzo Down. Ha 37 anni e da circa 15 lavora, come giardiniere, al Velodromo di Roma.
Non è stato facile raggiungere questo traguardo e l’episodio che ci fece capire che era potenzialmente capace di fare molto di più di quello che speravamo, accadde molti anni fa.
Franco aveva allora sette anni e un mattino di un giorno qualunque Carla si dava da fare in cucina per preparargli la colazione perché dopo poco si sarebbe alzato, affamato, come sempre. Non si accorse che invece era già in piedi e la stava osservando appoggiato alla porta.
«Oh, Dio mio» disse a un tratto «Mi sono dimenticata dei biscotti, ora che gli do a quello?» e, nella vana speranza di trovarne qualcuno, si mise a rovistare nei mobili. Nel frattempo, Franco, non visto, era corso in camera aveva preso il borsellino e, aperta la porta, aveva tolto la chiave e richiusala dietro di sé era sceso in strada andando verso il negozio sotto casa.
Trovandosi chiusa dentro e non vedendo Franco, Carla si affacciò al balcone ma non vide niente. Chiamò inutilmente il portiere o qualcuno e rimase in stato di immaginabile agitazione fino a quando sentì la chiave girare nella porta e Franco apparve trionfante tenendo in una mano le chiavi e nell’altra i biscotti e il borsellino.
In quel momento, passata la paura, Carla intuì che Franco poteva fare qualcosa di più e, con un coraggio che in principio io non condividevo, incominciò a mandarlo da solo verso il Bus che lo portava alla scuola Mameli, alla sera, si nascondeva per vedere se era capace di trovare la strada di casa. Ce la faceva benissimo. Carla lo seguiva non vista, pronta ad intervenire per ogni evenienza. Anche i miei dubbi caddero e quando, finita la scuola, fu ammesso nel centro Anffas di Villa Pamphili, si comportò in modo tale che l’équipe medica e quella direzionale ci comunicarono che poteva essere inserito in una struttura pubblica per un tirocinio di lavoro protetto. Vista la gioia con la quale Franco apprese la notizia accettammo questa proposta e, da allora e per sette anni egli fu felice di partecipare ad un lavoro insieme con operai stabilendo con essi un rapporto di simpatia e collaborazione. Infine, per l’intervento dell’Anffas e la comprensione del Coni fu regolarmente assunto, come giardiniere da una ditta che aveva in appalto la manutenzione delle strutture dove aveva lavorato fino a quel giorno.
A questo punto sorsero delle perplessità; d’ora in avanti bisognava rispettare scrupolosamente un orario e avere a che fare con gente che non sempre poteva capire i suoi problemi. Franco però era entusiasta di questa nuova possibilità e fu proprio la sua decisa volontà di continuare, migliorando il cammino intrapreso, che ci convinse ad accettare.
Oggi è felice di alzarsi al mattino prima delle sei per andare a lavoro e, qualche volta, è giunto al punto di nascondere un malessere pur di non restare a casa. Si sente importante, cammina in mezzo alla gente al pari di tutti ed è consapevole di aver raggiunto una insperata parità.
Quando arrivò a casa con il suo primo stipendio guardava deluso e con sospetto l’assegno circolare al quale non dava alcun valore.
Gli dissi: «Giralo che te 10 cambio». Mi guardò, lo voltò e tornò a guardarmi.
«No, devi scrivere dietro 11 tuo nome e cognome». Eseguì e quando vide quel foglietto trasformarsi in tanta carta moneta rimase meravigliato come Pietro davanti al miracolo dei pesci. Oggi sa benissimo che, grazie a un marchingegno economico, quel foglietto può trasformarsi in moneta e l’assegno me lo dà, già firmato, controllando che il corrispettivo sia esatto.
Molte cose ha imparato e tra queste anche ad affrontare problemi di varia natura che talvolta sono sorti nell’ambiente del lavoro come incomprensione e anche, raramente però, rifiuto da parte di colleghi e superiori, del suo stato. Tutto ciò rientrava nelle previsioni, ma Franco si è sempre difeso benissimo ed è riuscito con il suo carattere estroverso e pieno di affetto per tutti, a superare ogni ostacolo e a suscitare una tale simpatia che qualcuno mi ha detto che Franco è diventato la persona più conosciuta tra il personale del Velodromo.
A conclusione del discorso vorrei rivolgermi ai genitori che hanno lo stesso nostro problema, dicendo loro che non bisogna disperare. Si può ricavare da questi ragazzi ciò che sembra impensabile trattandoli con tanto amore e facendoli partecipare alla vita di tutti i giorni come tutti gli altri.
Bisogna dare loro la possibilità di incontrarsi con amici e coetanei perché è da essi che imparano ciò che noi genitori non potremo mai insegnare.
Io ringrazio, in modo particolare, gli amici di Fede e Luce che con la loro disponibilità danno ai nostri ragazzi molti stimoli di emulazione e apprendimento. Non credo troppo ai miracoli, ma, quando vedo Franco tornare felice dal suo lavoro e ripenso alla prospettiva di vita che mi si poneva quando ho saputo la verità sul suo stato, chino la testa e ringrazio Dio.
– Rino Perozzi, 1991
Sergio Sciascia, nasce a Torino nel 1937 ma si trasferisce a Roma con la famiglia pochi anni dopo. Fin da piccolo manifesta una spiccata passione per lo scrivere e per il capire le cose che lo circondano, e di questi due aspetti farà il mestiere di una vita. Una collega, amica della primissima Fede e Luce romana, mette in contatto Sergio con Mariangela Bertolini e con l’idea di trasformare il ciclostilato “Insieme”che legava le poche comunità italiane di Fede e Luce in qualcosa di più. Era l’autunno del 1981. Nasceva Ombre e Luci e Sergio accettava di esserne il direttore responsabile.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.34, 1991
Sommario
Lavorare con gli altri di Mariangela Bertolini
In fabbrica è una bella fatica di Lucia Cesarini
Meglio stanco che annoiato di Francesco Bertolini
Il più popolare al velodromo di Rino Perozzi
Sergio è un buon giardiniere di Nicole Schulthes
Oggi è dei nostri da O. et L. n.93
È sempre disponibile di Nicole Schulthes
Centro di Formazione Professionale Primavalle: un territorio, molti progetti di Natalia Livi
Rubriche
Dialogo aperto
Vita Fede e Luce - Che settimana! di S. Sciascia
Libri
Educare al servizio di Carlo Maria Martini
Storia di un filo d'erba di M. Bettassa