Paolo è affetto da tetraparesi spastica con atetosi (1) . L’articolo che segue è stato scritto con una macchina da scrivere elettrica e un casco, munito di un punteruolo, con cui egli batte sui tasti; questo perché non può controllare i movimenti del suo corpo, e quindi non usa le mani per scrivere.
Io sono la «ragazzina», Patrizia, di cui Paolo parla; sono assistente domiciliare, come Gianluca. Io sto con Paolo durante i mesi scolastici, la mattina; mentre Gianluca lo segue nel pomeriggio e durante l’anno scolastico, lo aiuta a studiare. Il mio lavoro consiste nello stare accanto a lui, segnare i compiti, prendere appunti, portargli la macchina da scrivere e aiutarlo durante le interrogazioni, dargli la merenda, aiutarlo a camminmare nei momenti di pausa. A me piace molto lavorare con Paolo, è una persona con cui tutti stanno bene. Stando con Paolo, ho imparato molte cose, dalla educazione alla diversità. La nostra visione del mondo, è differenziata, poiché, per esempio, Paolo lo osserva da una carrozzina, con un corpo che spesso fa quello che lui non vuole, mentre io lo osservo come una padrona del proprio corpo.
La mia, naturalmente, è la prospettiva del più forte, perché è quella della maggioranza e perché è quella più potente. Grazie alla mia esperienza con Paolo, mi accorgo che, anche per chi considera il rispetto della diversità come un valore da difendere, è sempre in agguato il rischio di uniformare al proprio, il mondo dell’altro. Rischio tanto più grande, quanto più l’altro prova difficoltà a esprimersi, o è più debole. Riconoscere il rischio, confrontarsi con esso sono le basi da cui partire per costruire, insieme, un mondo di tutti.
(1) Atetosi: dal greco, «non connesso». I movimenti delle membra, specie le estremità, si muovono diversamente dalla volontà della persona.
Mi presento. Ciao, sono Paolo. Frequento il liceo classico. Io sono nato a Roma, all’ospedale S. Camillo, è là che mi hanno fatto quel bel capolavoro… ed eccomi qui.
Ho 21 anni, ho vissuto per 12 anni a Opera (Mi), e sono rientrato a Roma, per un futuro.
Ho perso Michele, mio padre, a causa di un tumore.
La mia esperienza scolastica è stata bellissima al ginnasio, ma i veri problemi sono incominciati in primo liceo, il disaccordo, o per meglio dire l’astio con quelli che stanno sulla cattedra… meglio che sto zitto! Ma i miei ex compagni sono stupendi; poi, crescendo, purtroppo, si guasteranno, spero di no.
Adesso sto in un’altra classe; il rapporto è apertissimo con i compagni e con i professori.
Ho purtroppo dovuto lasciare un amore… nei miei confronti era stupenda e mi dava i baci e io incominciavo a volare. Un giorno siamo andati a Pitigliano (Gr), con Patrizia, soprannominata «ragazzina». Se la facevo prima la gita mi coccolavo il mio amore. L’unico mio desiderio è di vincere al totocalcio e di fare una crociera non con Patrizia e Gianluca, ma con il mio amore.
Ho due assistenti, entrambi toscani, uno dice di avere 30 anni, ma in verità ne dimostra 3 senza zero, è di Pisa; mentre Patrizia dimostra 6 anni e dice di averne 23. A volte è un piccolo genio, perché mi legge nel pensiero, a volte è fuori di sé.
Se a Roma mettessero uno scivolo sui mezzi pubblici!
È una vergogna che in una civiltà e una città (capitale), avanzate come le nostre, non ci sia possibilità di movimento. Un altro esempio sono i marciapiedi occupati dalle macchine, io m’incavolo perché non posso passare con la carrozzella, e per strada ci sono i matti che sfrecciano. Spero che ci potremo incontrare per conoscerci.
Ciao,
– Paolo, 1990
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.30, 1990