Nelle comunità dell’Arche si lavora, prega, viva insieme con molta semplicità, condividendo gioie e sofferenze, come fratelli.
Sono comunità che sperano di progredire insieme su un piano sia umano che spirituale.

Ultimamente è stata aperta la Forestière, un piccolo “foyer” che si chiama così perché è vicino alla foresta di Compiègne.
Qui vivono 9 ragazzi molto gravi e altrettanti assistenti che non sanno se veramente sono loro gli assistenti o gli assistiti.
Lo spirito che anima la vita alla “forestière” è uno spirito che fa sì che la casa sia veramente una casa di gioia, di semplicità, di accoglienza nel senso più vero e più profondo.

È molto difficile tradurre i gesti, le attenzioni, gli sguardi che si possono vivere perché sono talmente veri e profondi che l’unica cosa è stare in silenzio e ringraziare. Vi posso dire soltanto che ho conosciuto e cercato di vivere l’obbedienza dei più piccoli e non sempre è stato facile.

Ho imparato che il cammino che si fa alla “Forestière” è quello di vivere pienamente con i più poveri e di mettersi alla loro scuola per quanto riguarda la parte più profonda di noi stessi.

Non sono parole, è una vita che loro stanno vivendo lì e che noi dobbiamo vivere qui.

Non è un sogno, è una realtà che vive dentro ciascuno di noi e che presto si realizzerà. E penso che la cosa più importante è tener presente che Gesù si è fatto un povero tra i poveri – basta vedere dove è nato, che ha fatto.

Per dire cosa ho vissuto, posso dire che ho vissuto l’incontro, l’incontro tra le persone del foyer, senza distinzione; la scoperta dei doni che ha l’altro e la sua possibilità di crescita; la speranza che ognuno porta dentro di sé nel credere nella possibile crescita di ognuno; e la fiducia nell’altro nel senso di esigere che l’altro cresca, di credere in lui. E tutto questo è fatto con amore vero, e i piccoli ci vengono incontro per questo, perché di fronte a loro non si può barare né tenere la maschera, perché nel piccolo c’è la presenza di Gesù, e nel più grande – sono sicura – c’è sempre il desiderio di incontrarlo.

E se la Forestiere esiste, è perché esiste l’amore, perché esiste la presenza di Gesù; perché solamente la Sua presenza può creare l’unità, la comunione.

E Lui è presente, e vive nelle persone più colpite e abbandonate, quelle che il mondo rifiuta perché non servono a niente, e non sa il mondo che sono loro che tirano avanti la baracca, perché il mondo ha una scala di valori – e spesso noi stessi ce la portiamo dentro – un po’ sballata.

La presenza di Gesù loro la vedono molto e Gesù fa passare la sua vita attraverso gli occhi – e questo personalmente lo vivo stando con Clelia, Sabina, Chicca, Vincenzo… e si possono fare tanti nomi; Gesù passa attraverso le loro mani, il loro corpo spesso mortificato, sofferente. E Gesù vuole passare attraverso le nostre mani, i nostri occhi, il nostro cuore, anche se tante volte è pieno di orgoglio, di paura, di egoismo ma del quale questi piccoli hanno bisogno per sopravvivere.

È bello lasciarsi andare tra le Sue braccia, come loro. Quante volte ci è capitato di tenere tra le braccia qualcuno e renderci conto come loro si lasciano andare per essere portati, lavati, imboccati e tutto senza parole. Non è sentimentalismo. È una cosa vera che molti di noi hanno provato.

L’importante è dargli piena fiducia come loro la danno a noi: quando mai abbiamo incontrato uno di questi ragazzi che non ci ha dato fiducia, e quante volte incontriamo tante persone con delle grandi teste che non ti danno un briciolo di fiducia?

È bello aprire il nostro cuore e vivere con gioia, senza tante paure, perché dobbiamo credere che se tutto esiste è perché Lui c’è perché Lui vive in mezzo a noi anche se lo scansiamo; e che tutto è possibile solo se ci sta Lui.

Guenda Malvezzi, 1978

Questo articolo è tratto da:

Insieme n.20, 1979

La “Forestière”: Vita comunitaria con i più gravi all’Arche ultima modifica: 1979-03-16T19:00:34+00:00 da Guenda Malvezzi

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