Il dolore innocente
Un handicappato nella mia famiglia, di G.HOURDIN ed. Cittadella. L.3.500
Gli Hourdin, cui la vita sembrava non dovesse rifiutar nulla, perdono in un incidente durante la guerra la figlia maggiore e si ritrovano bruscamente posti davanti al dolore dell’handicap mentale al momento della nascita di Marie Anne, una bambina mongoloide.
Georges Hourdin descrive qui, in uno stile semplice e pieno di sensibilità, la lunga battaglia condotta passo dopo passo con sua moglie ed alcuni amici, per far accogliere Maria Anne nella comunità umana. Rivela gioie e dolori al ritmo dei suoi ricordi, e pone nello stesso tempo agli uomini alcune domande cruciali che tale sofferenza gli impone. Quale è l’ordine del mondo?
Quale l’origine della sofferenza? Quale vita viene riservata dalla nostra società a coloro che sono vittime dell’ineguaglianza?
Questo libro non vuole imporre nulla. Rispettoso di quanti ben conoscono la disgrazia (la sofferenza), l’autore dice lealmente come sia stata vissuta la presenza di Marie Anne, non ne dissimula né le notti di dolore né i barlumi di speranza. Ci svela la sua inquietudine per l’avvenire di Marie Anne: una comunità le apre le porte, ma Marie Anne vuole sposarsi…
L’autore riconosce che per l’educazione della propria figlia la famiglia è stata circondata dai migliori educatori: l’amore da solo non sarebbe bastato, doveva essere sorretto da una seria competenza. Essi hanno avuto prima la volontà e poi la fortuna di trovarla, e la chiedono per tutti i bambini e i giovani colpiti come Marie Anne. Questa riflessione è quella di un uomo tenero e ferito, cui la fede permette di intravedere la speranza nel fondo stesso dell’infelicità.
Il coraggio di vivere
Alain Lefranc – ed. Gribaudi L.1.800
Vittima a 19 anni di uno stupido incidente causato da un tuffo in acque poco profonde, l’autore conosce il brusco cambiamento da un’esistenza piena di vitalità alla sofferenza e all’immobilità quasi assoluta di un letto di ospedale (paralisi dei quattro arti).
Poi viene il ritorno progressivo ad una certa capacità di muoversi, duramente conquistata, e soprattutto la scoperta di un altro modo di vivere, di essere, di “entrare in relazione” con gli altri. Perché gli altri – e questo è quel che è più importante – sono molto presenti a questo giovane che si ripiega molto poco su se stesso e sul proprio destino; gli altri sono l’ambiente ospedaliero, giudicato con lucidità e moderazione; sono gli altri handicappati, più o meno gravemente colpiti, bambini e adulti, anch’essi in cammino verso una certa “resurrezione”, descritti finalmente da qualcuno che sa andare al di là dell’aspetto comportamentale per guardare alla persona; gli altri sono infine le famiglie e gli amici, che fanno quel che possono, magari senza riuscirvi, ma che principalmente sono fedeli nella loro amicizia.
Il libro si ferma nel momento in cui l’autore esce dal centro di rieducazione, felice di questo risultato ma contemporaneamente posto davanti ad un’esigente realtà: conquistare con quel poco di mobilità recuperata un’esistenza che possa essere relativamente felice ed utile nel mondo di oggi, dove colui che sarà ormai “diverso dagli altri” viene guardato con sguardo non privo di pregiudizi.
In definitiva è un bel libro, scritto con semplicità, ricco di sincerità, di purezza e di valore umano.
Questo articolo è tratto da:
Insieme n.23, 1979