Chi ha avuto un figlio con turbe del comportamento, chi ha diviso la sua vita con un ragazzo psicotico, sa. Chi non ha vissuto questa esperienza non può sapere. Nulla può sostituire l’esperienza. Ammesso ciò, Ombre e Luci propone queste quattro esperienze, raccontate, dalle persone che le hanno vissute, senza fronzoli ne bravure stilistiche. Con un po’ di partecipazione affettiva e un po’ di fantasia si può «leggere» che realtà ci sia dietro frasi e parole molto piane e usuali. Ci sembra questo il punto di partenza necessario del viaggio attraverso i problemi che sono intorno e dentro la psicosi infantile che questo Ombre e Luci ti propone.
Trasmettere agli altri, attraverso queste poche righe, le angosce, le speranze, le sconfitte, le vittorie che, come pietre miliari hanno marcato e continuano a marcare la nostra vita da venti anni, è cosa veramente ardua. Avere un figlio handicappato significa cimentarsi, giorno per giorno, con problemi che per essere sormontati necessitano armonia di intenti e reciproco sostegno tra i coniugi.
La gioia per la nascita di Oliviero, nostro primogenito, iniziò ad essere offuscata dopo solo sei mesi, quando presero ad apparire i primi sintomi di sofferenza cerebrale che si manifestava con mioclonie (contrazione involontaria che colpisce ritmicamente uno o più muscoli) e crisi di carattere epilettico. Cominciò per noi, giovani e inesperti, l’affannosa ricerca del «meglio» che la scienza medica di quei tempi potesse offrire. Gli esami elettroencefalografici si susseguirono freneticamente e i pareri clinici che ci venivano elargiti dai vari «luminari», non sempre concordi, erano corredati da terapie di carattere calmante ed ipnotico. Niente ci fu consigliato in quel periodo, da chi avrebbe dovuto consigliarci, per evitare l’impatto psicologico traumatizzante sul bambino delle nostre angosce e di tutte le «manipolazioni» cliniche che esami e terapie richiedevano.
Dopo un anno, trascorso in Italia, senza risultati clinici, con un quadro epilettico sempre più grave, con uno sviluppo psico-motorio bloccato all’età di sei mesi, decidemmo di ospedalizzare Oliviero presso la clinica pediatrica dell’ospedale cantonale di Zurigo. Fu un successo!
Dopo pochi giorni di qualificata analisi clinica, seguita da un tentativo di terapia con un idrocortisone e successivamente da una pneumoencefalografia tutte le manifestazioni epilettiche scomparvero per sempre e il primo sorriso di Oliviero ci fece piangere di gioia.
Perchè non era stato possibile ottenere prima lo stesso risultato?
La gioia per la guarigione «clinica» di Oliviero fu purtroppo di breve durata. Il periodo di sofferenze trascorso, le «manipolazioni» che il mondo esterno gli aveva fatto subire per il suo stato, lo avevano marcato per la vita. Il rapido sviluppo motorio fu accompagnato da un collaterale sviluppo psichico. Nel bambino si erano istaurate psicosi di carattere autistico con manifestazioni di instabilità e stereopatie.
Iniziò per noi la ricerca dell’organizzazione psico-medico-pedagogica che potesse dare a Oliviero le migliori occasioni di recupero psichico e sociale. Scoprimmo ben presto quanto sia deficitaria l’organizzazione italiana in questo delicato compito sociale e ci dibattemmo per parecchi anni tra i meandri delle «scuole speciali».
Cademmo anche noi nella trappola di traumaturghi paramedici; sapemmo però ben presto liberarcene, giustificando il nostro tentativo proprio come un tentativo che ogni genitore difficilmente può evitare di fare.
La legge sull’integrazione degli handicappati nella struttura scolastica normale, pure positiva nella sua concezione, ci pose davanti a una triste realtà: la discriminazione degli handicappati che si voleva evitare ne creava un’altra in seno alla categoria: i più bisognosi di assistenza specializzata venivano automaticamente discriminati per la quasi totale mancanza di un’adeguata organizzazione psico- medico-pedagogica di complemento al corpo insegnante che potesse permettere la scolarizzazione.
Ci rendemmo conto che, nel nostro paese, accanto a un corpo psico-medico qualificato non esiste la figura professionale dell’educatore specializzato. A nostra conoscenza non esistono in Italia Istituti che, come in altri paesi europei, preparano professionalmente gli educatori specializzati sia dal punto di vista teorico che pratico.
Ancora una volta ci vedevamo costretti a cercare all’estero la possibilità di poter dare a Oliviero una speranza di recupero sociale; recupero sociale che si faceva sempre più pressante, con il passare degli anni e con l’acuirsi dell’instabilità e dei disturbi di comportamento che le varie attività delle «scuole speciali» non avevano saputo «rieducare» e controllare.
Le possibilità che le nostre rispettive attività professionali ci danno, ci permisero di poter prendere in considerazione una sistemazione di Oliviero all’estero. La decisione di allontanare Oliviero dalla famiglia fu penosa da prendere, ma necessaria.
L’equilibrio della famiglia era in gioco! La nascita di altri due figli, pur avendo dato a noi genitori un benefico mezzo per poterci distogliere saltuariamente dal problema principale di Oliviero e così ritemprare le nostre decimate risorse psicologiche, ci poneva davanti a nuovi doveri. La presenza di un bambino autistico nel seno di una famiglia instaura ritmi di vita a carattere psicotico che difficilmente possono essere spezzati. Diventa un calvario per i genitori dover conciliare i propri sentimenti con una corretta azione rieducatrice! L’instabilità e l’irrequietezza di Oliviero avevano raggiunto i limiti della convivenza famigliare facendoci convincere della necessità di inserire Oliviero in una struttura educativa diversa.
E’ stata ancora una volta la Svizzera ad offrirci la struttura educativa che potesse conciliare una corretta educazione e un ambiente di vita a carattere familiare.
Oliviero da otto anni è inserito in un’organizzazione antroposofica (di Rudolf Steiner) che per le sue strutture, per i suoi principi ed obiettivi rivolti al recupero sociale degli handicappati, per l’abnegazione di chi svolge in essa la sua opera di educatore, ha dato a nostro figlio un grado di recupero sociale che ci permette di guardare il futuro con più serenità.
-di Vincenzo e Irene Ruisi, 1984
Quattro storie
Figlio mio non credo di Delia Mitolo
È sempre stato rifiutato di Lina Cusimano
La legge sull’integrazione di Vincenzo e Irene Ruisi
La riabilitazione di L.N
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.6, 1984
SOMMARIO
Editoriale
Il mistero del bambino psicotico di Marie Hélène Mathieu
Quattro storie
Figlio mio non credo di Delia Mitolo
È sempre stato rifiutato di Lina Cusimano
La legge sull'integrazione di Vincenzo e Irene Ruisi
“La riabilitazione nella scuole”. Ma la bambina non è tenuta in classe
di L.N.
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Nessun uomo è una pietra del Prof. Yves Pélicier
Psicosi precoci del Prof. Jaques Didier Duché
Un centro per la cura della psicosi di N. Schulthes e S. Sciascia
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Rubriche
Libri
Vivere con un bambino autistico, A. e F. Brauner