Scrivo per raccontarvi la stupenda esperienza fatta nel mio gruppo, S. Francesco, perché possa essere anche per altri un momento di riflessione.
Tre anni fa, si pensò di realizzare qualcosa di diverso con i ragazzi. Pensavamo che sarebbe stato bello incontrarci un pomeriggio insieme; avremmo potuto disegnare, cantare, fare merenda e tante altre cose.
Così nacque il progetto «Laboratorio». La nostra parrocchia, S.S. Protomartiri, mise a nostra disposizione, una volta alla settimana, una stanza tutta per noi. All’inizio non è stato facile, ci siamo subito resi conto di quanto fosse difficile lavorare, concentrarsi e nello stesso tempo divertirsi.
I ragazzi erano molto contenti, ma a noi sembrava tutto molto caotico. Quando c’era il laboratorio, il lunedi, molta gente veniva a salutarci; era una cosa molto bella, ma purtroppo agitava i ragazzi, che non avevano più voglia di lavorare, troppo impegnati come erano a ridere e ad ascoltare le conversazioni degli altri.
Ad un certo punto, trascorse alcune settimane, ci rendemmo conto che qualcosa andava cambiato.
Era necessaria una maggiore organizzazione, era importante che, una volta arrivati lì, si sapesse cosa fare, senza perdere tempo ad inventare qualche cosa.
Era inoltre importantissimo valorizzare il lavoro di ogni ragazzo, adattarlo alle sue capacità, e far sì che ognuno imparasse a concentrarsi, a rispettare il lavoro altrui e il silenzio di cui gli altri necessitavano per poter lavorare; altra cosa importante era imparare a non sprecare ciò che ci veniva dato per lavorare.
Così, messi in tavola gli errori commessi e le nuove idee per rimediarli, ricominciammo tutto daccapo.
Ci dividemmo in gruppi di lavoro, per evitare la confusione, e, per far sì che ogni ragazzo fosse seguito individualmente.
Iniziammo a fare tutti lo stesso lavoro, ma differenziandolo a gradi, e organizzandoci in catena di montaggio.
Ognuno aveva il lavoro che preferiva.
I portatovaglioli fatti con la lana, erano il vero forte di Andrea, che ogni tanto si perdeva il gomitolino e ridendo chiedeva aiuto per poterlo riavvolgere.
Le maschere venivano ultimate da Luca, che voleva sempre dipingerle con i colori che ricordavano le varie squadre di calcio, ma prima, Silvia lo aiutava ad ammorbidire il das in maniera eccezionale, cosa che le permetteva di esercitarsi a muovere bene le mani.
Antonio, ha insegnato a tutti noi a lavorare il vimini: sfornava cestini a non finire, e non si curava di quello che succedeva nella stanza; cercava qualcuno solo quando aveva finito il filo.
Ora, il nostro lavoro attuale è il mosaico, dove tutti possono sbizzarrirsi nei disegni e nei colori più vari, e, tutti sono contentissimi di far vedere agli altri la propria opera d’arte finita.
Arrivati a questo punto, siamo tutti entusiasti, soprattutto perché ci accorgiamo di quanto sia importante per ognuno di noi passare il lunedì insieme.
Non c’è nessun pericolo che qualcuno si dimentichi del laboratorio, perché i ragazzi, ogni volta che ci incontrano, ci ricordano l’appuntamento.
Questa esperienza è per me veramente importante e sono contentissima di farla.
La cosa più bella è vedere l’entusiasmo negli occhi dei ragazzi, e aver capito che lavorare è divertente, se fatto in compagnia di persone AMICHE.
– Francesca Polcaro, 1988
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.22, 1988
Sommario
Editoriale
Diritto alla festa di Mariangela Bertolini
Articoli
In cerchio di Nicole Schulthes
Fare teatro di Maria Teresa Mazzarotto
La danzaterapia di Maria Fux di Sergio Sciascia
Come fare una festa di Mario Collino
Un pomeriggio chiamato laboratorio di Francesca Polcaro
A scuola di ricamo per imparare divertendoci di Lia Antonioli
Rubriche
Libri
Libri per lavoretti manuali
Libri per giocare
Madre e handicap di G. Ponzio
Non ha più sedici anni di N. Schulthes
Barriere di carta di M. T. Mazzarotto