Mi fanno sentir male quegli occhi che mi guardano spaventati al di là della porta accanto: quella dei miei vicini di casa!
Sento le lacrime salirmi agli occhi; con la faccia di fuoco mi avvicino alla porta accanto per chiedere aiuto, sto per suonare , ma no! No! Loro non possono capire, io sono abituata a queste cose, a queste scenate, loro no! Non hanno mai visto un bambino trasformato in un “animale” che non riconosce più le persone che lo amano; non hanno mai visto il sangue grondare dalle braccia della propria madre senza poter far niente e vederla soffrire, piangere e pregare, senza poter fermare quel bambino che le si getta addosso senza darle tregua; non hanno mai provato la sensazione di odiare quell’essere che in un attimo ha potuto distruggere la propria casa, che è capace di picchiare la mamma, la persona più cara, l’unica persona che è in grado di rimanere giorni e notti sola con lui: mio fratello!
Sì, il mio fratellino; ma lui non è come gli altri…è diverso! Diverso da tutti i bambini, lui i bambini li picchia, lui non mangia con noi e poi butta i piatti, le posate, i bicchieri, l’acqua, tutto per terra. Lui vuole tutte le cose che porto a casa: i giornali, i libri, le fotografie; non posso neanche dire che bella questa o quella cosa, senza che lui la voglia subito, se la prende con prepotenza e per non farmela prendere la porta nella sua camera, a letto.
È stato lui a cacciarmi di casa, non mi vuole vedere, mi ha dato via; chissà perché l’ha fatto.. mi ha dato un pugno e mi ha mandato via. Chissà perché l’ha fatto… io non gli ho fatto niente.
Ora sono qui sul pianerottolo delle scale, cosa devo fare? Dove vado? Sono le 20.30 e non posso andare in giro a passeggiare. Non posso suonare al miei vicini, chissà quante domande e quante commiserazioni mi farebbero. E le loro facce meravigliate e spaventate e le loro frasi insinuanti.
Non devo assolutamente piangere, mi sentirei una stupida; allora mi siedo lassù, sull’ultima fila di scale, vicino alla soffitta. Lì c’è più luce e posso studiare meglio, anche se c’è più freddo, non importa!
Questo è diventato il mio angolo intimo, mi è più familiare della mia camera. Anche da qui sento le urla di mio fratello, i suoi pugni sulle porte e sul muro: improvvisamente un tonfo, sicuramente sarà la tavola: l’avrà buttata per terra.
Poi il silenzio, è finito… è tutto finito, si è calmato, la crisi è finita! Sento la mamma mettere in ordine tutte le cose che lui ha buttato per terra, i vetri rotti, le tende e i libri strappati, e il quadro della Madonna che fine avrà fatto? Mi sembra di sentire la “voce calma” del mio fratellino, quella voce strana, ma a me tanto cara, quei suoi occhi impauriti che cercano aiuto e sembrano chiederti: “Perché non mi capisci? Perché non mi aiuti?” Quel suo viso dolce, delicato che sembra dirti: “Scusami per quello che è successo, ma non ero io…”, strano modo di volere bene.
Adesso lui sarà andato a letto, non lo sento più. Non posso andare a casa, ho paura di svegliarlo, andrò a comprare il latte, il libro lo lascio davanti alla porta: mia madre lo prenderà!
Mariangela, 14 anni – 1980
Dossier: fratelli e sorelle di persone con disabilità
Gli altri vostri figli, l'hanno accettato?
Perché non mi capisci?
Una realtà esigente
Mia sorella
Non è facile esprimere
Una lettera
La mia vita
- Sullo stesso argomento leggi anche il numero Ombre e Luci n.56 – Fratelli e sorelle: vicini ma non prigionieri
Questo articolo è tratto da:
Insieme n.25, 1980