Innanzitutto qualche parola sulla storia della classe.
Prima integrate nella scuola dell’obbligo, poi troppo giovani per entrare nel mondo del lavoro, abituate a vivere la vita di tutti, sette ragazzine, poi otto, poi nove (è il numero massimo per una classe dove si vuol lavorare bene) si ritrovarono senza posto dove andare all’inizio dell’anno scolastico ’82. Bisognava trovare un istituto coraggioso, deciso a mettere in atto quelle parole troppo spesso scritte nei progetti di pedagogia, quali «apertura», «accoglienza», «diritto alla differenza»…
Dopo varie ricerche si trovò un istituto cattolico con una direttrice pronta a tentare.
Si fece una lunga e minuziosa preparazione: consultazione di tutto il corpo insegnante, del personale non insegnante, dei genitori delle alunne, annuncio del progetto molto per tempo, riflessione con le alunne ecc.
Va precisato che la creazione di questa classe non fu realizzazione di una teoria che si voleva imporre, cioè quella dell’«integrazione a ogni costo», ma prima di tutto una risposta molto concreta alla domanda di alcuni genitori preoccupati per le proprie figlie; poi messa in pratica dell’idea che in certi casi va tentato il prolungamento della scolarizzazione in ambiente normale.
Le «Azzurro» (è il loro colore, così come diciamo le «Rosso» per le quinte, le «giallo» per le quarte ecc.) sono contente dove sono e lo dimostrano. Se, ancora, non è possibile integrarle nelle classi normali, prendono parte però a tutte le attività comuni delle classi: ricreazione, mensa, piscina, catechesi, uscite varie.
Quando prepariamo una festa — le occasioni sono molte — le Azzurre partecipano come le altre. Recentemente hanno avuto un grosso successo con una serie di scenette rappresentate con spontaneità e freschezza. Hanno avuto anche il bis…
Solo l’insegnamento vero e proprio è diverso, dato il livello culturale molto inferiore alle altre classi.
Due insegnanti, scelte solo per loro, curano il programma di «Insegnamento generale». Per la musica, l’istruzione tecnica e manuale e la ginnastica hanno gli stessi professori delle altre compagne di istituto. Una fisioterapista e due ortofoniste offrono il loro sostegno alle ragazze quando i genitori lo chiedono, come del resto avviene per altre ragazze della scuola.
Sul piano «sociale» possiamo dire, senza abbellire la realtà, che l’esperienza è riuscita: non ci si volta più davanti a un’Azzurra che parli da sola. Ma se durante la ricreazione una piange, c’è sempre qualcuna che viene a chiederle che cosa non va e che la consola.
Ovviamente, questo è il risultato di un lavoro costante di risveglio della coscienza e di responsabilizzazione da parte delle alunne: è stata spiegata la Trisomia 21 (abbiamo anche mostrato un filmetto sull’argomento per i professori e le alunne che volevano saperne di più); le alunne sono state convinte che, come l’équipe pedagogica, sono responsabili del successo dell’iniziativa.
L’iniziativa in effetti ha un doppio fine: favorire l’inserimento di ragazze portatrici di handicap, e abituare le altre alla presenza di giovani diverse da loro, sì, ma anche capaci di offrire qualcosa. Una volta adulte, le alunne di questa scuola avranno, si spera, un’opinione diversa sull’handicap, sia esso mentale o motorio. (Non è forse la scuola il luogo che meglio si presta a questo scopo?)
Concretamente questo ha voluto dire che invece di dare alle azzurre un’aula grande ma isolata dal resto dell’istituto si è preferito assegnar loro un’aula un po’ più piccola, ma vicino alle altre, sullo stesso piano delle quinte, con gli stessi spogliatoi, le stesse toilettes… E per essere certi che tutte le sezioni di quinta si mescolassero alle azzurre abbiamo istituito un turno in modo che ogni trimestre una nuova classe (la quinta «blu», poi la rossa, poi la gialla…) occupa l’aula davanti a quella delle azzurre. Così il gemellaggio non è privilegio di una trentina di ragazze, ma affare di tutto il piano. Né derivano alcuni problemi. Spesso le ragazze di quest’età — e non soltanto le azzurre — sono un po’ esclusive nell’amicizia: c’è qualche allontanamento della «migliore amica» e qualche dolore più serio di quanto sembri…
Le quinte dell’anno scorso (il I liceo di quest’anno) vi diranno che, secondo loro, quest’anno il gemellaggio è fatto meno bene: «Le nuove quinte non capiscono niente, non se ne occupano abbastanza bene…». Forse è vero — la situazione è meno nuova dell’anno scorso — ma può darsi che le azzurre quest’anno abbiamo meno bisogno; se la sbrigano molto meglio ora… o quasi!
Un’esperienza riuscita
Se si dovesse fare il bilancio dell’esperienza, si potrebbe dire che almeno in tre punti è riuscita:
- consolidamento delle acquisizioni di base;
- progresso nell’autonomia;
- crescita individuale.
Questo per le alunne azzurre.
Anche per l’istituto, il bilancio è positivo:
- abbandono dei pregiudizi: le preoccupazioni, normali in partenza, oggi sono sparite;
- scoperta della differenza (la celebrazione del Natale di quest’anno è stata fatta su questo tema) ;
- nascita di vocazioni; non di rado ragazze delle classi superiori vengono a dare un’occhiata alla classe «Azzurro», domandano che cosa si fa, si interessano ai progressi;
- educazione alla responsabilità per le alunne che sono vicine alla classe azzurra («la costringo a ripetere», diceva una ragazzina di quinta parlando di Natalia che ha una certa difficoltà di parola);
- un tono di generosità un po’ per tutto l’istituto.
Sono molti punti positivi… Malgrado ciò, non vogliamo presentare questa esperienza come una panacea universale (se pure ne esiste una), né pensiamo che non si debbano provare altre iniziative educative. Semplicemente è un’iniziativa riuscita, interessante da seguire con certe persone…
– di Madeleine Toussaint, 1984 da Ombres et Lumière n.66
Abbiamo presentato questa iniziativa francese per cercare di invogliare qualche istituto cattolico a farsi avanti, a trovare il coraggio per andare incontro a tanti genitori costretti, dopo la terza media, a «tenersi a casa» i figli perché non c’è più niente per loro! Con un po’ di creatività, un po’ di generosità, quanto bene, quanto recupero di identità potrebbero venire a tante scuole cattoliche che appaiono chiuse a questo problema!
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.7, 1984
SOMMARIO
Editoriale
Una verità difficile a dirsi di Mariangela Bertolini
Scuola
Un uovo, due uova di M. Grazia Granbassi
Classe "azzurro" di Madeleine Toussaint
Articoli
Quel lupo dentro noi di Jean Vanier
Il volontariato di Nicole Schulthes
Il nostro cucciolo di due metri di Betti Collino
Casa Jada di Sergio Sciascia
Rubriche
Dialogo aperto n. 7
Vita Fede e Luce n. 7 - Il convegno internazionale
Libri
Li fece uomo e donna, Jean Vanier