Nel 1965, insieme alle persone delle case dell’« Arche » e del « Val Fleuri » che mi erano state affidate, siamo andati per la prima volta in pellegrinaggio a Lourdes. Eravamo, se ben ricordo, circa una quarantina.
Ero allora completamente nuovo in questa vita di condivisione con le persone handicappate. Alcuni di quelli che erano con noi, erano persone molto agitate. Eppure sono rimasto meravigliato dalla gioia, dal dinamismo, dalla speranza che hanno contraddistinto questo pellegrinaggio. Il viaggiare, fare lunghi tratti di strada insieme, vivere in modo diverso dal solito ed in condizioni precarie, ci hanno fortemente unito. Sono stato colpito anche dalla sensibilità dimostrata dagli uomini dell’Arche nei confronti dell’atmosfera di Lourdes, profondamente mistica ed evangelica. Vi sono a Lourdes tanti segni e simboli che risvegliano i nostri cuori: l’acqua che sgorga dalla fonte, che guarisce e purifica, la fiamma delle candele che illumina e sale verso il cielo come una preghiera, le processioni nelle quali camminavamo insieme verso la « terra promessa », la Grotta ove ci si rifugia per pregare, la tangibile speranza degli ammalati, ed infine tutta questa folla innumerevole, venuta da tutti i Paesi del mondo, che canta e prega. La Chiesa universale ed apostolica diventa qui una realtà.
Al rientro ho notato una trasformazione nell’atmosfera di vita dell’Arche: c’era un qualcosa di più caloroso e di più leggero nell’aria.
L’anno dopo siamo andati a La Salette, poi a Fatima, a Bannoux, a Beauring.
Ogni pellegrinaggio portava i suoi frutti ed ovunque ritrovavamo gli stessi simboli.
Un giorno, andando a Parigi con Marie Hélène Mathieu e due genitori, parlavamo di questa grazia che scaturisce dai pellegrinaggi. D’un tratto un’idea: perché non organizzare un pellegrinaggio nazionale per le persone handicappate ed i loro genitori? Sì, perché no? Una luce toccava i nostri cuori. Quando siamo arrivati a Parigi il sogno stava diventando qualcosa di realizzabile. Eravamo decisi ad andare avanti. Il tempo ci avrebbe detto se il nostro progetto era o no una follia.
Poi ne abbiamo parlato con degli amici. Ognuno di loro dava una spinta all’iniziativa. È importante che la Chiesa riconosca che l’handicappato è figlio di Dio, ma è altrettanto importante che scopra tutta la ricchezza spirituale nascosta nel suo cuore. Abbiamo parlato dell’idea anche con degli amici belgi che subito hanno proposto di farne un pellegrinaggio internazionale.
Il primo incontro di tutti ebbe luogo a Parigi: eravamo circa sessanta. Avevamo invitato anche Mons. Desmazières. Vescovo della diocesi di Beauvais, dove si trova l’Arche.
Mons. Desmazières ci ha molto incoraggiati: « Fatelo, è necessario che andiate ». Così abbiamo cominciato a preparare questo grande incontro.
Non bisognava fare un pellegrinaggio « per » gli handicappati ma « con » loro. Non bisognava andare a cercare il miracolo della guarigione. Il solo miracolo che richiedevamo a Lourdes era questo: che il cuore delle persone dette « normali » venisse guarito dalla scoperta che i poveri sono il tesoro della Chiesa.
Doveva essere un pellegrinaggio diverso dagli altri. Una grande festa. Con una liturgia semplice, accessibile a persone di Paesi diversi. Era necessario che i pellegrini non si iscrivessero individualmente ma preparandosi in piccole comunità, di una trentina di persone, formate dalle persone handicappate, dai loro familiari ed amici. In questo modo, già prima dell’arrivo a Lourdes, si sarebbero formati dei legami di amicizia.
Questo pellegrinaggio essere un « fuoco di paglia ». Ognuno di noi era invitato a riflettere profondamente e sinceramente sulla vita cristiana. Ciascuno di noi, persone handicappate ed accompagnatori, avrebbe dovuto riscoprire la speranza che è alla base della nostra vita di battezzati.
I genitori dovevano avere la possibilità di incontrarsi durante il pellegrinaggio; quelli di lingua inglese, di lingua francese, gli italiani, i danesi… I genitori hanno bisogno di condividere gioie e difficoltà.
Così, tra il 1968 ed il 1971, man mano che gli organizzatori internazionali [si incontravano per la pre| | parazione, diventavano pian piano evidenti le lidee-base ispiratrici di Fede e Luce. Ogni incontro metteva un po’ più a fuoco la nostra identità.
Pasqua 1971 è finalmente arrivata.
Eravamo in dodicimila: un’esplosione di gioia e di preghiera. Una speranza è nata. La Madonna di Lourdes ha vegliato su questa folla di poveri. Circa 700 persone erano venute da ricoveri o ospedali psichiatrici (un uomo, un anglicano, era da 71 anni in ospedale). Nonostante la folla, non c’è stato nessun incidente.
La città all’inizio era preoccupata all’idea dell’arrivo di 4000 handicappati mentali, tra cui non mancavano gli epilettici! Eppure, mai — dissero poi i commercianti rassicurati — abbiamo visto tanta gioia!
Nel periodo tra il febbraio e l’aprile ’71 abbiamo avuto paura di non farcela con le spese. E poi i soldi sono avanzati. Per dimostrare al Signore la nostra riconoscenza, abbiamo inviato la metà di questa somma a Monsignor Desouza, Vescovo di Benares (il più famoso luogo di pellegrinaggi in tutto il mondo), per aiutarlo a creare un centro per gli handicappati, e l’altra metà a Madre Teresa di Calcutta.
Dopo aver vissuto insieme tutto il periodo della preparazione, aver condiviso questi tre giorni di grazie indimenticabili a Lourdes, le comunità non potevano accettare l’idea che tutto fosse finito. Si erano create amicizie profonde. Non si poteva tradirle. Bisognava continuare.
Così, in Francia, Belgio, Inghilterra, Canada… le piccole comunità continuarono ad incontrarsi, a partire in pellegrinaggio, a far festa. Nel 1975 il secondo pellegrinaggio — questa volta a Roma — fu per noi la consacrazione fraterna di Papa Paolo VI, che ha voluto confermare il posto privilegiato dei più poveri nel cuore della Chiesa.
Fede e Luce si è ingrandita… La festa continua; continua nelle amicizie che si fanno più profonde attraverso la preghiera, la condivisione, l’Eucarestia.
Sì, la festa deve continuare fino a che ogni persona handicappata non avrà incontrato una comunità di Chiesa dove — senza essere specialisti, ma semplicemente cristiani — si impari a scoprire e a vivere insieme la straordinaria Buona Novella che Gesù ci ha portato.
Sono meravigliato della gioia del dinamismo della speranza che hanno contraddistinto questo pellegrinaggio.
Questo articolo è tratto da:
Insieme – Speciale Fede e Luce 1981