…E ancora lento
trascorre il tempo e pietoso lenisce
quel gran dolor che mai finisce.
Sola e sperduta nella grande casa,
con pennellate di malinconia e speranza,
rubando il suo color ad una rosa,
lentamente dipingo la mia stanza!
Sola e sperduta: questa era la mia situazione e il mio sentimento tre anni fa, quando da poco avevo perduto anche mio padre (la mamma era mancata già dieci anni prima) e quando da poco avevo conosciuto Fede e Luce.
Ero rimasta sola, ma avendo conosciuto da poco Fede e Luce, quando Gesù, povero tra i poveri, è entrato nella mia vita attraverso la povertà dei nostri piccoli e la sofferenza dei loro genitori, ho cominciato a dipingere «la mia stanza» (una parte del mio cuore) di rosa.
Uscire dalla mia malinconia, dalla mia sofferenza, dalla mia solitudine; scoprire negli altri lo stesso bisogno di amare e di farsi amare; l’umiltà di farsi prossimo e di essere prossimo; questo è il grande miracolo che l’amore di Dio ha compiuto nella mia vita. Iddio, che aveva permesso la mia sofferenza, per poi donarmi una gioia più grande: tanti piccoli amici, che mi amano e che io amo e con i quali lentamente, giorno dopo giorno, tutta la mia casa si andava dipingendo di rosa.
Oggi non sono più sola: oggi cuore e casa diventano una cosa sola; la mia sofferenza ha spalancato il mio cuore; la mia solitudine ha spalancato la porta di casa.
Tutto è iniziato lo scorso anno, quando si decise di preparare, insieme ai ragazzi, dei lavoretti per il Natale.
Si pose il problema: dove, a casa di chi? Pensai alla stanza che era stata dei miei genitori, quella stanza vuota ormai da tanto tempo, quella stanza silenziosa, quella stanza che forse era stanca di sentirsi inutile: immaginai assurdamente quella stanza che si ribellava, che chiedeva voci, risate e amore. Era fatto: dalla sera alla mattina, quella stanza si trasformò pomposamente nel «laboratorio» Fede e Luce. Era stata data un’altra pennellata di rosa!
Non tutto è stato facile: ci sono stati momenti in cui ho pensato che la casa crollasse; ci sono stati momenti in cui le porte sbattevano e le sedie volavano; momenti in cui ho dovuto rabbonire l’inquilina del piano inferiore; momenti in cui la mia tranquillità svaniva come neve al sole e la polvere si posava dappertutto, momenti di grande stanchezza e di sfiducia in cui mi chiedevo: ma chi me lo fa fare?
E la risposta arrivava sempre: la risposta era nei gridolini di Giuliana che giocava a nascondino; nella sedia che Gianfranco faceva volare; nel rosario che Mariolino recitava davanti alla foto dei miei defunti e nella sua compassione: «Cheveretta Luisa, sola, sola!»
E a lui il mio cuore risponde: «No Mariolino, finquando la compassione e l’amore di Dio giunge a noi attraverso te, non c’è più solitudine!»
di Luisa Spada, 1986
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.16, 1986
Sommario
Editoriale
Prepariamolo a vivere con gli altri di Maria Egg
Tutto quello che ha fatto per noi di Brunella D'Amico
Ora che sono sola… non sono più sola di Luisa Spada
Festa in casa con lui di Rita Ozzimo
Perché ho dato una mano di O.B.
Il convento: una seconda famiglia per Giampiero di Nicole Schulthes
Vederli migliorare di Sergio Sciascia
Rubriche
Dialogo aperto
Vita Fede e Luce
Libri
Quando arrivano i "Fatt’ Curagg" di E. Teresa Biavati
Come i cerchi nell’acqua di Carla Piccoli Dal Maso
Vivere l'ultimo istante di Christiane Jomain