Questa possibilità – poco credibile per chi non ha mai fatto l’esperimento – è stata una sorpresa per molti che l’hanno provata. Anche questo scritto, come quelli di Anna Cece e Agnés Auschitzky, descrive questa “scoperta” e suggerisce come attuarla.
La nostalgia delle giornate passate insieme in un campeggio estivo ha spinto un gruppetto di amici di handicappati a tentare l’esperienza del campo anche nel periodo invernale.
Le vacanze troppo brevi di Natale e di Pasqua, il clima spesso rigido dell’inverno, il lavoro e lo studio da mandare avanti sembravano essere d’ostacolo e scoraggiare il tentativo; ma il desiderio di vivere insieme le feste più belle con la preparazione e l’attesa che le contraddistinguono spingeva in senso contrario.
Attirava anche l’idea di sperimentare di più la vita domestica, di casa, quando fuori piove e nevica, e inoltre si poteva tentare di organizzare così bene le giornate da trovare anche il tempo per lo studio per chi non voleva interromperlo.
Il primo campo invernale dunque risale al Natale 1979. Ebbe luogo a Carpineto Romano, nel convento dei frati agostiniani.
I frati mettono a disposizione, oltre alle stanze da letto, una cucina attrezzata; non hanno mai chiesto pensione, accettando semplicemente l’offerta che il gruppo riteneva di poter dare, e quello che più conta accolgono con grande calore.
Da allora il campo si è ripetuto ogni vacanza di Natale e di Pasqua sempre nello stesso luogo. A Pasqua del 1982, si organizzò anche un altro campo al Circeo, in un’abitazione messa a disposizione dalla proprietaria.
Fin dall’inizio, il campo invernale si è configurato secondo alcune caratteristiche specifiche.
Poiché il fine è quello di passare dei giorni insieme tra amici e ragazzi con difficoltà anche gravi non interrompendo gli studi:
- È necessario che gli amici siano in buon numero per organizzare le giornate in modo che ognuno abbia qualche ora a sua disposizione. Poiché i giorni a disposizione non sono mai molti (al massimo una decina) e spesso si deve stare in casa.
- Il numero complessivo dei partecipanti non può essere molto alto (dalle dodici alle venti persone). È molto bello che partecipino amici e ragazzi nuovi ma è importante che vi sia sempre un forte nucleo di base, ben omogeneo al suo interno, con maggiore esperienza.
- Questi soggiorni non richiedono grossi preparativi pratici, ma numerosi incontri prima e dopo: per approfondire la conoscenza reciproca, per verificare come ogni amico o ragazzo si è sentito insieme agli altri, per individuare i difetti e i limiti dell’esperienza e porvi rimedio. A questi campi non hanno mai partecipato genitori, ma, tranne una volta, è sempre stato presente un amico più grande, un sacerdote.
- La presenza di un sacerdote può essere preziosa sia perché permette di vivere l’amicizia, la gioia o il dolore del tempo anche a livello di celebrazione liturgica, sia perché può raccogliere eventuali tensioni e difficoltà aiutando a risolverle in seno al gruppo.
- È indispensabile che prima di ogni campo vi siano contatti non superficiali con i genitori dei ragazzi handicappati che vi partecipano per avere indicazioni precise sul comportamento da seguire, ma soprattutto per coltivare un senso di amicizia e di fiducia reciproca.
- È bene che chi partecipa sappia stare un po’ in silenzio, sappia riflettere, sia pronto a mettersi in discussione e sappia farlo anche con gli altri, ma senza ferire.
È bene, è bene… ma ogni campeggio, estivo o invernale, mette in luce quante cose sono importanti per vivere anche solo una settimana di vera comunità. E ogni volta, al ritorno, ci si accorge che è mancato questo o quello!
Ma tanti bei momenti rimangono: la conoscenza e l’apertura alla vita del paese, un progresso insperato o la gioia di un ragazzo, i bambini che vengono a giocare, gli inviti a partecipare a una festa, il negoziante che manda un regalo!
E ancora, le sere passate a ridere e a giocare, i pranzi ottimi o disastrosi a seconda del cuoco, le lunghe passeggiate e i giochi sotto la neve, le celebrazioni liturgiche dense di significato, le liti e le riconciliazioni.
Non sono solo ricordi le cose che restano: ognuno di questi momenti è come un mattone che costruisce… prima le fondamenta e poi, come dice la canzone, piano piano viene su una grande casa.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.3, 1983
SOMMARIO
Editoriale
Gli altri di Marie Hélène Mathieu
Dossier: Vacanze
Con la differenza si può convivere di Anna Cece
Nessuno aveva pensato che Patrick avrebbe preso parte alla gita di Mariagnela Bertolini
Con loro sono salito sul monte Méta di Patrick Thonon
Per la prima volta lontano da me di Rita Ozzimo NameErrorem
Insieme sì, ma come di Nicole Schulthes
…ed è stata una vera vacanza di Agnés Auschitzky
Soggiorni invernali di Lucia Bertolini
Prestare casa intervista a Francesca Biondi
Rubriche
Dialogo Aperto n.3
Vita Fede e Luce n.3
Libri
Quando il dolore bussa forte, Dori Zamboni
Un caso di coscienza, Henry Denker
Storia di un padre, David Melton
E non disse nemmeno una parola, Heinrich Böll