Che influenza ha avuto Sabina nella nostra vita?
Oggi che Sabina ha 15 anni, rispondo a questa domanda in modo diverso da come avrei risposto quando mia figlia era più piccolina. Non vi è dubbio che questa dolorosa esperienza, — sarebbe più giusto chiamarlo dramma, — di avere un figlio gravemente handicappato cambia la vita, i programmi, il modo di agire e di pensare di tutta una famiglia.

Per quello che mi riguarda penso che la mia vita possa dividersi in tre parti ben separate.
La prima parte è stato l’incontro con l’handicap, che nel mio caso è stato progressivo, non perché Sabina, al momento della nascita non aveva alcun segno che potesse far pensare ad un qualsiasi handicap.
La presa di coscienza è venuta gradualmente: innanzi tutto gli occhi, 25 giorni dopo la nascita; ci dissero che era possibile salvarli con delle operazioni. Ma ahimè, non è stato così. A mano a mano che il tempo passava, mi rendevo conto che gli occhi erano irrimediabilmente perduti. E quando cominciavo a rassegnarmi ad avere una bambina cieca, cominciai a rendermi conto che Sabina non dava alcun segno di partecipazione a ciò che accadeva intorno a lei.
Non poteva raddrizzarsi, sedersi, mangiare come fanno tutti gli altri bambini. Consulto di altri specialisti: « Non si preoccupi, un po’ di fisioterapia e la bambina guarirà ». A questo punto posi tutte le speranze nella fisioterapia, come in una ricetta magica, ma anche la fisioterapia non dette altri risultati che illusioni e frustrazioni.

La speranza che Sabina potesse reggersi sulle sue gambe diminuiva lentamente e così anche tutte le altre speranze non erano altro che fonte di nuove frustrazioni da aggiungere alle precedenti: niente da fare per la parola, nessuna risposta alle sollecitazioni; mangiare da sola: neanche a parlarne; autonomia: niente; dormire: peggio di tutto il resto.

A questo punto sono entrato nella seconda fase della mia vita: la più terribile. Non avevo più voglia di lottare e di portare Sabina da altri specialisti; la mia vita non aveva più alcuno scopo; lavoravo perché era una forma di distrazione ed un modo di stare fuori casa.

Sabina non aveva amici, nessuno veniva a trovarla. Chi conosceva la situazione, cercava delle scuse per non venire a casa, nessuno domandava sue notizie « Come sta Sabina? Che fa Sabina? ».

Poi Sabina prese a frequentare un centro. Per me non era altro che una scusa per non averla in casa 7 o 8 ore al giorno. Durante questo periodo, la vita trascorreva tranquillamente, forse troppo tranquillamente. A mano a mano che passava il tempo mi allontanavo dalla famiglia dagli amici, in una sorta di fatalismo. La forza di lottare era finita, le speranze perdute, Sabina considerata un « niente », nessuno si interessava a lei.

Odiavo la società, e cercavo mille scuse per non partecipare alle cerimonie tipo matrimoni, battesimi, prime comunioni, ecc.
I miei rapporti con mia moglie Olga erano contemporaneamente pieni di tensione e di indifferenza. Tutte le scuse erano buone per tornare a casa il più tardi possibile e la domenica per non restarci. Anche se non ho mai avuto una vera passione per la partita di calcio, l’andarci tutte le domeniche era una forma di evasione.
Questo periodo — guardandolo ora con un’ottica diversa, — è stato il più brutto, perché non c’è niente di peggio che non aver alcuno scopo e alcuna speranza nella vita.

A questo punto, fortunatamente per Sabina, per Olga, per nostro figlio Max e per me è arrivata Fede e Luce.
Come? Non lo so. Ricordo che tutto è iniziato con una telefonata: «Sabina (nessuno prima d’allora aveva telefonato per lei) è invitata a passare una giornata con gli amici di Fede e Luce».
Avevo sentito parlare di Fede e Luce, in modo vago ed incerto.

Mi ricordo che, quando abbiamo oltrepassato il cancello del posto dove eravamo stati invitati, la prima persona che ho visto è stata Guenda. Andando verso Sabina, le ha domandato « Come stai Sabina? ». Quindi si è presentata a me e ad Olga. Abbiamo lasciato Sabina: dopo tanti anni, quella era la prima domenica dalla sua nascita, trascorsa senza di lei e con la sicurezza di averla lasciata in buone mani.

Oggi, a due anni di distanza da questo primo incontro, mia moglie ed io facciamo parte di F & L e dal quel giorno si può dire che ha avuto inizio la terza parte della mia vita. Innanzi tutto ha dato a tutti noi un nuovo modo di vedere la vita. Finalmente Sabina ha degli amici, è considerata, pur nella sua piccolezza, un essere umano come tutti gli altri, con i suoi limiti e con qualcosa da dare. Sabina ha ricevuto l’Eucarestia e fa parte integrante della comunità cristiana. Per tanti anni era stata considerata solamente con compassione e commiserazione; era una disgrazia capitata in una famiglia ed era meglio non parlarne. Anche la Chiesa, parlo della Chiesa ufficiale, non si era interessata a lei. Una volta l’anno un sacerdote veniva a visitare le famiglie durante il periodo pasquale, per benedire le case. Quando il sacerdote vedeva Sabina mormorava « Poveretta! » oppure « Che pena mi fa! » e continuava come se non esistesse.

Oggi Sabina è il centro di attenzione e di amore in casa e fuori.
Gli amici di Fede e Luce quando li incontriamo, ci chiedono sempre per prima cosa notizie di Sabina. Tutto ciò ha contribuito a cambiare i rapporti tra Sabina e me. Anche se le ho sempre voluto veramente bene, mi rendo conto ora che anche io non mi occupavo abbastanza di lei e che l’avevo messa un pochino da parte e questo perché non avevo la forza né la luce che mi ha fatto vedere Sabina in un’ottica diversa.

Fede e Luce ha anche fatto cambiare i rapporti tra me e mia moglie. Il mio amore per lei è diventato ora più profondo e più vero.

Ora, è per me un piacere rientrare la sera in famiglia, perché sono più sereno, mi sento più vicino ai miei figli e posso seguirli meglio

Fede e Luce mi ha anche riconciliato con Dio e dopo, non ricordo quanti anni, forse dodici o tredici, mi sono accostato alla Eucarestia insieme a Sabina nel giorno della sua prima Comunione.

Tutto ciò ha influito su Sabina e sono convinto che questo cambiamento di atmosfera, — anche se lei non lo può esprimere, — ha avuto effetto sulla sua personalità.

Mi rendo conto che il suo sorriso, che per me è la cosa più bella, il più bel regalo che Sabina mi possa fare, è più aperto, più sereno e tutto ciò perché c’è più amore intorno a lei.

Francesco Gammarelli 1979

Tre tappe nella mia vita ultima modifica: 1981-12-20T13:40:34+00:00 da Francesco Gammarelli

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