E ho capito che bisogna andare oltre l’apparenza
Sono Alessandra, una ragazza di Milano, del gruppo Fatima. Il nostro gruppo è un po’ anomalo: abbiamo più genitori e ragazzi con problemi che amici, ma comunque per adesso i problemi che via via si sono presentati li abbiamo fortunatamente risolti all’interno del gruppo. Andiamo d’accordo tutti quanti e con i ragazzi abbiamo un rapporto molto bello che va anche al di là della festa; abbiamo anche la fortuna di abitare tutti molto vicino.
La festa, come penso in tutti i gruppi, è il momento più atteso dai nostri ragazzi; la nostra festa ha la fortuna di finire con la S. Messa animata da noi, e con una «pizzata»: abbiamo così modo di approfondire la nostra amicizia. Tra ragazzi c’è un’adolescente che, fino a qualche tempo fa, mi dava qualche problema finché… Vittoria è una ragazza molto vivace, e proprio la sua vivacità mi spaventava. Per questo l’avvicinavo poco e la conoscevo poco.
L’estate scorsa mi si è presentata l’occasione di passare una settimana con lei, la sua famiglia e la mia famiglia nel paesino dove trascorro ogni anno le vacanze.
Devo ammettere che prima del suo arrivo ero molto nervosa: mi chiedevo come si sarebbe comportata con me in quella settimana.
Poi Vittoria è arrivata e la sua gioia di vivere mi ha coinvolto come ha coinvolto tutta la mia famiglia.
Eravamo inseparabili, andavamo in giro cantando per il paese, insieme a un’altra ragazza di Torino, «scandalizzando» i paesani e divertendo i villeggianti.
Tute le mie ansie si sono concluse in una settimana favolosa.
Questa esperienza bellissima mi ha fatto capire che bisogna andare oltre l’apparenza: se il ragazzo che ci sta accanto è troppo vivace, musone, o «difficile», bisogna farsi piccoli ed entrare nel suo spirito.
Alessandra Botta
Non sempre c’è una verza a risolvere i drammi
Voglio condividere con voi questa piccola storia.
Oggi è una bella giornata soleggiata. Michela s’è svegliata molto presto (come il solito) chiedendo di andare a scuola. Essendo domenica non c’è scuola e ho faticato non poco a farglielo capire. Allora ha rivolto il suo interesse ad altre attività. Noi cerchiamo sempre di impegnarla in «piccole attività» cosicché anche per lei il tempo non sia noioso. Michela sa che oggi abbiamo i nonni come ospiti: ha un buon rapporto con loro in special modo con la nonna che molte volte schiavizza sottoponendola ad interminabili giochi delle carte. La mamma è dovuta andare all’assemblea del condominio e Michela è sotto la tutela del resto della famiglia. Mentre Michela «monda» l’insalata aiutata dalla nonna, questa l’invita ad andare a Messa con Lei. L’invito rende Michela molto euforica: continua a ripetersi che andrà a messa. Purtroppo la nonna non sa che la gomma di una ruota della carrozzina di Michela s’è bucata ieri alla festa di Fede e Luce: una maligna puntina da disegno gettata per terra ha prodotto il guaio. Michela non vuol sentirne del repentino cambiamento di programma; il nonno cerca di rimediare al guasto e sembra che debba riuscirci quando si deve arrendere per la mancanza di una brugola che solo la mamma, momentaneamente assente, sa dove reperire. Michela è così appiedata e senza gambe. Sfocia così nel dramma: mio figlio e i nonni vanno a messa e Michela è disperata e piange, io mi sento impotente a risolvere anche una povera richiesta di partecipazione alla messa. Difficilmente ciò sarebbe un dramma per uno normale, mentre per i nostri figli che non hanno gambe buone è così.
Rimaniamo soli io e Michela; adesso pendola tra il serio e il pianto facendo di tanto in tanto il «muso» come i bambini piccoli (MIichela sostanzialmente è e rimarrà sempre una bambina anche se fisicamente e anagraficamente è cresciuta). Mi guarda e m’implora come se dipendesse da me l’andare o no a messa.
È seduta nella sdraio, vicino alla finestra; sente le voci dei ragazzi che vanno a messa; vede che il sole rende bella la giornata e con monotonia mi supplica. La prendo in braccio e dopo aver messo un nastro di canzoni dei bambini (che lei predilige) la coccolo tentando anche di farla ballare. Poco per volta la vedo calmarsi ed a tratti anche sorridere. D’improvviso mi viene in mente che in cucina ho una
bella e grossa verza; dico a Michela che ho bisogno che m’aiuti a mondare la verza e tagliarla a pezzettini: per quasi un’ora Michela è tutta presa da questa frenetica attività (tutto ciò che è manuale diventa frenetico per Michela). Ed è così che per merito di una verza la vita continua.
Questa è la cronaca di un «dramma» accaduto in una domenica soleggiata. Quanti «drammi domestici» si devono superare ogni giorno per non amareggiare i nostri figli.
Non sempre ci sono verze a far scivolare il dramma. Allora speriamo nella Divina Provvidenza.
Cosmai Giacomo
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.9, 1985
SOMMARIO
Editoriale
Voci di fratelli e sorelle di Mariangela Bertolini
Articoli
Care sorelle, cari fratelli vi scrivo di Marie-Odile Réthoré
Piano piano notai che Sergio era differente di Francesca
Non solo tutto l’anno, ma tutti gli anni di Paolo Nardini
Spesso però mi regala il suo prezioso sorriso F.M.
Forse per questo non sono andato via di Gianluca
Mio fratello era handicappato di Mons. Peter Birch
Ho scelto mio fratello di Franca Cremonesi
Ma dopo l'incontro non li vedo più di Elisabetta
"Crescere insieme" di Sergio Sciascia
Rubriche
Dialogo aperto n. 9
Vita Fede e Luce n. 9
Libri
L’Abbé Pierre – Una mano tesa agli emarginati di Bernard Chevalier
La paura di amare – La persona handicappata nella società di Jean Vanier