Commenti positivi e negativi
Da tempo mi interesso di problematiche sociali. Sia per gli studi che ho concluso (sono laureata in Pedagogia), sia perché vivo l’esperienza del deficit fisico in prima persona. Ho letto molto attentamente alcuni numeri della vostra rivista. Desidererei evidenziare alcuni punti che mi hanno colpito in senso sia positivo che negativo.
Innanzitutto ritengo molto utili gli articoli a fine pratico come quelli sull’alimentazione, o quelli sul modo di muoversi quando si accompagna un disabile. Queste informazioni dovrebbero essere potenziate da consigli medici e legislativi, infatti le famiglie e le persone stesse hanno bisogno di indicazioni pratiche e concrete.
Capisco che la rivista è di indirizzo confessionale, ma il riferimento alla religione è spesso eccessivo, si può cadere facilmente nel pietismo. Ho notato che si parla estremamente poco dell’handicappato come individuo completo; dimenticando che può essere oggetto e soggetto di sentimenti come la stima, l’affettività, la sessualità.
Ho letto nel vostro periodico delle esperienze di famiglie con figli disabili. In verità alcune le ho trovate un po’ troppo idilliache; perché non parlare chiaramente di quanto è dura e drammatica la vita di queste persone?
Sono state segnalate anche alcune strutture per il ricovero completo della persona handicappata. Questi istituti venivano descritti in un modo degno di un depliant pubblicitario per vacanze; mentre posso affermare dal punto di vista professionale che nessun perfetto istituto è equiparabile alla propria famiglia anche se impreparata.
Concludendo vi ringrazio per l’onestà con la quale accettate anche le critiche e naturalmente apprezzo moltissimo l’impegno che dimostrate nel vostro lavoro. Sperando di continuare insieme questo cammino, cordiali saluti.
Risposta della redazione: Le critiche e i suggerimenti sono sempre accolti. Ci pare giusto precisare:
- che la filosofia che sta dietro la rivista è una pedagogia di speranza: preferiamo sottolineare, fra le ombre, le luci che sono presenti sempre se si vogliono guardare le situazioni con ottimismo;
- che dal punto di vista solo umano certe situazioni sono di per sé invivibili. Per questo spesso alcuni scrittori si appoggiano sul Vangelo delle Beatitudini, che sono promesse anche qui sulla terra;
- che i posti di accoglienza, da noi visitati e presentati, sono solo quelli (fra gli altri) che presentano una qualità di vita notevole per chi è obbligato o costretto dalle situazioni famigliari a vivere fuori della famiglia. Per molte persone purtroppo, la famiglia non è il luogo migliore per fiorire; per alcuni la famiglia non esiste affatto;
- che quanto a toccare argomenti importanti della vita delle ph ci sembra di fare del nostro meglio perché il centro di tutto sia sempre la persona portatrice di handicap, con i suoi bisogni, i suoi diritti, il rispetto che le è dovuto.
Perché leggo Ombre e Luci
Mi hanno chiesto come mai io, che non partecipo ad un gruppo di Fede e Luce, sia abbonata e legga sempre volentieri la rivista «Ombre e Luci».
Ci ho pensato per molti giorni, camminando per le colline di Saluzzo con mio figlio e i miei cani, guardando il cielo terso, le montagne aguzze che brillano al sole, gli alberi che riposano in attesa di vestirsi di un verde nuovo.
Perché leggo queste pagine? È vero, gli argomenti sono scelti con cura; viene dato il giusto spazio a testimonianze, recensioni, temi monografici sempre nuovi e trattati esaurientemente. Ma c’è qualche cosa di più: il vostro, il nostro Giornale è un grande segno di vita, e di vita gioiosa. Per questo sono contenta che esista.
– E.D.R.
Per lottare e per sperare
Sono un’insegnante ormai in pensione. Durante gli anni di scuola mi sono occupata spesso di bambini handicappati e dei grossi problemi che gravano sulle famiglie: io stessa ho avuto un nipotino Down morto di leucemia all’età di tre anni.
Da alcuni anni aiuto gli amici di F.L. della parrocchia e sono abbonata al giornale «Ombre e Luci». Lo leggo sempre con interesse e lo giudico un mezzo utile e confortante soprattutto per chi è coinvolto in problemi di handicap. Il conoscere le esperienze altrui e il non sentirsi soli nella
sofferenza, credo sia di grande aiuto per trovare la forza di continuare a lottare e sperare per i propri cari.
Particolarmente validi gli articoli: «conoscere l’handicap» perché danno esempi pratici e chiari per chiunque; spesso le persone non danno aiuto, non per insensibilità o per indifferenza, ma perché non sanno come fare e si sentono impacciate.
Forse la spesa per mantenere in vita il giornale è forte, però è bene, magari chiedendo maggiore aiuto a chi può, continuare a divulgarlo a più persone possibile così da sensibilizzare e stimolare anche i cosiddetti «estranei al problema». Grazie per il vostro prezioso lavoro.
– Maria Rosa G.
Sono usciti in Italia
IL CORPO SPEZZATO, di Jean Vanier, Ed. Jaca Book, L. 18.000.
IL MIO PIEDE SINISTRO di C. Brown Ed. Mondadori, L. 10.000
Per mancanza di spazio abbiamo rinviato le recensioni ai prossimi numeri.
L’autentico e il falso
Ombre e Luci è una rivista che apprezzo molto e che leggo sempre volentieri: poche pagine che riescono a comunicare con tanta chiarezza e semplicità quanto di grande e profondamente umano c’è nell’esperienza di molte famiglie, dei loro figli, dei loro amici. Soprattutto si impara che è possibile rendere concreto l’amore evangelico per i più piccoli senza aver bisogno di tanti mezzi, ma soltanto riuscendo a guardare gli altri e le situazioni con occhio semplice e fiducioso. Non è poco in un mondo in cui, in nome della professionalità, della specializzazione, della razionalità, si tende a dimenticare che, prima, c’è l’uomo con il mistero e la grandezza della vita, anche nella scuola, dove lavoro come insegnante, in cui è importante la preparazione, la competenza, ma in cui è ben più essenziale l’autenticità del rapporto umano.
Ombre e Luci spesso mi ricorda tutto ciò e mi aiuta a distinguere ciò che è autentico, valido, dai falsi problemi che ci andiamo creando: per questo vi sono riconoscente.
– Maria Paola Campanella
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.30, 1990