Lavorare non è solo un mezzo per guadagnarsi da vivere. È anche un modo per mettere alla prova le proprie capacità e per far nascere nuovi rapporti umani. Ne sono profondamente convinti coloro che hanno dato vita alla Cooperativa «Spazio Aperto», nata cinque anni fa a Milano con lo scopo di facilitare l’inserimento nella vita attiva e lavorativa di persone con carenze psico-fisiche.
Trenta persone — dieci genitori di ragazzi che frequentano l’ANFFAS, dieci dipendenti e dieci amici volontari — hanno costituito il primo nucleo della Cooperativa che, figlia dunque dell’ANFFAS, ha avuto dall’Associazione stessa tutti gli aiuti possibili per consolidarsi.
I soci si sono suddivisi fin dal principio in quattro gruppi di lavoro: settore agricolo, laboratorio, settore pulizie, supporto al disabile nella scuola. Ogni gruppo, nel suo campo, deve mantenere la stessa direttiva: individuare e percorrere le strade che facilitino lo sviluppo delle capacità di ognuno, l’integrazione nella scuola e soprattutto nel lavoro.
Sono Francesco Alemanno, presidente in carica di «Spazio Aperto» e Vittorio Paoli, socio consigliere, a parlarci dei risultati ottenuti dalla Cooperativa e delle difficoltà che ogni giorno è chiamata a fronteggiare.
Dice Francesco: «Il settore agricolo, che si interessa della manutenzione di parchi e giardini, dell’allestimento di terrazze, della installazione di impianti di irrigazione, ecc., è partito prima nei campi della “Cascina Biblioteca’’ dell’ANFFAS di Milano, grazie anche al finanziamento del Fondo Sociale della CEE. Prima di iniziare l’attività abbiamo fatto analisi di mercato e incontrato direttori di azienda; siamo andati anche di porta in porta. Abbiamo spedito 300 lettere e ricevuto due risposte. Abbiamo cominciato quindi con due clienti: uno ci ha dato lavoro per brevissimo tempo; l’altro ce ne dà ancora».
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«Un tecnico e due ragazzi con handicap sono ora regolarmente assunti; lavorano con noi altri quindici ragazzi dell’ANFFAS, capaci di svolgere in questo ambito qualche attività in completa autonomia. Naturalmente il lavoro viene impostato da periti o laureati in agraria, retribuiti in ragione delle loro prestazioni. Finanziariamente, il gruppo va bene e con le sue entrate sostiene anche gli altri. È in migliore salute forse perché le persone che erano impegnate all’inizio sono rimaste e, regolarmente, si incontrano per studiare e riflettere sull’andamento della loro attività». Il settore laboratorio — che esegue lavorazione di assemblaggio, imbustatura, confezionamenti a mano e a macchina — è quello dove si desidererebbe e si dovrebbero poter inserire più ragazzi. Per questo, fra i gruppi della cooperativa è quello di più difficile gestione.
La mattina in cui lo abbiamo visitato, il laboratorio era occupato in un lavoro di piegatura e foratura di sacchetti di plastica. La ditta committente aveva fornito la macchina per forare i sacchetti e per farvi infilare un cordone che, fissato con un nodo, ne diveniva il manico. I ragazzi e le ragazze lavoravano contenti, soddisfatti di farsi vedere all’opera.
«A volte — dice Vittorio — se il lavoro dura una giornata, i ragazzi non hanno quasi il tempo per prendere il ritmo necessario; altre volte, invece, se lo stesso tipo di attività si trascina troppo a lungo, si annoiano un po’. Di solito, però, lavorano con impegno, mettendo a profitto le loro capacità». Crediamo che questo sia un compenso non da poco per le fatiche e le preoccupazioni di chi ha scelto di impegnarsi in un’attività che ha per obiettivo la promozione umana.
«Prima di dare inizio all’attività con i ragazzi» — ricorda ancora Vittorio — i soci del settore hanno lavorato da soli, in un paio di locali messi a disposizione dall’ANFFAS. Sempre con il sistema “porta a porta”, sono stati in contatto con ditte produttrici di giocattoli, con ditte cartotecniche e farmaceutiche. A lavoro avviato sono stati impiegati dieci ragazzi, ben presto aumentati di numero perché il lavoro non mancava. Ci si è quindi trasferiti in una sede più ampia, quella attuale, vicina alla metropolitana, comoda anche per chi arriva da fuori, in quanto poco distante dall’autostrada, con vantaggio per le ditte che commissionano i lavori».
