Nei gruppi “Fede e Luce” spesso si fa teatro. Uomini e donne, mamme e papà, bambini piccolissimi e amici alti due metri, diventano improvvisamente attori pronti ad affrontare qualsiasi ruolo, tragico o comico sotto la guida di un regista altrettanto improvvisato. E intorno al palcoscenico ci si dividono gli altri compiti: ci sono i costumisti, gli scenografi, gli elettricisti, i trovarobe. Tutto avviene come nei teatri veri, ma con maggiore entusiasmo ed eccitazione. Potrebbe sembrare un passatempo come un altro, un modo per fare festa, un gioco e anche per noi all’inizio era soltanto questo. Poi, pian piano abbiamo scoperto quanto è importante questo passatempo e quante scoperte permette di fare questo gioco.
Prima di tutto: la gioia. Anche i ragazzi di solito seri, e un po’ chiusi in se stessi, sono felici di travestirsi, di cambiare aspetto, di diventare un altro da se stesso, un altro che fa ridere, o che fa paura, o che è potente, bello, importante…. a seconda di quello che si desidera essere in quel momento.
E poi scoprire di essere importanti. Rendersi conto che si fa parte di un gruppo deve ognuno ha un compito preciso, è una parte necessaria al tutto. Ogni attore è una piccola pietra del mosaico e tutti devono collaborare perché alla fine della fatica ci sia il successo, ci siano gli applausi, i complimenti per tutti indistintamente e che a tutti fan no piacere.
E la carica che dà il teatro, l’impulso ad uscire da se stessi, a dimenticare le proprie incapacità, le difficoltà ad esprimersi a muoversi, per riuscire ad essere quello che si deve rappresentare con l’aspetto, i gesti, le parole. Si dimentica so stessi per divenire il personaggio che ci è stato affidato e che dobbiamo far vivere per.gli altri, per quelli che ci guarda no; per i compagni che recitano con noi e che hanno bisogno del nostro personaggio per far vivere i loro, me anche per noi stessi, perché il personaggio ci piace e dipende da noi che viva, che faccia ridere piangere, che susciti applausi.
La libertà. Quanto più il ragazzo — attore è lasciato libero di esprimersi con parole, gesti, atteggiamenti che inventa e trova dentro di sé, tanto più facilmente riuscirà a creare il personaggio e a render lo credibile. E così facendo, inavvertitamente, esprime senza inibizioni il suo mondo interiore, le cose che gli urgono dentro e che non sempre riesce a dire o vuole dire; la sua voglia di parlare di comunicare; di essere guardato e capito, di essere ammirato.
E così che abbiamo visto sui palcoscenici di Fede e Luce rappresentare con meravigliosa semplicità Dio Creatore, e i profeti biblici storie d’amore e di gioia; abbiamo visto soli parlanti, nubi e piogge danzanti, streghe e giganti; madri trepide e nonnette petulanti.
Insomma uno stuolo di personaggi che hanno reso, senza saperlo, un grande servizio a molti di noi.
Il Gruppo teatrale Fede e Luce , 1979
Questo articolo è tratto da:
Insieme n.21, 1979