Una mamma con una figlia adulta con handicap mentale grave
Per ora non c’è una necessità immediata. Se la dovessi sistemare adesso, mi piacerebbe poter visitare il posto dove potrebbe andare, vedere le persone che vivranno con lei e avere la sicurezza che alcune di queste persone sono permanenti. Vorrei essere sicura di una certa continuità. Non mi piacerebbe rischiare che E. possa essere tenuta per un breve periodo per poi essere mandata da un’altra parte e dover soffrire per il cambiamento. (Perché sono sicura che, nella migliore delle ipotesi, un po’ soffrirà in ogni caso).
Preferirei qualcosa di piccolo, di misura familiare, dove ci siano dei contatti personali e che E. abbia la stessa persona che si occupa di lei tutti i giorni, aiutata, secondo le circostanze, da qualcun altro. In ogni caso, la piccola casa sarebbe bello che facesse parte di un’organizzazione più grande (l’Arche), dove alcuni, forse la maggior parte, abbiano preso i voti o fatto delle promesse per un tempo lungo.
Penso che ogni persona di buona volontà (inclusi i genitori) disposta a lavorare ad un progetto di questo genere, dovrebbe unirsi ad altre, per pensare alle linee generali, per creare una struttura, uno spirito di vocazione e iniziare le singole unità come e quando siano richieste.
Per cominciare, alcuni genitori, che ne hanno la possibilità, potrebbero essere invitati a investire dei danari (una specie di dote) per garantire un posto per i loro figli o donare una casa. Logicamente le prime persone ad entrare non saranno necessariamente i figli di chi ha fatto la donazione (anche se le persone che hanno donato dovrebbero avere la sicurezza che un giorno il loro figlio sia accolto).
Una volta iniziata, questa organizzazione dovrebbe essere pubblicizzata per trovare degli assistenti (parrocchie ecc.)
Per il mantenimento?
La maggior parte delle persone handicappate ha oggi una pensione. Ogni casa dovrebbe avere un sostegno alle spalle, qualche organismo o qualcuno che dia una garanzia (per es. un vescovo, una parrocchia, delle suore…) cosicché la casa, finché non sia economicamente autosufficiente, sia aiutata da contributi.
Un papà che ha una figlia adulta con h.m. lieve
Troppo spesso ci siamo posti la domanda angosciosa: cosa sarà di nostra figlia quando noi mancheremo?
Io personalmente ho due risposte e spero in Dio che una si avveri: la prima, che l’altra mia figlia, più grande, molto affezionata alla sorella, provveda e si curi di lei, per quanto io sia contrario e far ricadere su altri figli sacrifici e responsabilità; la seconda, che anime buone e generose, ispirate dal Signore, possano accoglierla in qualche formazione comunitaria o casa famiglia, dandole quell’amore che io e mia moglie potremo darle solo dal cielo. Ho pure tanta fiducia che qualcosa si realizzi attraverso quella magnifica e indefinibile realtà che si chiama Fede e Luce.
Una mamma con figlio adulto con h.m. medio
Vorrei non pensarci. Ogni tanto, alla sera, questo pensiero mi viene, anche se vorrei che non venisse mai.
Per me, la casa famiglia è un sogno.
M. ha due fratelli, ma come posso dar loro questo incarico che è per me così gravoso?
Se mio marito avesse avuto un fratello come M., io me la sarei sentita? Immagino la casa famiglia con degli amici, come quelli che oggi attorniano M., o anche con persone stipendiate, ma che abbiano in vista più il cuore che lo stipendio…
Una mamma con figlio adulto con h.m. lieve
La mia idea sarebbe che, dal momento che il mio appartamento è già intestato ai figli, si trovassero due coniugi (attraverso la parrocchia o persone di fiducia) che si affezionassero a lui e vivessero con lui. Lui ha un lavoro, potrebbe provvedere alle spese.
Una mamma che ha una figlia adulta con h.m. medio
Possibilmente una continuità di vita famigliare, qualunque sia, circondata da quell’amicizia creata a Fede e Luce e vorrei tanto che non fosse un sogno… Deve essere preparata. Così come è nato il Chicco, spero che nascerà una comunità per grandi perché credo che la mentalità sia cambiata negli ultimi anni.
Una papà con figlia adulta con h.m. grave
Una casa ideale dovrebbe sempre rispondere ad alcuni requisiti ben definiti.
Innanzitutto gli assistenti. Ci deve essere continuità. Una o due persone che fanno da perno e riferimento alla casa, nelle quelli la persona o le persone affidate possano, per quanto è possibile, vedere dei nuovi genitori. E’ assolutamente inconcepibile stabilire dei turni a rotazione. Altre persone possono aiutare, ma bisogna cercare di non avere un numero eccessivo di persone che ruotano intorno alla casa. Il volontariato, in questo caso, dovrebbe essere ridotto al minimo per i motivi suddetti, e servire per coprire le emergenze.
Gli utenti. Selezionare bene le persone handicappate affinché non ci sia incompatibilità fra loro.
Il posto. Una casa con giardino e, perché no, dato che stiamo parlando di una casa ideale, anche una piccola piscina.
Il finanziamento. Le pensioni e gli assegni di accompagno dovrebbero essere la base e potrebbero anche essere sufficienti per il mantenimento della casa. Il problema è rappresentato dalla spesa iniziale di impianto. Non vedo al momento altre soluzioni che quella delle donazioni da parte di privati e/o di ordini religiosi.
Quando? Penso che si dovrebbe iniziare subito, anche se al momento, grazie a Dio, personalmente non è necessaria. Ma sono proprio le necessità degli altri che dovrebbero spingere tutti noi genitori a creare dei piccoli gruppi per poter progettare delle microrealizzazioni a seconda del tipo di handicap dei nostri figlioli.
Questo articolo è tratto da:
Ombre e Luci n.11, 1985
Sommario
Editoriale
Casa famiglia»: sogno o realtà? di Mariangela Bertolini
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