Fra le molte difficoltà quotidiane, ritorna spesso quella dell’atteggiamento degli “altri” verso i genitori di figli handicappati e dell’atteggiamento dei genitori di figli handicappati verso gli “altri”.
Tre problemi sembrano ripresentarsi, soprattutto in vacanza, quando si è costretti ad incontrare persone nuove.
“Cosa possiamo fare quando gli “altri”, incontrandoci, non sanno che cosa dire vedendo nostro figlio?”
Proviamo a metterci al loro posto. Riandiamo ai tempi in cui non eravamo ancora una famiglia con un figlio handicappato. Come ci sentivamo a disagio quando incontravamo persone che soffrivano: quella mamma che aveva appena perduto un figlio, quell’amico rimasto paralizzato in seguito ad un incidente in macchina…
Avevamo così paura di ferire che facevamo come se niente fosse. Al massimo, limitavamo la conversazione a luoghi comuni. Forse avevamo anche paura di impegnarci se l’interlocutore svelava troppo la sua sofferenza e ci portava a condividerla…
Perciò adesso, cerchiamo di capire il turbamento di colui che ci incontra per la prima volta. Se ci addolora la sua apparente indifferenza, non lasciamocene sopraffare. Meglio interessarci noi per primi, veramente alla sua famiglia, alle sue difficoltà, pene, gioie, parlando di piccoli problemi quotidiani. Bisognerebbe, poco per volta, cercare di accostarci agli altri con delicatezza, “dare il tono”, un tono naturale alla conversazione. Spesso, poi, sarà proprio il nostro figlio a far ponte fra noi e gli altri. Lui diventerà il legame. Lui, che credevamo l’ostacolo, sarà il segno di comunione.
“Ci sono delle persone che, quando mi vedono con Giacomo, attraversano la strada per evitarci, o semplicemente si voltano facendo finta di guardare un manifesto. Certo, non possiamo dir niente, ma dentro, come possiamo non starci male e spesso provare rancore per loro?”
Dobbiamo fare qualcosa di più: non drammatizzare, risollevare il cuore. C’è spesso tanto disagio nell’apparente indifferenza. E molte volte in quelli che ci umiliano c’è gran paura di umiliare. Dovremmo sforzarci di voler loro bene, almeno per un momento, magari dicendo una preghiera e poi…forse, quando è possibile, fare il primo passo. È straordinario, dopo, constatare che aspettano solo questo.
“Quelli che fanno più rabbia, sono coloro che manifestano pietà (avrei voglia di dire la loro sporca pietà): “Certo, non avete avuto fortuna…che disgrazia, un bambino che sembrava così bello… Ci domandiamo come fate ad andare avanti!”.
È vero che la pietà – quella che si esprime con un certo paternalismo, con una superiorità che ci compiange – lungi dall’aiutarci, ci toglie la forza. Quello che vorremmo è comprensione, solidarietà, simpatia che agisce. Possiamo far qualcosa per suscitare questi sentimenti nei nostri confronti?
Se vogliamo non attirare pietà, cerchiamo di non fare pietà. È una tentazione sottile che si insinua spesso in noi. Non compiaciamoci della nostra sofferenza, non assaporiamo la nostra tristezza.
Spesso gli “altri” tendono ad imitare il nostro comportamento. Sono con noi come noi siamo con il nostro figliolo. Come lo vediamo noi? In quello che ha di colpito, sfigurato, di sminuito o in quello che ha di unico, di incomunicabile ma che noi conosciamo? Una persona capace di amare, segreta come non ce n’è altra, come non ce ne sarà mai un’altra fino alla fine del mondo?
Quelli che manifestano la loro pietà cercano una soluzione in un atteggiamento convenzionale. Bisognerebbe non farli cadere in un’altra convenzione, ma iniziarli ad un amore vero.
Quelli che hanno visto passare Gesù carico della croce, l’uomo dei dolori, neanche lo sapevano che faccia fare.
Di tutti questi timidi potrebbero essere patroni la Veronica o Simone di Cirene.
Marie-Hélène Mathieu è nata il 4 luglio 1929 a Tournus in Francia. Educatrice specializzata, allieva di padre Henri Bissonier, ha fondato l'Office Chrétien des Personnes Handicappées (1963), poi Ombres et Lumière, rivista cristiana delle persone portatrici di handicap, delle loro famiglie e dei loro amici. Ha creato, nel 1968, con Jean Vanier il movimento Foi et Lumière. Membro del Pontificio Consiglio per i Laici dal 1984 al 1989 è stata la prima donna a tenere una Conferenza di Quaresima a Notre- Dame di Parigi (1988), ed è Cavaliere della Legion d'Onore. Autrice, tra l'altro, di Dio mi ama così come sono (Effatà, Cantalupa 2002), Mai più soli,L'avventura di Fede e Luce, (Jacabook, 2012).
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.3, 1983
SOMMARIO
Editoriale
Gli altri di Marie Hélène Mathieu
Dossier: Vacanze
Con la differenza si può convivere di Anna Cece
Nessuno aveva pensato che Patrick avrebbe preso parte alla gita di Mariagnela Bertolini
Con loro sono salito sul monte Méta di Patrick Thonon
Per la prima volta lontano da me di Rita Ozzimo NameErrorem
Insieme sì, ma come di Nicole Schulthes
…ed è stata una vera vacanza di Agnés Auschitzky
Soggiorni invernali di Lucia Bertolini
Prestare casa intervista a Francesca Biondi
Rubriche
Dialogo Aperto n.3
Vita Fede e Luce n.3
Libri
Quando il dolore bussa forte, Dori Zamboni
Un caso di coscienza, Henry Denker
Storia di un padre, David Melton
E non disse nemmeno una parola, Heinrich Böll