A me, handicappata fisica, sembra importante dire, fin dall’inizio, che Fede e Luce non è un gruppo di più per handicappati. Fede e Luce è piuttosto un’arte di vivere che può andare fino ad un impegno di fede.

Per me, per ora, è più un ideale da raggiungere che un tesoro conquistato.

In Fede e Luce sento in modo preciso una tendenza reale « a vivere con » il più piccolo; cosa che è molto diversa dalla tendenza che si ha troppo spesso di « fare per » il povero piccolo handicappato.

Fede e Luce mi ha messo in contatto con l’handicappato mentale che prima ignoravo. Attraverso un processo di identificazione, doloroso per me, cercavo di evitare il mentale, avevo paura delle sue paure.

Ora l’ho accolto come altri mi hanno accolta. L’ho capito, ricevuto, riconosciuto nella sua diversità. Cerco di capire chi è ciò che posso ricevere da lui che cosa lui può aspettarsi da me. Tut-tavia non mi sento completamente a mio agio: di fatto, a Fede e Luce, si porta su noi handicappati, su di me, uno sguardo di ammirazione. Mi si dice: è una ricchezza, una pietra preziosa questa deficienza. Ora, per me c’è da fare una distinzione indispensabile: l’handicap, di qualsiasi genere sia, è un male e a Fede e Luce, dobbiamo adoperarci per sollevare da questo male: innanzi-tutto riconoscendolo come è e non nascondendolo dietro lo slogan: « siamo tutti handicappati »… Se fosse vero, non ci sarebbero più handicappati.

Il mistero di Fede e Luce, per me, è osare la sfida che ognuno abbia il suo posto intero: handicappati mentali, fisici, persone valide, senza credere troppo presto l’handicappato un essere ecce-zionale. Se poteste sapere come lui, lei, vorrebbero non esserlo!

M. Y. Lemal – un’amica

«Avevo paura» ultima modifica: 1981-12-20T13:00:34+00:00 da Redazione

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