Questo articolo fa parte del Focus: gli adulti profondamente handicappati, alcune testimonianze
Mi è stato chiesto cos’è la mia vita con Maurizio: è una semplice accettazione con amore, nient’altro.
Maurizio è un ragazzo buono ma molto grave. A volte è irrequieto; fa dei capricci, ma poiché non sa esprimersi io non capisco se ha qualche male che non riesco ad individuare, e questo mi fa soffrire.
Se dovessi ricordare il passato fin dai primi giorni della nascita, direi che è stato un calvario: prima il solito entusiasmo per il maschio e poi subito le pene, il suo non volersi attaccare al seno, le cataratte congenite… e tutto il resto. Mi restava la speranza nella medicina e per questo ci siamo trasferiti a Roma con la speranza che in una grande città ci fossero più possibilità. Invece non è stato altro che un isolarci, anche dai nostri parenti.
Per fortuna a sette anni Maurizio ha cominciato ad andare a scuola: a lui è servito ben poco, ma a me ha dato un po’ di respiro.
Poi con grande gioia ho conosciuto questo gruppo di Fede e Luce che mi dà tanta forza per andare avanti. Quando mi telefonano e mi dicono “veniamo a prendere Maurizio” mi commuovo perché io non avrei mai pensato che Maurizio avrebbe avuto degli amici che gli avrebbero dedicato il loro tempo, e per me è una grande gioia e ringrazio tutti quelli che hanno preso la sua mano e quelli che la prenderanno. Grazie!
Voi genitori che avete dei figli come il mio, facciamoci coraggio ogni giorno che passa ringraziamo Dio che ci ha dato la forza di superarlo, e aiutiamoci a vicenda perché da quando ho cominciato a leggere “Insieme” mi sembra che i nostri figli siano tutti gemelli più o meno gravi abbiano tutti press’a poco gli stessi problemi.
Una mamma di Roma, 1979
Questo articolo è tratto da:
Insieme n.22, 1979