Esperienze? Molte, più o meno buone. Quando ci è stata offerta la possibilità di inserire Agnese in un asilo-nido come tirocinante, non credevamo alla cosa. Ci sembrava di essere tornati ragazzi ai quali si offre un regalo gradito e desiderato.

C’è stato sempre da lottare e tutt’ora è una lotta che ci affatica, perché l’ambiente è all’oscuro di tutte le necessità dei nostri ragazzi, non si rendono conto che hanno bisogno di amore con la “A” maiuscola, ossia non a parole ma con i fatti. (Intendiamoci, anche a noi genitori non essendo santi, a volte scappa la parolina… perdiamo le staffe, ma uno dei due fa ragionare l’altro col senno di poi, allora l’errore può trasformarsi in esperienza.)

Certo non possiamo pretendere che siano tutte rose, in quanto dovendosi inserire nella società i ragazzi hanno bisogno di guardare in faccia il mondo. Ci sono assistenti che non li degnano di uno sguardo, d’altro canto ce ne sono scolievoli e comunicative ed è a queste ultime che noi guardiamo con speranza, e con la stessa speranza attendiamo pazienti che cambino le altre.

I primi tempi sono stati duri per noi, in quanto la ragazza venne assegnata ad un asilo-nido della borgata del Trullo. Con i mezzi pubblici ci voleva un’ora e mezza; la fatica però era compensata dal vederla ben accetta.
La signora Angela la teneva come una figlia. Quando è stata trasferita, l’ultimo giorno prima di venir via sono andata a salutare la proprietaria del bar dove la mattina andavamo a far colazione; nel locale si sono tutti commossi, ma sereni le hanno augurato di rivederla presto.

Oggi, abbiamo la scuola a 200 metri da casa, purtroppo però non la vediamo bene accetta a tutti. A nostro avviso ci sarebbe dovuta essere una buona sensibilizzazione da parte del servizio sociale.
Quello che ci ridà la carica, sono le piccole cose (che in definitiva si trasformano in grandi) come quando, a passeggio con Agnese, incontriamo un bambino che frequenta il suo asilo e la mamma gli dice: “Saluta la tua insegnante”.

C’è tanta illusione, lo sappiamo benissimo, ma noi non facciamo altro che aggiungerla alla speranza ed alla fede; altrimenti sarebbe una enorme tristezza.

Ettore ed Angela, 1979

Questo articolo è tratto da:
Insieme n.23, 1979

Saluta la tua insegnante ultima modifica: 1979-12-16T18:33:34+00:00 da Redazione

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