Bisogna aprire le porte

«No, non vacillo nell’angoscia»: la frase del Salmo è da quattordici anni ormai un mio motto quotidiano.

Mio figlio è nato spastico, spastico grave, ma che significa «deprimersi» «affannarsi oltre misura», «prospettarsi per lui un futuro sterile e opaco»? No, di certo, e questo lo dico perché tanto lo ho amato da quel primo momento in cui mi si è presentato fragile e offeso.

Ho tanta gioia nel cuore, la alimento ogni giorno, ogni momento direi e non mi permetto di tirarmi indietro.

Enrico è un ragazzino vivace, di ormai quattordici anni, ed ha accumulato, nella sua già abbastanza lunga esperienza, ore ed ore di terapia, visite su visite presso specialisti, limitazioni da non dire; ma nel contempo ha arricchito il suo animo di esperienze fuori del comune, ha imparato a conoscersi bene e — anche se quasi non si muove e non parla che a suoni poco comprensibili — sa quel che vuole.

È davvero molto religioso; bisogna vedere come appoggia con tenero amore la sua ancor piccola mano sul foglio della Santa Messa. E, quando il sacerdote, verso la fine della cerimonia, annuncia gli impegni per la settimana in Parrocchia, si slancia in esclamazioni di approvazione.

Ecco tutto: ha uno spirito forte, Enrico, non si lascia abbattere facilmente, è uno spastico educato capillarmente a sapersi superare, ad accettare anche la sua realtà tal quale è.

Gli piace molto conoscere, studiare, sta frequentando la prima media ed ha due insegnanti di sostegno tenaci e dolci insieme.

Insomma, questo desidero dire: Dio aiuta, stimola tanto l’animo a rinnovarsi, quando ci siano situazioni particolarmente difficili.

Però noi, mio marito ed io, fin dall’inizio, non ci siamo chiusi in una rocca di solitudine, abbiamo letteralmente cercato amicizia, collaborazione con gli amici di casa, con la Parrocchia (i volontari quanto hanno dato e danno, pochi o tanti che siano!), con la scuola e, non ultime, le istituzioni.

Bisogna sfondare, aprire le porte, costruire qualcosa che duri, e ciò «religiosamente», per questi figli meno «fortunati»!

Enrico è per me una grossa testimonianza, uno specchio nitido e chiaro di un pensiero di Dio su noi genitori e soprattutto su di lui, tenero-forte bambino, tutto proteso ad un domani migliore.

Maria Teresa Straulino

Tutti possono donare

È con vivo piacere e soddisfazione che rispondo alla vostra del 19 u.s. perché fare qualcosa per quelli che l’uomo comune chiama H è un dovere sociale ed umano cui nessuno dovrebbe escluderci. Sono soggetti sensibili al di là delle apparenze, hanno tanto bisogno di affetto, amicizia, amore, Amore… Benedetta sia la via che l’uomo ha cominciato a percorrere, ché, nonostante la apparente indifferenza, lo Spirito Santo sta suscitando vocazioni di volontariato qua e là che lasciano sperare in un domani migliore.

L’uomo, nonostante tutto non può tacitare, né spegnere la scintilla d’Amore che da sempre si porta nel Cuore; ogni uomo, tutti gli uomini possono donare qualcosa. È l’eterna, insopprimibile e immutabile legge dell’Amore che il buon Dio ci mise nel cuore, tutti ci abbraccia idealmente, siamo tutti fratelli, la Mamma Celeste ci vuole tutti uniti quaggiù come lassù, ci ama e ci aspetta… Sono un padre e marito felice, abbiamo quattro bei fiori, doni del Signore, ma cosa faccio io per ringraziarlo?

Poco, molto poco… dedico qualche ora agli amici meno fortunati, e visito di tanto in tanto gli anziani soli e abbandonati. Quanta povertà, mio Dio; ma sorridiamo, il Signore è con noi…

«Che il Signore cammini sempre al vostro fianco!»

A.d.P.

L’ho letta con interesse

…Sono un ragazzo di 18 anni (quasi); giorni fa per caso mi è capitata fra le mani una vostra rivista di molto tempo fa, (il n. 2 di aprile-maggio-giugno 84) regalatomi da una mia zia suora. L’ho letta con molto interesse sia per gli argomenti che tratta, sia per il linguaggio semplice e chiaro.

Ho subito desiderato avere altri numeri di questa bellissima pubblicazione. Ho letto alla seconda pagina che si possono avere dei numeri come copie saggio (anche se vecchie non fa niente); vi sarò grato se me le manderete. Ho intenzione di abbonarmici, sempre se mi aggiornerete sul prezzo.

A.M.S.

La legge 180 non è buona

Vi sarei molto grato se vorrete dare spazio nella vostra rivista a questa lettera che allego e che porta con sé la terribile sofferenza di tanti familiari di ammalati di mente gravi, vittime di una utopia generosa e sbagliata.

Per i portatori di questa malattia invochiamo luoghi adatti ove si possa pazientemente curare chi patologicamente non sopporta le emozioni della vita normale.

Vi sarei anche molto grato se vorrete trarre dalla intervista allegata un articolo sulle condizioni degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari nei quali, in mancanza di strutture alternative, sono «ricoverati» ingiustamente i familiari più gravi di alcuni nostri associati che, in altri tempi, sarebbero stati curati in un normale ospedale psichiatrico.

Lo scopo è quello di portare a conoscenza del pubblico le piaghe della nostra società. Ma se il mondo dei sani pensa che è giunto il momento di provvedere anche per loro, questo è il momento. Se non lo si vuole allora lo si dica e si continui a considerarli come esseri non degni o indegni di alcuna attenzione, proprio loro che, per congenita o sopravvenuta malformazione mentale, non hanno mai conosciuto l’amore né la capacità di amare. E per favore, si smetta di dire che la legge 180 è buona ma manca la sua applicazione.

Basta con i giri di parole che producono confusione e non cultura. Una nuova cultura per chi è colpito da questa orribile sofferenza la si fa facendo.

Vi saluto con cordialità e simpatia.

Di.A.Psi.Gra. VENETA

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.22, 1988

Sommario

Editoriale

Diritto alla festa di Mariangela Bertolini

Articoli

In cerchio di Nicole Schulthes
Fare teatro di Maria Teresa Mazzarotto
La danzaterapia di Maria Fux di Sergio Sciascia
Come fare una festa di Mario Collino
Un pomeriggio chiamato laboratorio di Francesca Polcaro
A scuola di ricamo per imparare divertendoci di Lia Antonioli

Rubriche

Dialogo Aperto n.22

Libri

Libri per lavoretti manuali
Libri per giocare
Madre e handicap di G. Ponzio
Non ha più sedici anni di N. Schulthes
Barriere di carta di M. T. Mazzarotto

Dialogo aperto n. 22 ultima modifica: 1988-06-27T13:28:22+00:00 da Redazione

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