Che bella festa!

8 settembre 1989: oggi Giuseppe e Maria Neve si sposano.
La chiesa di S. Agnese a Via Nomentana è piena di fiori e di gente elegante. Il celebrante è venuto appositamente dalla Francia, è un amico, Pierre Debergé. Sui banchi è posato un libretto predisposto perché ognuno possa seguire al meglio la cerimonia. In seconda pagina vi è scritto «Organo: Andrea Mazzarotto» e più sotto «Canti: Gruppo Villa Patrizi di Fede e Luce».
Siamo presenti tutti di Villa Patrizi, un gruppo di persone quali di solito non si incontra ai matrimoni, ma oggi Maria Neve e Pinino (cioè Giuseppe, ma per noi sarà sempre Pinino) ci hanno voluti vicini e tutti noi abbiamo sentito che la nostra presenza era non solo gradita ma proprio desiderata. Un matrimonio elegante ma «fedelucino»: quanta strada è stata fatta da quando i nostri figli venivano allontanati dalla chiesa perché disturbavano!

La voce di Maria Neve è sottile e lotta con l’emozione nel pronunciare la formula di rito: in questo momento mi sento sua madre, vorrei suggerirle le parole e la mia gola è chiusa come la sua. Ma poi Maria Neve si rinfranca e prosegue sicura. Io invece mi sento persa: penso che mia figlia non conoscerà mai un giorno come questo, nessuno dei nostri fragili figli conoscerà un giorno come questo. Eppure da sempre le madri sognano i fiori d’arancio per le loro figliole ed i papà sanno che un giorno le condurranno all’altare. Noi no: è duro da mandar giù.

Ma oggi è un giorno di festa, non c’è posto per la tristezza: la gioia è disegnata nei sorrisi, deve vivere anche dentro di noi. E tutti insieme cantiamo: «Com’è bello — come dà gioia — che i fratelli — siano insieme». Una fittissima pioggia di riso accoglie gli sposi, com’è tradizione, all’uscita dalla chiesa: se è vero che ogni chicco di riso porta l’augurio di ogni bene, Giuseppe e Maria Neve avranno una vita piena, intensa, ricca di… tutto ciò che conta veramente.
Poi è festa, ancora tutti insieme in un bel giardino. Si parla, si mangia, si ride, ci si incontra: sono presenti anche tanti bambini e per loro ad un certo punto arriva il carrettino del gelataio.

Ed ecco il lancio del bouquet da parte della sposa verso il gruppo delle ragazze riunite. È la nostra Maria Cristina che lo afferra al volo: è tutta contenta, le dico che è di buon augurio perché il mazzo della sposa porta fortuna (è bello che sia toccato a lei: il suo papà da qualche mese non c’è più). La festa continua con scenette e danze; si vorrebbe che questa giornata non finisse più. Nel salutarsi molti dicono che è stata una cerimonia bellissima, una delle più belle alle quali si sia preso parte. Vi hanno contribuito anche i nostri figli, con il loro affetto semplice e sincero. Possiate voi, Pinino e Maria Neve, avere sempre reciprocamente la tenerezza dei nostri ragazzi e possa la vostra unione essere bellissima, una delle più belle che si siano mai viste.

Una mamma

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Aprirsi agli altri

Dal campeggio di Valcimo

Ieri pomeriggio ci ha fatto visita una comunità maschile di Pavia. Una comunità che accoglie ragazzi portatori di handicap, con problemi familiari e sociali. Quando sono scesa erano le 5,45. L’intera comunità ci guardava con fare interrogativo. Forse volevano ascoltare la nostra esperienza e rendersi meglio conto di come funziona Fede e Luce. Oppure volevano che anche noi ci «convertissimo» al loro modo di vedere le cose. Dovremmo forse allargare anche noi la nostra comunità. Ma abbiamo paura di ciò. Elena diceva che per andare avanti la loro comunità, prende spunto dai libri di Jean Vanier. A rompere il ghiaccio ho cominciato io parlando appunto di Jean Vanier e della sua visione che ha sulla comunità. Ho anche avvicinato due ragazzi: Luca e Giorgio. Abbiamo cominciato a parlare di cinema, per poi finire al perché Luca e Giorgio sono in comunità. Luca, ospite da sei mesi, voleva fare soltanto ciò che voleva, senza prendersi nessun impegno sociale. Giorgio invece faceva uso di sostanze stupefacenti. Piano piano hanno cominciato ad aprirsi anche verso altre persone di Fede e Luce. E alla fine con chitarre e con canti abbiamo danzato. E ai ragazzi quasi quasi dispiaceva partire, dicendo a noi di farci vivi appena ci sarà possibile. Ad esempio per un week-end.

