«Vi aspetto per le sette!» mi aveva detto suor Maria al telefono, «sarete benvenute».
Alla fine di una stradina quasi di campagna, suoniamo al cancello. Suor Maria ci accoglie e andiamo subito a salutare Marina, Betta, Paola che, sotto un albero, sono sedute intorno a un tavolo da giardino; con l’aiuto di Giorgio, un giovane amico della casa, sono assorte in calcoli. «Buona sera, buona sera!» presentazioni e poi le lasciamo ai loro problemi.
«Eh sì! — dice suor Maria — facendo le spese per la casa, ci siamo rese conto che i calcoli sono difficili e che bisognava ripassare le quattro operazioni. Giorgio le aiuta, viene spesso a trovarci per dare una mano, per giocare, per dare qualche ripetizione, come questa sera».
La casa è bella, il gelsomino in fiore profuma la serata; c’è una vasca-fontana, da un lato è steso il bucato; un po’ in giù c’è un minuscolo orto. Entriamo e visitiamo la sala di soggiorno, con la televisione, la libreria, il carrello con gli aperitivi. La cucina, ampia, bella. I mobili li hanno avuti in dono; pitturando le sedie in rosso, decorando il frigorifero e la credenza, le ragazze hanno saputo darle quel tono rustico ed elegante insieme: è bello ritrovarsi qui per mangiare.
Le camere da letto, a due tre letti, sono veramente come quelle di una casa. Suor Maria ha la sua camera, la cui porta è sempre aperta, o meglio, quasi sempre perché, racconta, le ragazze hanno saputo imparare a lasciargliela chiudere ogni tanto. Niente regolamento, orario non rigido, anche se lavoro e scuola impongono le loro leggi. Ognuna si lava e va a letto quando vuole, ma è chiaro che bisogna imparare ad usare il bagno a turno, a non fare la doccia a mezzanotte per non disturbare le altre.
Ci si ritrova per il pranzo. I lavori di casa sono condivisi: certo, suor Maria, che è un po’ la mamma, fa il grosso della cucina, ma mentre noi parliamo con lei nel salone, Marina e Paola stanno preparando la cena dopo aver preso con noi l’aperitivo.
«Serviti per prima, sei l’ospite!» dice Marina passando i pasticcini. Parliamo con lei del suo lavoro: è apprendista da una parrucchiera, lava le teste e comincia a mettere i «bigodì». Betta va alla scuola di quartiere; Paola lavora alla cooperativa agricola dell’Istituto che si trova lì vicino. «Non oso ancora trovarle un lavoro fuori. E’ ancora molto chiusa e fragile per molti aspetti».
Betta ci racconta che andrà in vacanza al mare con una signora amica (non ha più la mamma). Poi tutto il gruppo andrà in villeggiatura insieme in Calabria.
Suor Maria è entusiasta di raccontarci i mille avvenimenti e aspetti della sua casa e delle ragazze. Non teorie, non regolamenti minuziosi, ma tutto è occasione per educare all’autonomia e all’apprendimento della vita in comune. L’atmosfera è gaia e simpatica. La gioia di vivere di Maria è sicuramente comunicativa ed il clima di fiducia è evidente. Maria vive veramente con le ragazze: «discutiamo insieme le decisioni da prendere, ci raccontiamo i problemi apertamente». Sa essere anche esigente: aspetta da ciascuna rispetto di sé e degli altri, senso di responsabilità: a ciò tende tutta la vita della casa.
Di fatto la Villa Olmo non è un luogo di vita definitivo. E’ un luogo educativo per alcune ragazze che vengono così preparate a una vera integrazione in famiglia, nel lavoro, nella società in generale. L’accento è posto essenzialmente sull’apprendimento dell’autonomia all’interno della casa, ma anche al lavoro o a scuola, nei mezzi pubblici, nei negozi, ecc.
Il realismo è carattere essenziale: si fanno i conti insieme, una certa cifra non può essere oltrepassata, ma ci si concede anche qualche capriccio (oggetti per la casa, uscite insieme…) quando la cassa lo permette.
L’altro aspetto importante è imparare la convivenza senza regolamenti, con la partecipazione individuale: rispetto dello spazio e degli oggetti personali per esempio.
Il terzo scopo essenziale del progetto è l’inserimento al di fuori della casa: con il lavoro, con la scuola, ma anche con ogni possibilità che si presenti: parrocchia, vita nel quartiere, sport, corsi serali ecc. Questo inserimento si fa anche con spirito critico rispetto alla società: non assorbire tutto quello che la società presenta, imparare a non fidarsi… (è saggezza e necessità purtroppo).
Tutto ciò richiede dialogo permanente per la suora che spiega, avverte, ascolta, aiuta, che è praticamente sempre disponibile, che è la persona d’appoggio e di autorità (senza abuso); un’autorità discreta che tende a diminuire a mano a mano che cresce l’autonomia di ciascuna.
Anche se Villa Olmo è particolare (per saperne di più com’è oggi, leggi qui), perché non è una soluzione di vita definitiva ma un modo di riabilitazione, mi sembra che i principi che l’animano e l’atmosfera che la caratterizza possano essere di ispirazione per ogni casa famiglia. L’altra particolarità è il fatto che l’educatrice responsabile è una religiosa.
Questo può avere qualche inconveniente, ma anche dei vantaggi sicuri. Oltre l’eccellente preparazione, che dovrebbe avere ogni educatore preposto a una simile iniziativa, suor Maria presenta il vantaggio di una disponibilità quasi senza limiti, raramente possibile per un «lavoratore» normale, e la sicurezza della continuità: il suo impegno è per la vita e, cosa tanto importante, ha alle spalle una comunità di consorelle che condividono il suo ideale. Per concludere termino citando due frasi che trovo nel documento costitutivo della casa Olmo perché mi pare sintetizzino l’impressione che ho avuto di suor Maria.
«L’educatrice in una casa famiglia non è burocrate, non può detenere il monopolio della saggezza, della risposta ad ogni perché, ma deve avere una connotazione precisa.
L’educatrice, quando le ragazze sono presenti nel gruppo, deve stare con loro, deve essere una presenza discreta, attiva, democratica, rassicurante».
–Nicole Schulthes, 1986
Nicole Marie Therese Tirard Schultes
Ha studiato Ergoterapia in Francia e negli Stati Uniti, co-fondando nel 1961 l'Association Nationale Francaise des Ergotherapeutes, (ANFE).
Trasferitasi a Roma, incontra Mariangela Bertolini e insieme avviano nel 1971, su invito di Marie-Hélène Mathieu, le attività di Fede e Luce e partecipano all'organizzazione del pellegrinaggio dell'Anno Santo del 1975. Dal 1983 al 2004 cura con Mariangela la rivista Ombre e Luci. Per anni ha organizzato il campo estivo per bambini e famiglie sul campus della scuola Mary Mount a Roma.
Questo articolo è tratto da:
Ombre e Luci n.11, 1985
Sommario
Editoriale
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