Cari amici,
vi incontro, molto spesso, in ambulatorio dove accompagnate vostro fratello o vostra sorella e mi avrebbe fatto piacere parlarvi e, soprattutto, ascoltarvi di più. Nel vostro sguardo scorgo tanti interrogativi che hanno paura a venir fuori. Il vostro atteggiamento testimonia, il più delle volte, un’immensa tenerezza per questo fratello maggiore o più piccolo, così limitato nei movimenti o nell’espressione, ma spesso straripante di vita…
Sento talvolta in voi un imbarazzo fatto senza dubbio di pudore, ma forse anche di vergogna, di rivolta o anche di avversione nei confronti di chi si prende tutte le attenzioni della famiglia ed è un carico troppo pesante da portare.
I momenti difficili
Capisco e condivido le difficoltà e lo smarrimento di quanti e quante sono profondamente colpiti dalla malattia di un fratellino atteso con tanta speranza. Capisco quelli che soffocano in un ambiente familiare dove tutto converge verso la sorella o il fratello handicappato — ritmo di vita, discussioni, relazioni — quelli che ne hanno abbastanza di domeniche andate a monte, di vacanze rovinate; quelli che temono di incontrarsi con un amico «che non sa»; quelli che non ne possono più di vedere le loro piccole cose rovinate, i loro vestiti imbrattati, i loro libri stracciati; quelli che si ribellano a forza di essere resi responsabili di sciocchezze: «Tu che puoi ragionare, be’ avresti dovuto…». Quando nel vostro cuore vi capita di detestare questo ragazzo autore di tanti sbagli, quando vi capita di desiderare che muoia o di preferire che non fosse mai nato… non crediatevi dei mostri… Il nostro cuore di uomini, a volte così generoso, ha molte difficoltà a voler bene giorno dopo giorno.
Voi che vi trovate in questa situazione senza che vi sia stato chiesto il parere, non dovete dimenticare che i veramente feriti non siete voi, ma questo fratello o questa sorella, con la quale a volte vi sembra così difficile vivere. E lui non sa che farsene della vostra pietà, non vi chiede di essere suoi schiavi. Vuole solo farvi partecipi, forse non a lungo, ma intensamente.
Aiuto fraterno con un po’ d’umorismo
Nei momenti privilegiati in cui vi sentite vicini a lui, accade che ci sia nel suo sguardo, un’esplosione di gioia e tutto l’entusiasmo del mondo. Allora tutto vi è permesso e potete ottenere praticamente tutto… non ha più paura di nulla se voi siete lì, né dell’acqua della piscina, né della bici instabile, né degli sci che se ne vanno giù da soli… né di fare quel primo passo così difficile.
Voi sapete scoppiare in una risata quando lui sbaglia o non riesce, senza ridicolizzare né prendere in giro né drammatizzare. Voi riuscirete a trovare il tono che aiuterà una sorella a mantenere la linea, ad essere un po’ vanitosa, e più sorridente. Voi accetterete una rissa con un fratello un po’ irruento, senza imbrogliare, ma cercando di insegnargli a controllare la forza.
Un aiuto ai genitori per l’educazione
«I genitori hanno sempre paura… lo coccolano troppo, lo trattano sempre come un bambino!» Non dovete volergliene per questo. Hanno tremato tanto per questo bambino così fragile! Ma voi potete aiutarli a fare i primi passi per cambiare atteggiamento.
Ad esempio fate in modo, se è possibile naturalmente, che vostro fratello scenda a comprare il pane, che porti a passeggio il cane intorno a casa, che impari ad attraversare la strada, a prendere da solo la metropolitana o l’autobus. Fate capire ai genitori che d’ora in poi sarete voi, il fratello grande, a curare la toeletta dell’adolescente. A questa età un ragazzo ha la reazione, più che normale, di non voler più essere lavato dalla madre. Che il fratello maggiore, con discrezione, si occupi allora del più giovane. Insegnateli a radersi, magari regalandogli un rasoio elettrico. Se non è capace, radetelo voi stesso ogni tanto, ma evitate che lo faccia vostra madre: vostro fratello potrebbe esserne umiliato. Ancora, è vostro compito, di fratelli e sorelle più grandi, di curare l’aspetto di vostra sorella: che sia vestita secondo la sua età e non come una bambina, tenendo conto della moda e dei suoi gusti. Perché non precedere i suoi desideri regalandole il vestito o il gioiellino che possono piacerle?
Badate anche che i vostri genitori, i migliori, quelli che operano nei diversi movimenti, non trasformino i pasti familiari in riunioni dell’ANFFAS o di Fede e Luce. Incoraggiateli e aiutateli ad assumere delle responsabilità sociali (è uno dei loro doveri): ma ogni cosa a suo tempo! Proponete dei temi di discussione in cui ognuno possa esporre le sue idee e raccontare quel che ha fatto, visto, letto, saputo.