Una difficoltà costante nella vita del laboratorio sta nell’impossibilità di mantenere, con le sole forze dei ragazzi, un ritmo di lavoro tale da consentire un reale profitto e dalla conseguente necessità di avere a disposizione le forze di un volontariato non sempre presente e non sempre sufficiente. Una ulteriore difficoltà, meno prevedibile e più grave nelle sue conseguenze, ha ostacolato di recente l’attività del laboratorio. «Siamo stati costretti» — dice Vittorio — «a rimandare a casa trenta ragazzi che partecipavano all’attività del laboratorio ricevendo una paga simbolica perché, per legge, non possono essere occupate persone non regolarmente assunte. Abbiamo potuto tenere soltanto i dieci ragazzi ai quali il comune di Milano aveva assegnato una borsa di lavoro, in attesa di assunzione: questi ragazzi lavorano, affiancati da tre dipendenti, sette ore al giorno. Tra i trenta esclusi, ve ne sono diversi ai quali la borsa non viene e non verrà accordata, perché appare molto problematico il loro inserimento in un posto di lavoro regolare. Solo in un secondo momento si è aperta una seconda possibilità: l’inserimento nel laboratorio, senza retribuzione, con lo scopo della formazione e della riabilitazione, e l’obbligo del pagamento solo dell’assicurazione. In questo modo i ragazzi hanno cominciato a ritornare in laboratorio».
Nel settore pulizie lavorano due ragazzi portatori di handicap e altre sette-otto persone, tra le quali alcune con problemi di disadattamento. Il settore funziona ed è anche in pareggio economico, ma i ragazzi con handicap stentano a sentirlo come un vero lavoro: «sono meno stimolati che negli altri ambiti, come se giudicassero questa attività poco lavorativa e troppo “casalinga”. In questo senso, tutto considerato, conclude Vittorio, per la nostra esperienza, possiamo dire che il settore agricolo è forse il più adatto alle esigenze e alle aspettative dei ragazzi, anche dei più gravi».
Il settore supporto al disabile nasce con lo scopo di offrire alle scuole un aiuto per i ragazzi con difficoltà psichiche e fisiche in tutto ciò che riguarda le loro necessità durante le ore scolastiche; un aiuto molto elastico, che può comprendere anche il sostegno nello studio.
Sappiamo che viene fornita anche un’assistenza domiciliare, ma sul reale andamento di quest’ultimo settore di «Spazio aperto» non siamo in possesso di conoscenze precise, non avendone potuto incontrare i responsabili. Del resto, raccogliere notizie precise sulla Cooperativa «Spazio aperto» non è facile: si tratta di una realtà complessa e in divenire. Per questo motivo, anzi, molte cose importanti forse non sono state messe nel giusto rilievo. Ci auguriamo di avere almeno suscitato nel settore curiosità, interesse e speranze nei riguardi di un’iniziativa che, per molti, potrebbe costituire una reale soluzione.
Francesco Allemanno e Vittorio Paoli, che tanto gentilmente ci hanno dedicato tempo e attenzione, sono pronti a dare ulteriori informazioni.
– cura di Luisa Brambilla e Annamaria De Rino, 1989
Sede Operativa: Viale delle Rimembranze di Lambrate, 7 20134 MILANO – TEL. 02/2663324
Sito: spazioaperto.coop, pagina Facebook
Le illustrazioni di questo servizio che mostrano i settori di attività della Cooperativa, sono tratte dal pieghevole di presentazione della cooperativa stessa.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.27, 1989
Sommario
Editoriale
Anche se non ho voce, anche se non sento... di Mariangela Bertolini
Articoli
Come ascoltare veramente di M.H. Mathieu
Storia di Angelica di Maria Monica Rossi
Dal silenzio alla comunicazione di Amneris Bellucci
Da quali segni riconoscere la sordità infantile
A tavola con una persona sorda di Michel e Laure Morice
Come parlare a una persona sorda
Ho un fratello e sorella non udenti di Nicoletta Amato
Cooperativa spazio aperto di L. Brambilla e A. De Rino
Rubriche
Dialogo aperto
Vita di Fede e Luce
Libri
L’altra gente. Convivere con l’handicap di Antonio Guidi
Il bambino con epilessia di Ch. Dravet/P. Jallon