Alla Scuola Viva i bambini handicappati sono accolti con maggior facilità 1con delle regole strette di non più di due per classe e con dei limiti nella gravità dell’handicap (2) Diario di bordo, in “Scuola Viva” 1972, . Questa facilità risulta dall’impostazione filosofica e pedagogica di questa scuola.
Mi spiego: questa associazione privata è stata creata dalla volontà di trasformare la scuola in una “società attiva”, per questo “sono necessari l’assemblea, la stampa, il teatro, il cinema, il lavoro, la partecipazione a turni organizzativi i piani di lavoro, il giornale di bordo, le visite ai musei, le gite, la ginnastica, lo sport, la musica, la corrispondenza, i rapporti con i teorici dell’educazione, con gli amministratori e gli enti locali…” 2Diario di bordo, in “Scuola Viva” 1972, pag.5
In una scuola dove queste sono le materie di base è chiaro che i bambini handicappati trovano un posto in una maniera naturale e gratificante. Vivono ne concreto molte esperienze, vivono con altri bambini una vera socializzazione nella partecipazione a delle attività dove le loro capacità si possono esprimere.
In più in tale scuola, il numero dei bambini per classe, il lavoro vero d’équipe di tutto il personale, insieme alla partecipazione dei genitori, l’importanza data all’aria aperta, la giornata completa, rappresentano tutti quegli elementi positivi e concreti nei confronti del bambino handicappato mentale.
Prima di tentare una conclusione, ci sembra importante sottolineare due punti evidenziati da Adriana LUNGHI, insegnante elementare di ruolo da più di 15 anni, che rispondono a due domande che spesso ci siamo posti:
Ma tutti i bambini handicappati possono andare a scuola?
“La scuola accoglie mongoloidi, spastici, cerebrolesi che rientrano tutti nel campo della recuperabilità. Argomento gravi a parte. In questo campo sono particolarmente coinvolta in quanto madre di una bambina pluriminorata in favore della quale la scuola nulla ha saputo o voluto predisporre, in assenza di strutture adeguate”
E i genitori? E gli altri bambini?
“Che dire dei rapporti con i genitori dei bambini handicappati? La maggior parte è disponibile ad aprirsi, a farci partecipi delle loro ansie, dei loro dolori, delle loro angoscie; una minoranza si mostra più restia, quasi diffidente verso l’insegnante e senza la loro collaborazione il nostro lavoro parte già svantaggiato.
I genitori dei normali, dopo che l’insegnante li ha informati della presenza di un handicappato, manifestano la loro comprensione, si dichiarano disponibili a collaborare.
Al di sopra di ogni pregiudizio, di ogni pietismo, spontanei, commoventi, ingenui, pronti a collaborare, sono invece gli alunni.
Nelle classi dove ho operato hanno ‘tutti’ partecipato alla mia opera di recupero divenendo ad un tratto adulti e maturi nel capire l’importanza del loro ruolo nei confronti del compagno in difficoltà. Contemporaneamente, con tale loro comportamento, insegnano a noi adulti che tali bambini vanno accettati con sentimenti di aiuto fraterno e di vera carità cristiana.
Alle colleghe che vogliono prepararsi per insegnare ai bambini handicappati, consiglio una forte carica di umanità, una buona preparazione pedagogica-didattica e scientifica e di poter operare in scuole migliori delle nostre, attualmente carenti di strutture.”
Esistono certamente altri tentativi pedagogici; non abbiamo preteso di presentare una panoramica completa.
Abbiamo voluto – nel dare la parola ad alcune maestre – far sentire quanto diversi sono i bisogni e quanto diverse dovrebbero essere le proposte.
Nicole Schulthes, 1981
Questo articolo è tratto da:
Insieme n.28, 1981