Mi è sempre piaciuto scrivere, osservare e raccontare la vita della gente,ma quando il soggetto principale sono io tutto diventa più complicato. È così difficile esprimere in due cartelle dattiloscritte la personalità e il carattere di un individuo. Soprattutto quando si parla a qualcuno che non si vede. Vorrà dire che farò finta di scrivere a degli amici di penna con i quali l’unico contatto è quello epistolare.
Io sono nata con un gravissimo deficit e questa situazione ha completamente influenzato e sconvolto l’esistenza della mia famiglia e ovviamente la mia. I miei genitori si sono trovati a doversi occupare della loro creatura che sarebbe per sempre e totalmente dipesa fisicamente da loro. È immaginabile quali sentimenti di angoscia e frustrazione si sono impossessati di loro. Nonostante tutto sembrasse irrecuperabile loro hanno creduto in me e mi hanno dato la possibilità di studiare fino alla laurea e di trascorrere una vita abbastanza simile a quella dei miei coetanei. Di tutto questo sono loro immensamente grata e riconoscente.
I miei interessi non si limitano allo studio, io amo moltissimo tutto quello che mi permette di vivere con gli altri e per gli altri. Nonostante il mio gravissimo svantaggio sono riuscita ad inserirmi attivamente nella mia parrocchia come catechista ed, in genere, nel mio quartiere. Tento di trovare sempre attività interessanti e utili da compiere, anche se, ovviamente, compatibilmente con le mie capacità. Non sempre ciò è possibile perché vi sono ancora molti pregiudizi sui disabili, che vengono considerati spesso eterni bambini e non uomini e donne seri e responsabili.
Prima di concludere però mi piacerebbe parlarvi di u na parte importantissima, anzi fondamentale della mia esistenza. A percorrere questa strada durissima e faticosissima non sono sola: oltre che con i miei cari genitori ogni mio avvenimento bello o brutto, grande o piccolo è condiviso con i miei amici. Gli stupendi sentimenti che hanno loro verso di me mi compensano di tutti i problemi che ho. Sono così orgogliosa di loro perché in questi anni ho potuto vedere in ognuno tanta sincerità e spontaneità che sono le vere basi dell’amicizia.
Non so come riuscire a spiegarvi il rapporto paritario che intercorre fra di noi: non c’è solo un aiuto, un consiglio, un appoggio loro verso di me, ma anche di me verso di loro. Sembra una situazione utopica ma pian piano la stiamo veramente realizzando. E se in futuro i ragazzi che mi circondano saranno dei bravi medici o ricercatori interessati a scoprire e a risolvere il perché dei deficit, se saranno architetti o ingegneri pronti a Ho avuto la fortuna di non subire il pietismo e la condiscendenza che tanti handicappati ricevono progettare costruzioni senza barriere architettoniche, legislatori che vareranno leggi anche per chi è meno fortunato, o più semplice mente padri e madri che insegneranno ai loro figli a cercare, in chi sta loro accanto, non gli attributi che mancano ma i talenti che hanno, allora tutte le lotte e i dispiaceri e i problemi che la gente come me affronta quotidianamente avranno un senso.
Spero che leggendo queste righe non penserete alla classica vicenda della ragazza serena, tranquilla e felice che affronta con coraggio e santità il proprio handicap: sarebbe piuttosto riduttivo e irreale come risultato. Posso assicurare che desidererei immensamente essere in un’altra situazione e trascorrere una quotidianità normale, anzi magari perfino banale. Il destino ha scelto per me diversamente e quindi mi tocca affrontare giorno per giorno quello che viene, senza pensare a come sarebbe la mia vita se fosse andata in modo diverso. Anche perché magari non sarei la stessa donna con il carattere che chi mi circonda a ma. Certamente posso dire che questa è ben lungi dall’essere rassegnazione.
Mi è stato chiesto di scrivere queste pagine per aiutare e confortare gli altri con i miei stessi problemi. Non ho assolutamente il diritto di insegnare niente a nessuno, anche perché le disgrazie altrui non hanno mai fatto dimenticare le proprie. L’unica cosa che posso consigliare è di aprirsi il più possibile agli altri e di non essere noi stessi handicap pati pieni di pregiudizi verso i cosiddetti “normali”.
Bene, a quanto pare sono riuscita a scrivere questa lettera ai miei immaginari amici di penna, ma chissà, forse non resteranno poi così immaginari.
– Gaia Valmarin, 1990
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.32, 1990
Sommario
Lezione di danza insieme di Mariangela Bertolini
Abib, Mohamed, Naima
Accogliere un bambino autistico di Beatrice Frank
Io sono una come voi: una mamma
Preghiera della malattia
Una passegiata in campagna di Gilberte Roger
Chi ha avuto paura fa gratis un altro giro di Riccardo Guglielmin
Ma non sono sola di Gaia Valmarin
Malattia mentale e legge di Sergio Sciascia
Malattia mentale - Una soluzione giusta di Sergio Sciascia
Rubriche
Libri
Il tuo nome è Olga di J. M. Espinàs
Il corpo spezzato di J. Vanier
Bibliografia italiana sui disturbi dell'Udito, della Vista e del Linguaggio di S. Legati