Finalmente dopo una lunga attesa di gioia e di desiderio è arrivato il giorno in cui sono partita per passare circa un mese delle mie vacanze all’Arche di Trosly un paese della Francia vicino a Compiègne.

Dal giorno in sono tornata fino ad oggi molte persone a cominciare dai miei e altri genitori fino ad alcuni amici e gente che conoscevo bene o male solo di vista mi hanno domandato che cosa è l’Arche.

Per rispondere ho trovato delle difficoltà e ho preferito iniziare da che cosa ho fatto, il rapporto che ha con Fede e Luce e il perché ci sono andata.

Quando sono arrivata in questo paese non molto grande dopo un viaggio piuttosto stancante, ho incontrato delle persone che mi hanno salutato o dicendomi solo “bonjour” o “salve” oppure stringendomi la mano e chiedendomi, sempre con un grande sorriso, il nome e da dove venivo. In questa maniera sono arrivata al “foyer” della “Grande source” cioè una casa dove accolgono chi arriva.

A Trosly ci sono molte persone, amiche tra di loro, un po’ di tutte le età con problemi o handicap più o meno diversi e più o meno facili che vivono in comunità in diversi foyers.

Io ho voluto anche solo se per pochi giorni condividere con loro ciò che vivevano, il loro spirito che possi dire lo stesso di Fede e Luce perché è iniziato da una stessa persona: Jean Vanier.

Non è difficile dirvi cosa facevo: la mattina tutti andavamo a lavorare, dalle 8.30 alle 12.00 e il pomeriggio dalle 2.00 alle 5.40: chi al mosaico, chi al giardino decorativo, chi all’orto, chi è eseguire alcuni compiti che le fabbriche avevano loro dato, chi alla ceramica; ed è proprio in questo ultimo dove lavoravo.

Si facevano vasi di tutte le svariate forme, portaceneri, vassoi, servizi di piatti, tazze, bicchieri ecc, e il tutto, in funzione di una mostra a Parigi per la metà di movembre.
Il pomeriggio c’era tutti quattro giorni, per chi valeva la Messa che ci radunava.
È stato magnifico vedere quante persone venivano ogni giorno, la loro grande partecipazione, disponibilità, semplicità.

Credo che questi siano stati i momenti più importanti per me dove veramente ho capito l’importanza della comunione della condivisione dove, non solo io ma tutti noi, siamo l’argilla e Dio è il vasaio. Come siamo dei vasi, sì, dei vasi non mi sbaglio, come quelli delle piante ma vuoti, senza niente dentro. Abbiamo solo bisogno di metterci all’ascolto della parola di Dio per essere riempiti del suo Amore; perché altrimenti come possiamo amare i nostri fratelli ed essere in armonia non solo con loro ma anche con il nostro Padre?

Ho potuto verificare che dove c’è il Signore qualsiasi difficoltà, scoraggiamento, tristezza è superabile solo se con lui.
È stato nel fratello più piccolo che ho visto la presenza di Gesù vivente.

Poi ogni giorno c’erano tante cose nuove e inaspettate: l’invito a pranzo o a cena in un altro foyer; la presenza di qualche ospite, la conoscenza di tanta gente di altrettanti paesi differenti, con lingue diverse ma cosa importa ciò?
È bastato un sorriso o un Alleluia cantato insieme poiché è internazionale.

Ora che sono qui a Roma non mi rimane solo il ricordo dell’Arche e di tanti amici che è favoloso, stupendo, ecc., ma una grande e tanta forza, gioia di fare tante cose e portare a mio fratello, chiunque esso sia, anche un solo gesto o una sola parola come Gesù ci ha insegnato venendo tra di noi

Francesca Mancini, 1978

Questo articolo è tratto da:
Insieme n.19, 1978

Soggiorno all’Arche 1978 ultima modifica: 1978-12-19T09:30:34+00:00 da Francesca Mancini

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