Quando due persone si sposano si presume abbiano una certa maturità, dovuta per lo meno all’età che hanno. Se sono cristiani possono sperare nella forza del sacramento per continuare “nella buona e nella cattiva sorte”.
Invece, per un bambino o bambina, trovarsi un giorno e all’improvviso di fronte al problema di un fratello affetto da handicap, è una scoperta e un’esperienza al di sopra delle proprie forze.
Non si ha né l’età né la maturità per affrontare la situazione.
Non si sa che cosa sia un handicap malgrado se ne percepisca la gravità dal comportamento dei genitori.
Si vorrebbe chiedere informazione ai genitori, ma questi non ne sanno molto e in più sono troppo presi dal figlio malato, cosicché purtroppo trascurano il figlio sano.
In casa la situazione è bloccata dalle difficoltà create dal figlio handicappato, non si parla di altro: tutto il resto del mondo non esiste.
Si parla di riabilitazione e i medici chiedono grandi sforzi sempre… ai familiari. A scuola rendi poco? Chissà cosa farai il pomeriggio anziché studiare!? Eh sì, chissà perché «preferisco» non studiare… Tanto, se gli dico che ho tenuto mio fratello e che non è possibile studiare per il chiasso, mi risponde: ma è possibile che tutto l’anno sia così? Non tutto l’anno, ma tutti gli anni! Confidarsi con gli amici spesso serve solo ad offrire il fianco a frecciate e risolini. E anche se hanno la pazienza di ascoltarti, finiscono presto per dimenticare i motivi per cui tu rimani il «troppo serio» del gruppo.
I parenti, per diversi anni non li ho mai visti: è pericoloso farsi coinvolgere!
I vicini di casa (non tutti) sembra che prediligano fare domande «difficili» proprio ai fratelli anziché ai genitori, forse perché questi ultimi sono ormai «corazzati».
E quando a tali domande proprio non so cosa rispondere, ho trovato che basta chiedere: e lei al mio posto cosa avrebbe fatto? perché queste persone si ricordino subito che sono uscite di casa per fare la spesa…
Con chi mi posso confidare? Con i sacerdoti? Adesso finalmente se ne trovano di preparati. Ma certo, soltanto qualche anno fa mi dicevano che non si poteva «disturbare la Messa» con questi ragazzi… Perché, questo mio «fratello» non ha un ‘anima ?
Gli anni passano, le difficoltà cambiano solo forma.
Ultimamente, durante un colloquio di lavoro: «Fa piacere trovare ancora dei giovani preparati, maturi, che sanno organizzarsi e organizzare… è stato difficile e lungo il suo tipo di studi, vero?».
Signore ti ringrazio che non mi hai abbandonato, ma ricordati dei «fratelli»!
di Paolo Nardini, 1985
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.9, 1985
SOMMARIO
Editoriale
Voci di fratelli e sorelle di Mariangela Bertolini
Articoli
Care sorelle, cari fratelli vi scrivo di Marie-Odile Réthoré
Piano piano notai che Sergio era differente di Francesca
Non solo tutto l’anno, ma tutti gli anni di Paolo Nardini
Spesso però mi regala il suo prezioso sorriso F.M.
Forse per questo non sono andato via di Gianluca
Mio fratello era handicappato di Mons. Peter Birch
Ho scelto mio fratello di Franca Cremonesi
Ma dopo l'incontro non li vedo più di Elisabetta
"Crescere insieme" di Sergio Sciascia
Rubriche
Dialogo aperto n. 9
Vita Fede e Luce n. 9
Libri
L’Abbé Pierre – Una mano tesa agli emarginati di Bernard Chevalier
La paura di amare – La persona handicappata nella società di Jean Vanier