L’epilessia è una malattia del sistema nervoso che può colpire persone di tutte le età e perfettamente normali, caratterizzata dalla comparsa di improvvise, inaspettate, brevi manifestazioni critiche di vario tipo.
Esse possono accompagnarsi a compromissione della coscienza ma anche prodursi senza alcuna modificazione di essa. Per comprendere come un tale evento possa realizzarsi bisogna rifarsi al normale funzionamento del nostro «cervello». Esso nella sua parte più evoluta è formato dalla cosiddetta corteccia cerebrale, insieme complesso di cellule, che a seconda delle zone o lobi cerebrali presiede e controlla le diverse funzioni del nostro organismo. Il movimento, la vista, l’udito, il gusto, il linguaggio, la memoria, il pensiero ecc. dipendono dal corretto funzionamento della corteccia cerebrale.
Un transitorio e anormale funzionamento di alcune zone per un improvviso eccitamento delle sue cellule può produrre una manifestazione strettamente legata al tipo di funzione da esse presieduta. La crisi epilettica quindi è un transitorio e breve errore di funzionamento del sistema nervoso.
L’epilessia è l’abitudine al prodursi di questi errori. La facilità a ciò è legata alla cosiddetta «soglia convulsivante» e cioè in parole semplici alla maggiore o minore sensibilità del sistema nervoso a stimoli esterni o interni all’organismo.
Se la maggiore parte delle persone non presenta mai nella vita una crisi di questo tipo è perché la soglia convulsivante è particolarmente alta ovvero i meccanismi di protezione dell’eccitabilità anormale del sistema nervoso sono sufficientemente validi. Nel bambino piccolo in genere il rischio è più elevato perché la protezione è più precaria.
L’epilessia quindi non è una malattia misteriosa e chi ne è affetto non è un «diverso». I pregiudizi che hanno sempre accompagnato questa malattia sono nati per l’ignoranza della medicina nei secoli, dalla difficoltà ad accettare e capire un disturbo della coscienza da parte della gente e dalla paura per la similitudine che viene fatta tra perdita di coscienza e morte.
Classificazione delle crisi epilettiche
Vengono distinti fondamentalmente due tipi di crisi: le parziali e le generalizzate.
Le prime comprendono quelle determinate da un interessamento di una parte del sistema nervoso e, a seconda della compromissione o meno della coscienza, vengono distinte in crisi parziali semplici o crisi parziali complesse. Si osservano ad esempio improvvisi movimenti di un arto, del viso o del capo, oppure il malato avverte particolari sensazioni in qualche parte del corpo, o disturbi della parola, o riferisce brevi allucinazioni o turbe della memoria e ciò a coscienza integra. In altri casi compare uno stato confusionale, movimenti automatici come abbottonarsi o sbottonarsi gli abiti, toccarsi, toccare degli oggetti, pronunciare parole o frasi senza senso e comunque non adeguate al momento. La durata in genere è breve: da secondi, specie nelle forme semplici, ad alcuni minuti per le complesse. La brevità delle manifestazioni può anche farle passare inosservate.
Le crisi generalizzate sono invece conseguenti a un coinvolgimento acuto e globale del sistema nervoso con perdita della coscienza: si distinguono in crisi non convulsive e crisi convulsive.
Le prime, che prediligono il bambino, sono rappresentate dalla «assenza» ovvero da una sospensione della coscienza per frazioni di secondo o secondi che porta chi ne soffre a bloccarsi, a rimanere immobile con lo sguardo fisso e assente all’ambiente.
Le seconde costituiscono le manifestazioni più note e clamorose della malattia. L’esordio in genere è dato da una brusca perdita della coscienza con caduta a terra, irrigidimento diffuso a tutta la muscolatura, compresi i muscoli della faccia, a cui seguono movimenti ripetuti ritmici (scosse) che sfociano in un completo rilasciamento. Talora a questi sintomi principali si associano emissione di bava, morsicatura della lingua se rimane serrata tra i denti, incontinenza sfinterica. La crisi ha una durata media di 1-2 minuti e si conclude generalmente in un sonno post-critico prolungato.
In uno stesso soggetto possono essere presenti due tipi di crisi, come pure in molti casi le crisi parziali possono essere seguite da una crisi generalizzata.
Insorgenza e cura
L’insorgenza della malattia predilige l’infanzia e l’adolescenza, ma può anche comparire nell’età adulta. La frequenza degli episodi è molto variabile tra individuo e individuo, potendo essere plurigiornaliera, ad esempio per le assenze, o mensile, annuale o anche più rara.
La diagnosi deve essere fatta da uno specialista, possibilmente esperto di epilessia, sulla base delle manifestazioni riferite dai malati o dai familiari e con il confronto dell’esame elettroencefalografico che meglio di ogni altro accertamento permette di verificare i disturbi funzionali del sistema nervoso. Di aiuto, per escludere altre patologie eventualmente concomitanti, può essere la tomografia cerebrale.
Anche il trattamento richiede esperienza e buona conoscenza della malattia e deve essere impostato guardando alla forma della malattia, alla frequenza delle crisi e quanto queste possano esporre a rischi chi ne soffre. Oggi esistono diversi farmaci sicuramente efficaci, e la scelta dell’uno o dell’altro dipende dalla forma della malattia e dalla risposta del malato. Generalmente si intende somministrare inizialmente una sola sostanza ricorrendo ad associazioni di due o al massimo tre quando si renda necessario.
È possibile dosare abitualmente la quantità di sostanza presente nell’organismo allo scopo di verificare se il paziente assume una quantità di farmaco troppo basso, utile o eccessiva e quindi tossica.
Il trattamento deve comunque essere prolungato nel tempo e può anche essere mantenuto tutta la vita.
La decisione dell’eventuale sua sospensione spetta sempre al medico specialista dopo anni dalla scomparsa dei disturbi.
Per una buona riuscita della terapia è molto importante una corretta e attenta assunzione dei farmaci senza arbitrarie riduzioni o sospensioni.
A queste condizioni l’epilessia è oggi una malattia curabile con guarigioni o significativi miglioramenti intorno al 70%.
Gli insuccessi sono in genere favoriti da una cattiva condotta terapeutica o dalla presenza di altre lesioni del sistema nervoso, quali ad esempio una grave importante cerebropatia, malattie degenerative, traumatiche ecc. In questi casi l’epilessia, che si definisce secondaria, si associa ad esse o ne costituisce uno dei sintomi.
Infine è bene sottolineare anche l’abuso delle diagnosi di epilessia con eventuali ingiustificati trattamenti in persone che hanno semplicemente presentato un episodio di perdita di coscienza per un improvviso calo della pressione, della glicemia o per una osservazione casuale di un’alterazione elettroencefalografica.
In conclusione, a tutti può capitare di ammalarsi di epilessia come di altre malattie.
I pregiudizi verso tale malattia possono essere superati se le conoscenze della gente vengono adeguate alle attuali conoscenze mediche e se, anziché pensare al magico, ci si rivolge al medico giusto, capace e convincente nel suo operato.
– di Giulio Sideri, Professore Associato in Neurofisiopatologia Università di Roma La Sapienza, 1985
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.10, 1985
Sommario
Editoriale
Vi ricordiamo perché di Mariangela Bertolini
Dossier Epilessia
Una malattia che imprime un marchio di Giuseppe Cultrera
Epilessia: una malattia neurologica ancora sconosciuta di Giulio Sideri
Epilessia: indicazioni di primo intervento
Epilessia in famiglia e a scuola di una mamma e Anna Manfredi
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