Fiorenza, Gruppo S. Giuseppe della Pace

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Il campeggio con Rosanna

Puglia

Le comunità pugliesi di Fede e Luce si sono ritrovate nel mese di luglio a Monopoli per vivere, ancora una volta, la particolare e intensa esperienza che ogni campeggio offre.
Quest’anno eravamo numerosi e ciò determinava in alcuni il timore di dispersione, a danno dello scambio reciproco e di una conoscenza ravvicinata con i ragazzi. Ma è proprio vero che lo Spirito supplisce alle carenze o agli eccessi degli uomini con il suo soffio d’amore.
Al secondo giorno di campeggio giunse Rosanna, una ragazza handicappata a tutti noi sconosciuta perché condotta da un sacerdote che si accostava per la prima volta a Fede e Luce. Pertanto non conoscevamo le difficoltà di Rosanna; lei era lì, così come appariva: muta, indifferente ad ogni stimolo, immobile, ad occhi quasi chiusi, dipendente dagli altri nei movimenti e nelle azioni fondamentali, chiusa in un suo impenetrabile mondo.
Rosanna fu accolta da tutti, soprattutto dai giovani, con il trasporto e lo slancio di quello che è l’ingrediente essenziale di F. e L.: l’amore; fu inserita nella routine della vita di campeggio con una naturalezza sempre alimentata dall’amore. Si mangiava, si giocava, si lavorava, si pregava, si cantava e Rosanna, quella che a noi appariva la ragazza-automa, era in mezzo a noi, viveva con noi, respirava con noi in una atmosfera di gioia, ma senza che nulla, in apparenza, mutasse in lei.
Era domenica, noi adulti eravamo in cucina a lavorare, quando dal salone giungevano suoni, canti e musiche. Era il momento della festa. Un’amica, Giulia, trafelata e trasudante gioia, chiamò a gran voce. Vito, un giovane amico, ballava con Rosanna! I loro movimenti erano coordinati e armonici. Ma il miracolo era tutto concentrato sul volto di Rosanna: sorridente, colorito, felice. Per la prima volta ci accorgemmo dei suoi stupendi occhi azzurri. Quello che ciascuno di noi provò è difficile da tradurre in parole. Sentimmo pervaderci da un ineffabile e misterioso sentimento, a cui non riuscivamo a dare un nome, ma che ci legava intimamente e ci faceva vivere un irripetibile momento di comunione nell’amore.
Quella domenica, in quell’attimo di festa, vedevamo risplendere il volto di Dio sul volto di Rosanna e quella afflizione, che incupiva e oscurava il suo volto, si tramutava in gioia. Beati gli afflitti, perché saranno consolati.

Vanna Rossani

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.28, 1989

Sommario

Editoriale

Buon Natale anche a te di M. Bertolini

Articoli

Mangiare insieme di Nicole Schulthes
Il bambino che non vuole mangiare di Paul Lemoine
I pasti di Francesca: un’avventura di Jacques La Brousse
Dove, se non in chiesa? di Joseph Bernardin, cardinale
Un grande progetto a piccoli passi di Maurice e Michèle Antoine
Le case della carità di Sergio Sciascia

Rubriche

Dialogo aperto
Vita di Fede e Luce

Libri

Per insegnare bisogna saper osservare a cura della Redazione

Vita Fede e Luce n. 28 ultima modifica: 1989-12-26T10:21:51+00:00 da Redazione

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