Tante volte ho pensato e cercato di analizzare i problemi dei ragazzi che hanno un fratello handicappato. Forse perché io ho vissuto e vivo ancora certe situazioni in prima persona, ho sempre considerato questo un grosso argomento di discussione e di confronto; per tale motivo, quando mi hanno chiesto di scrivere un articolo per il giornalino, proprio su questo tema, ho accettato ben volentieri.
Ho sempre dovuto constatare, e me ne dispiace, che i problemi sono solo di chi li vive; anche gli stessi genitori danno generalmente poca importanza a tale aspetto della questione, per paura, per comodo o anche solo perché oberati dai ben noti problemi quotidiani. Non credo però che siano solo i genitori ad affrontare in modo superficiale ed insoddisfacente l’argomento, anche gli stessi figli, mi pare, che gli dedichino poca attenzione, molto spesso infatti, li ho visti accettare situazioni troppo gravose o rifiutare drasticamente quella parte di compito, che altro non è se non semplice collaborazione tra chi vive uno stesso problema.
Spesso mi sono sentita chiedere se e come avevo accettato mio fratello, ma non ho mai saputo rispondere, non credo infatti che si possano racchiudere in un banale sì o no, tutte le angosce, le frustrazioni, le ansie che un fratello vive in una situazione così particolare.
Nessuno di noi accetta o rifiuta mai completamente le persone che gli sono care, si amano per quello che sono: per la sensibilità che hanno e per l’affetto che sanno dare, insieme con tutti i problemi e le ansie che ci creano giorno per giorno.
Ma se per un genitore, che ha scelto di avere un figlio, è giusto e doveroso che lo accetti in qualunque modo esso sia, per noi non c’è alcuna scelta iniziale.
Ci troviamo subito immersi in una realtà che esige da noi maturazione, comprensione, spirito di sacrificio, divieti ed obblighi che i nostri coetanei sono ben lontani dal conoscere o anche solo da immaginare. Tante volte mi è capitato di vedere bambini piccoli, troppo piccoli, condotti a feste o a riunioni dei loro fratelli handicappati. Sempre mi sono chiesta se sia giusto coinvolgere ed imporre fino a questo punto, ai fratelli, un così gravoso problema familiare, che se pure non ci deve essere estraneo, neppure ci deve schiacciare per allontanarci dalla serenità e dalla gioia che dovrebbero caratterizzare la fanciullezza. Mi avevano chiesto di raccontare la mia storia, ma era veramente impossibile riassumere in una pagina tutto quello che ho provato da quando sono nata fino ad oggi, vivendo accanto ad un fratello handicappato, che come nessun altro al mondo è ricco di affetto e di gioia di vivere. Ho preferito, quindi, tracciare solo alcune tra quelle che sono le mie considerazioni con l’augurio che servano da stimolo per ampliare ed approfondire l’argomento, e con la speranza che qualcuno possa trarre vantaggi dalla mia esperienza.
Una sorella, 1980
Dossier: fratelli e sorelle di persone con disabilità
Gli altri vostri figli, l'hanno accettato?
Perché non mi capisci?
Una realtà esigente
Mia sorella
Non è facile esprimere
Una lettera
La mia vita
- Sullo stesso argomento leggi anche il numero Ombre e Luci n.56 – Fratelli e sorelle: vicini ma non prigionieri
Questo articolo è tratto da:
Insieme n.25, 1980