Aprite le porte
Aprite le porte, fate entrare i vostri compagni di scuola. Verranno più facilmente sentendosi bene accolti. Apritele anche per uscire. È perfettamente legittimo. Fate attività coi vostri amici, vacanze all’estero, andate per il mondo senza sentirvi colpevoli.
Non tradite mica vostro fratello o vostra sorella trascorrendo delle belle vacanze senza di loro. Tornando a casa, sarete meglio disposti nei loro riguardi. Non dimenticate di insistere coi vostri genitori perché il ragazzo handicappato riceva, anche lui, i suoi amici e parta in vacanza con loro.
Quando il fratello o la sorella lasciano la casa
Può venire il giorno per tuo fratello, per tua sorella, di dover lasciare la famiglia ed entrare nel suo Istituto, nella sua casa famiglia.
Può essere un passaggio necessario, specie per i vostri genitori.
I genitori ci sono per aiutare i figli a diventare quello che sono non per accaparrarseli.
In questi casi, sarebbe meglio che vostra sorella o vostro fratello handicappato non lasci per ultimo la casa dopo avervi visti partire uno dopo l’altro con quelli e quelle che gli sono stati presentati come dei «nuovi» fratelli o sorelle, ma che in realtà, non sono venuti che per portargli via la sua «vera» sorella e il suo «vero» fratello.
La vostra presenza al momento del distacco, può servire a sdrammatizzare la situazione. Voi sarete lì anche per i ritorni a casa, da quegli istituti che lo permettono: quelli saranno allora momenti di festa! E lui sarà felice di ritornare alla sua nuova casa, ai suoi amici, al suo lavoro, la sua vita…
Parlate, parlate, parlate
Che cosa ha? Che male ha questo mio fratello, questa sorella? Non tenetevi dentro domande senza risposta perché mai poste. Vedete soffrire i vostri genitori e state zitti; non osate domandar loro chiaramente la natura del suo male: cercate le risposte da soli senza chiedere il parere, il consiglio di persone competenti che potrebbero aiutarvi.
Parlate dunque, e aiutate anche i vostri genitori a parlare. Forse non vi hanno ancora detto tutte le precauzioni che hanno preso perché voi non vi troviate a carico vostro fratello o vostra sorella divenuti adulti. Così potrete guardare al futuro senza apprensione.
E l’ereditarietà
Forse non osate affrontare questo argomento ma dovete sapere se ci sono rischi particolari per i vostri futuri figli. Non potete fingere che il problema non ci sia e dire, come una ragazza che conosco: «Per me è lo stesso, avere un figlio come mio fratello». I vostri genitori devono fare gli esami necessari per stabilire se quel male è o no trasmesso per eredità. Il medico deve spiegarvi i come e i perché, se siete trasmettitori di handicap.
La verità libera. Quando la conoscerete, potrete discutere con chi formerà con voi una famiglia, misurare il rischio, seguire i progressi della medicina che potranno ridurre o togliere quel rischio.
Potrete anche cercare un amico che vi aiuti a scoprire i vostri doni, la vostra strada, e domandare al Signore di far luce su quanto Egli si aspetta da voi (un problema può sembrare insolubile, senza esserlo poi davvero). Quando si domanda tutto a Dio, Egli dona tutto. È possibile anche, in alcuni casi di trasmissione ereditaria, pensare al matrimonio, a condizione di assumere in due, e con piena consapevolezza, tutto ciò che questo implica.
Presto prenderete il largo e farete la vostra vita. Questo fratello, piccolo o grande, voi l’avreste preferito «diverso» ma avete scoperto ciò che ha di unico. Vi siete sforzati di farlo felice e siete ricchi, per la vita, di tutto quello che vi ha insegnato. Anche se, per la vostra situazione familiare, professionale o sociale, le vostre strade si allontanano sempre di più, voi conoscete la fedeltà dell’amore fraterno.
– di Marie-Odile Réthoré, 1985
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.9, 1985
SOMMARIO
Editoriale
Voci di fratelli e sorelle di Mariangela Bertolini
Articoli
Care sorelle, cari fratelli vi scrivo di Marie-Odile Réthoré
Piano piano notai che Sergio era differente di Francesca
Non solo tutto l’anno, ma tutti gli anni di Paolo Nardini
Spesso però mi regala il suo prezioso sorriso F.M.
Forse per questo non sono andato via di Gianluca
Mio fratello era handicappato di Mons. Peter Birch
Ho scelto mio fratello di Franca Cremonesi
Ma dopo l'incontro non li vedo più di Elisabetta
"Crescere insieme" di Sergio Sciascia
Rubriche
Dialogo aperto n. 9
Vita Fede e Luce n. 9
Libri
L’Abbé Pierre – Una mano tesa agli emarginati di Bernard Chevalier
La paura di amare – La persona handicappata nella società di Jean Vanier